La disinformazione è dovuta allo scarso impegno nel valutare la credibilità delle proprie fonti informative
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Negli ultimi anni abbiamo assistito spesso a segnalazioni (sprattutto dai mass media) del rischio di presenza di fakenews nel dibattito pubblico, soprattutto in quello politico. E' stato addirittura creato il termine "post-verità" e nel 2016 l'Oxford Dictionary annunciò di aver decretato "post-truth" (post-verità) come parola dell'anno. Questo fenomeno voleva evidenziare come, negli ultimi decenni la verità sia diventata irrilevante nella percezione dell'opinione pubblica (per approfondire vedi pagina "L'era della post-verità"). Secondo uno studio pubblicato nel 2022 (Research note: Fighting misinformation or fighting for information?) dagli psicologi Alberto Acerbi, Sasha Altay e Hugo Mercier le cose non stanno proprio così, essi sostengono infatti che la disinformazione è stata talmente arginata dall'enfasi creata dal fenomeno "fakenews" che risulta oggi molto ridotta nei media online di molti paesi: 0,7-6% in USA, 4-5% in Francia, 1% in Germania, 0,1% in UK. Essi scrivono nel loro studio: "Nel complesso, queste stime suggeriscono che il consumo di disinformazione online è basso nel nord del mondo, ma potrebbe non essere così nel sud del mondo (Narayanan et al., 2019). Vale anche la pena notare che queste stime sono limitate alle fonti di notizie e non includono post personali, chat di gruppo, meme, ecc." Visto questo stato di cose essi avanzano la seguente proposta: "Ciò non significa che dobbiamo smantellare gli sforzi per combattere la disinformazione, poiché l'attuale equilibrio, con la sua bassa prevalenza di disinformazione, è il risultato di questi sforzi. Sosteniamo invece che, a margine, dovrebbero essere dedicati maggiori sforzi per aumentare la fiducia in fonti di informazione affidabili piuttosto che per combattere la disinformazione". Ciò equivale a dire che le persone devono essere aiutate a valutare la credibilità delle informazioni che ricevono, cioè a migliorare il loro pensiero critico. Nel 2014 quest'esigenza è stata posta al centro della riforma scolastica del governo finlandese, con l'obiettivo di "crescere cittadini ed elettori attivi e responsabili", in particolare adesso che aumenta l'impiego dell'intelligenza artificiale e ogni studente non dovrà più apprendere i "fatti" ma dovrà, piuttosto imparare a pensare con più empatia e in modo etico e critico. Scrive l'esperta di metodologie didattiche Daniela Di Donato (2020): "Nelle lezioni di matematica, gli alunni di Kari Kivinen [responsabile del programma di alfabetizzazione delle informazioni nelle scuole] imparano quanto sia facile mentire con le statistiche; in arte vedono come manipolare il significato di un'immagine; in storia analizzano importanti campagne di propaganda; mentre gli insegnanti di lingua finlandese lavorano con loro sui molti modi in cui le parole possono essere usate per confondere, fuorviare e ingannare. Il curriculum fa parte di un'unica ampia strategia ideata dal governo finlandese dopo il 2014, quando il paese è stato preso di mira per la prima volta con notizie false dalla vicina Russia, dalla quale la Finlandia si è resa indipendente solo nel 1917. Da quando Mosca ha annesso la Crimea e appoggiato i ribelli dell'Ucraina orientale cinque anni fa, il governo finlandese si è reso conto che si era passati all'era post-fattuale. Perché tutta questa preoccupazione? La Finlandia si è accorta che la maggior parte delle campagne politiche, amplificate da siti di informazione e social media finlandesi di estrema destra, si concentravano sull'attacco all'Unione Europea: si mettono in evidenza i problemi dell'immigrazione e si cerca di influenzare il dibattito sull'adesione completa della Finlandia alla NATO." E in Italia? Bisogna attendere che la Russia diventi confinante dell'Italia per rendersene conto e insegnare alla gente (e in primis i bambini) a ragionare autonomamente, mentre una parte dell'attuale governo tenta di sgretolare la società italiana?
Can I stop you?
Please, I was talking a lot of bullshit.
Please, I was talking a lot of bullshit.
