Ancora oggi la pretesa dell'essere umano di essere razionale si scontra con la realtà dei suoi comportamenti illogici, cioè con la differenza tra razionalità e razionalizzazione. Le ricerche degli ultimi vent'anni in psicologia cognitiva ed economia comportamentale mostrano che l'essere umano ha una razionalità limitata e, in condizioni di incertezza, prende decisioni intuitive (euristiche) che, immediatamente dopo, razionalizza cercando una motivazione accettabile per quelle decisioni e quei comportamenti.
-
Non bisogna confondere le cause dei bias cognitivi con l'azione inconscia dei veri Miti che agiscono positivamente nell'indirizzare le emozioni umane.
_
La razionalità consiste nel tenere ciò che è buono e abbandonare ciò che non lo è, sapendo di trarne profitto. La natura dispone di un filtro che le permette di tenere il bambino sano e disfarsi di quello malato. La differenza tra fragile e antifragile sta proprio qui. Il fragile non ha opzioni, ma l'antifragile deve scegliere il meglio, cioè l'opzione migliore. Vale la pena insistere sul fatto che l'attributo più portentoso della natura è la razionalità con cui seleziona le proprie opzioni e trattiene il meglio, grazie al processo per tentativi implicito nell'evoluzione.
La nostra pretesa di essere razionali è un'illusione, come ha argomentato il filosofo Edgar Morin ("Introduzione al pensiero complesso" pp. 69-70):
Con queste parole Edgar Morin ci mostra come egli avesse intuito alcune distorsioni del giudizio che la psicologia cognitiva avrebbe poi studiato e confermato sperimentalmente (bias cognitivi). Di queste distorsioni del giudizio il filosofo ed economista Matteo Motterlini ne riporta parecchie nel libro "Trappole mentali (p.45):La ragione corrisponde a una volontà di avere una visione coerente dei fenomeni, delle cose e dell'universo. La ragione ha un aspetto incontestabilmente logico. Ma, anche qui, possiamo distinguere tra razionalità e razionalizzazione. La razionalità è il dialogo incessante tra la nostra mente che crea delle strutture logiche, che le applica al mondo, e questo mondo reale. Quando questo mondo non è d'accordo con il nostro sistema logico, bisogna ammettere che il nostro sistema logico è insufficiente, che incontra solo parte del reale. [...] La razionalizzazione consiste nel voler rinchiudere la realtà in un sistema coerente. E tutto ciò che, nella realtà, contraddice quel sistema coerente viene scartato, dimenticato, messo da parte, visto come illusione o apparenza. Ci rendiamo conto qui che razionalità e razionalizzazione hanno esattamente la stessa origine, ma che, sviluppandosi diventano nemiche l'una dell'altra. E' molto difficile riconoscere il momento in cui passiamo dalla razionalità alla razionalizzazione; non esiste una frontiera; non esiste segnale d'allarme. Abbiamo tutti una tendenza inconsapevole ad allontanare dalla nostra mente ciò che si prepara a contraddirla, in politica come in filosofia. Avremo un'attenzione selettiva verso ciò che favorisce le nostre idee e una disattenzione selettiva verso ciò che le sfavorisce.
Questa trappola mentale [effetto Barnum] sembra spiegare perchè così tante persone credano che le predizioni di astrologi, maghi, cartomanti, grafologi e veggenti siano tanto accurate. In realtà ci cuciamo addosso abiti di misura universale. Tale effetto è innescato da un insieme di meccanismi psicologici quali il wishful thinking (cioè considerare vero ciò che si vorrebbe che fosse), l'autoinganno, la vanità e la tendenza che ognuno ha di trovare un senso per sé anche dove il senso è vago, generico e talvolta contraddittorio.
Non bisogna confondere l'effetto dei bias cognitivi sulla nostra percezione della realtà con l'effetto dei Miti sul pensiero umano, infatti Edgar Morin sottolinea i profondi errori di valutazione che, in nome della ragione, i filosofi del XVIII secolo avevano commesso analizzando i Miti e le Religioni. Egli scrive (pp.71-712):
Questa differenza viene descritta dallo storico delle religioni Mircea Eliade nel libro "Miti, Sogni e Misteri" scaricabile gratuitamente in bibliografia.Credevano che le religioni e gli dei fossero stati inventati dai preti per ingannare la gente. Non si rendevano conto della profondità e della realtà della sensibilità religiosa e mitologica dell'essere umano. Ed ecco che erano scivolati nella razionalizzazione, vale a dire nella spiegazione semplicistica di ciò che la loro ragione non riusciva a capire. Ci sono voluti nuovi sviluppi della ragione per cominciare a capire il mito. E' stato necessario, per questo, che la ragione critica diventasse autocritica. [...] Noi stessi, che viviamo in una cultura che ha sviluppato certi settori della razionalità come la filosofia e come la scienza, viviamo altrettanto impregnati di miti, altrettanto impregnati di magia, ma di un altro tipo, di un altro genere.
Vivere l'avventura personale come la reiterazione di una saga mitica equivale a eludere il PRESENTE. Questa angoscia di fronte al tempo storico, accompagnata dal desiderio oscuro di partecipare a un tempo glorioso, primordiale, TOTALE, si traduce nei moderni in un tentativo talvolta disperato di spezzare l'omogeneità del tempo, per «uscire» dalla durata risuscitando un tempo qualitativamente diverso da quello che, consumandosi, la loro propria «storia» crea. E' in questo soprattutto che si riconosce meglio la funzione dei miti nel mondo moderno. Con mezzi molteplici, ma omologabili, l'uomo moderno si sforza di uscire dalla propria «storia» e di vivere un ritmo temporale qualitativamente diverso, è un modo inconsapevole di ricuperare il comportamento mitico. Lo si capirà meglio osservando le due principali vie di «evasione» usate dal moderno: lo spettacolo e la lettura. Non insisteremo sui precedenti mitologici della maggior parte degli spettacoli; basta ricordare l'origine rituale della tauromachia, delle corse, degli incontri sportivi: tutti hanno in comune la caratteristica di svolgersi in un «tempo concentrato», di grande intensità, residuo o succedaneo del tempo magico-religioso. Il «tempo concentrato» è anche la dimensione specifica del teatro e del cinema. Anche non tenendo conto delle origini rituali e della struttura mitologica del dramma e del cinema, rimane il fatto importante che queste due specie di spettacolo utilizzano un tempo ben diverso dalla «durata profana», un ritmo temporale concentrato e spezzato a un tempo, che, al di fuori di ogni implicazione estetica, provoca una profonda risonanza nello spettatore.
La narrativa ci offre un mezzo pronto e flessibile per trattare gli incerti esiti dei nostri progetti e delle nostre aspettative. come è stato generalmente osservato, da Aristotele a Kenneth Burke, la spinta alla narrativa è data da un'attesa andata a monte: la peripéteia, come la chiama Aristotele, o la difficoltà, con la D maiuscola, come la chiama Burke. L'attesa naturalmente caratterizza tutti gli esseri viventi, sebbene sia variabile quanto a sofisticazione e all'arco temporale che essa abbraccia. La sua espressione tipicamente umana è il progetto: l'escogitare mezzi appropriati, spesso contingenti, per raggiungere i nostri scopi. [...] La narrativa è il racconto di progetti umani che sono falliti, di attese andate a monte. Essa ci offre il modo di addomesticare l'errore e la sorpresa. Arriva a creare forme convenzionali di contrattempi umani, convertendole in generi: commedia, tragedia, romanzo d'avventura, ironia, o qualunque altro formato possa smussare l'aculeo della nostra fortuità.
Nonostante ciò la proiezione rimane un processo mentale potente, importante e pervasivo che può avere anche effetti positivi stimolando la creatività degli individui. Per approfondire andare alla pagina: "Proiezione psicologica".Attribuzione ad altri di un proprio aspetto ritenuto negativo, per cui il soggetto può biasimarlo in altri ritenendosi immune. I propri impulsi e sentimenti inaccettabili sono attribuiti al mondo esterno, e di conseguenza percepiti come appartenenti ad un'altra persona. La proiezione agisce in ogni momento della vita psichica, sia in fasi molto primitive dello sviluppo infantile, sia in fenomeni non patologici (animismo e superstizione). Diventa evidente e patologica quando comporta una perdita dell'esame di realtà come nella paranoia.
- Il quotidiano acquista senso se è la ripetizione di un modello di realtà, un modulo supremo al quale riferirsi
- L'impresa dell'eroe mitico non è tale perchè disseminata di fratture della normalità, bensì perchè essa assume un valore assoluto di "norma immobile", perennemente interpretabile ex-novo, polivalente, simbolica
- Un mito non ha mai un significato univoco ma, a seconda del terreno e dell'umore che l'avvolge, può esplodere in diverse forme
- Ognuno di noi possiede una mitologia personale che dà valore assoluto, al suo mondo più remoto e riveste le povere cose del passato con una luce simbolica che riassume il senso di tutta una vita
- La vita di ogni uomo è un incessante sforzo per chiarire i suoi miti
- Non bisogna vietarsi lo sforzo di chiarire i propri miti, cioè di distruggerli, perchè ciò che rimarrà dopo questo sforzo varrà come fonte di vita
- I bambini imparano a conoscere il mondo, non con l'originario contatto con le cose, ma attraverso i segni di queste: parole, vignette, racconti
- Ai bambini la fantasia giunge come realtà, come conoscenza oggettiva e non come invenzione, quindi, a quel tempo, i segni si fanno simboli
- Non esiste un "veder le cose la prima volta", quello che conta è sempre la seconda volta
- Il concepire mitico dell'infanzia innalza ad evento unico e assoluto le successive rivelazioni delle cose
- Il miracolo dell'infanzia è presto sommerso nella conoscenza del reale e permane soltanto come inconsapevole forma del nostro fantasticare, continuamente disfatta dalla conoscenza che ne prendiamo
No, I'll tell you a lie so you get used to it.
Il linguaggio della favola è il linguaggio emotivo più preciso che esista, più di qualunque poesia, racconto, saggio, romanzo, articolo o inchiesta. Perché la favola è costruita per parlare al bambino, e il bambino non ammette vaghezza: provate ad aggirare una questione che vi pone, la riproporrà tale e quale anche a distanza di cinquant’anni e altrove, finché non avrà la risposta effettiva, l’unica che fa evaporare la domanda. [...] A chi ripete «Basta favole», vorrei far notare che da decenni lo Stato non ne racconta. La politica deve tornare, e in fretta, a parlare dell’essenza dei cittadini, garantire ai giusti il lieto fine sociale. «C’era una volta» è più di una formula d’inizio: è rassicurazione al bene e minaccia al male, che come c’era una volta ce ne sarà un’altra e infinite altre volte, perché nessuno può inventarle. La possibilità del riscatto e il potere rivoluzionario di ogni storia, persino della Storia, è da tutto subito racchiuso là, in quel «C’era una volta» e quindi ci sarà.
Iscriviti alla Newsletter di pensierocritico.eu per ricevere in anteprima nuovi contenuti e aggiornamenti:
- Patrizia D'Arrigo (2000), Mito e Modernità nei Dialoghi con Leucò (PDF)
- Graziella Bernabò (2009), DIETRO IL VELO DI «LEUCÒ»: PAVESE, UNTERSTEINER E IL MITO (PDF)
- Davide Simonato (2015), L’immagine dell’uomo nelle opere di Walter F. Otto, Károly Kerényi e Mircea Eliade (PDF) Tesi di Laurea
- Mircea Eliade (2007), Miti, sogni e misteri (PDF)
- Franco Sarcinelli (2000), La tragedia greca: struttura e confronto con il mito arcaico - Oilproject - Videolezione e testo
- (2009), Many Americans Mix Multiple Faiths (PDF) - PEW Research Center
- David Robson (2014), Psychology: the truth about the Paranormal - BBC
- Jon Elster (1996), Rationality and the Emotions (PDF)
Pagina aggiornata il 29 giugno 2023