Punti di riflessione
Date le risorse limitate, dovremmo concentrare i nostri sforzi sulla lotta alla diffusione della disinformazione o sul sostegno all'accettazione di informazioni affidabili? (Alberto Acerbi, Sasha Altay, Hugo Mercier)
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Le simulazioni mostrano che, dato che la maggior parte delle notizie consumate dal pubblico proviene da fonti affidabili, piccoli aumenti nell'accettazione di informazioni affidabili (ad esempio, 1%) migliorano il punteggio globale delle informazioni più che portare l'accettazione della disinformazione allo 0%. Questo risultato è valido per un'ampia gamma di parametri e si osserva anche se l'accettazione di informazioni errate diminuisce la fiducia in informazioni affidabili o aumenta la fornitura di informazioni errate (entro limiti plausibili). I nostri risultati suggeriscono che dovrebbero essere dedicati maggiori sforzi per migliorare l'accettazione di informazioni affidabili, rispetto alla lotta alla disinformazione. (Alberto Acerbi, Sasha Altay, Hugo Mercier)
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La disinformazione è un'informazione falsa che viene condivisa con l'intenzione di ingannare le persone. La persona che condivide la "notizia" sa che è falsa e intende ingannare il suo pubblico. A differenza della misinformazione (informazioni fuorvianti, errate o del tutto false che vengono condivise senza che la persona sappia che non sono corrette), la condivisione della disinformazione non è fatta in buona fede. Piuttosto, è un tentativo deliberato di creare divisione e diffondere la paura diffondendo consapevolmente un contenuto non corretto. (Eleanor Brooks)
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è stato dimostrato che le etichette di credibilità che informano gli utenti sull'affidabilità delle fonti di notizie aumentano la qualità della dieta delle notizie del 10% delle persone con la dieta più povera di notizie (Aslett et al., nd), ma nel complesso tali etichette hanno prodotto incoerenti, e spesso nulli, risultati. (Alberto Acerbi, Sasha Altay, Hugo Mercier)
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La disinformazione rappresenta una seria minaccia per le società democratiche anche in tempi di pace. Versioni contrastanti degli eventi confondono le acque, rendendo difficile per le persone conoscere la verità di ciò che sta accadendo. Senza un quadro accurato, è più difficile per i cittadini parlare e far sentire la loro voce sulle questioni che li riguardano. La disinformazione può anche distorcere il dibattito pubblico, minacciando elezioni libere ed eque. (Eleanor Brooks)
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Gli interventi che promuovono il pensiero critico, inducono sfiducia nella disinformazione e riducono la condivisione della disinformazione (Cook et al., 2017; Epstein et al., 2021; Roozenbeek & van der Linden, 2019; Tully et al., 2020), potrebbero essere adattati per favorire la fiducia in fonti affidabili e promuovere la condivisione di contenuti affidabili. (Alberto Acerbi, Sasha Altay, Hugo Mercier)
La ricerca di notizie "vere" viene coltivata, apprezzata e incentivata dall'uso del pensiero critico. I pensatori critici apprezzano e ricercano la verità nelle loro fonti. Così come gli statistici, come Nate Silver, dicono che il segnale è verità e il rumore ci distrae da essa, essi sono consapevoli che noi tutti viviamo immersi nel rumore.
La prevalenza della disinformazione e delle fake news negli USA e EU non è alta (circa 5%)
Conviene distinguere tra disinformazione e misinformazione per capire il diverso grado di rischio a cui siamo esposti. La giornalista Eleanor Brooks descrive la differenza tra disinformazione e misinformazione in questo modo:
La disinformazione è un'informazione falsa che viene condivisa con l'intenzione di ingannare le persone. La persona che condivide la "notizia" sa che è falsa e intende ingannare il suo pubblico. A differenza della misinformazione (informazioni fuorvianti, errate o del tutto false che vengono condivise senza che la persona sappia che non sono corrette), la condivisione della disinformazione non è fatta in buona fede. Piuttosto, è un tentativo deliberato di creare divisione e diffondere la paura diffondendo consapevolmente un contenuto non corretto.
Quanta disinformazione grava sul mondo dell'informazione negli USA e in UE? Gli psicologi Alberto Acerbi, Sacha Altay e Hugo Mercier sostengono che occorrerebbe aumentare gli sforzi per la ricerca di fonti affidabili scrivendo:
Il nostro modello mostra che in un'ampia gamma di parametri realistici, data la rarità della disinformazione, l'effetto della lotta alla disinformazione è destinato ad essere minuscolo, rispetto all'effetto della lotta per una maggiore accettazione di informazioni affidabili.Ciò non significa che dobbiamo smantellare gli sforzi per combattere la disinformazione, poiché l'attuale equilibrio, con la sua bassa prevalenza di disinformazione, è il risultato di questi sforzi. Sosteniamo invece che, a margine, dovrebbero essere dedicati maggiori sforzi per aumentare la fiducia in fonti di informazione affidabili piuttosto che per combattere la disinformazione.
Essi hanno condotto una ricerca empirica nella quale scrivono (vedi bibliografia 2022):
Negli esperimenti psicologici, è probabile che i partecipanti accettino una notizia falsa quanto rifiutano una notizia vera (Altay et al., 2021a; Pennycook et al., 2020; Pennycook & Rand, 2021), suggerendo che l'accettazione di notizie false e il rifiuto di notizie vere sono questioni di ampiezza simile. Tali risultati, uniti all'apparente dannosità di alcune fake news, hanno portato a concentrarsi sulla lotta alla disinformazione. Tuttavia, gli studi concordano sul fatto che il tasso di base del consumo di disinformazione online negli Stati Uniti e in Europa è molto basso (~5%). La maggior parte degli studi su larga scala che misurano la prevalenza della disinformazione online definisce la disinformazione a livello di fonte: notizie condivise da fonti note per condividere regolarmente notizie false, ingannevoli, di bassa qualità, o le notizie iperpartitiche sono considerate disinformazione online. Negli Stati Uniti, è stato calcolato che la disinformazione rappresenti tra lo 0,7% e il 6% della dieta dei media online delle persone e lo 0,15% della loro dieta mediatica complessiva. In Francia, è stato calcolato che la disinformazione rappresenti tra il 4 e il 5% della dieta online delle persone e lo 0,16% del loro tempo totale di connessione. È stato calcolato che la disinformazione rappresenti circa l'1% della dieta delle persone online in Germania e lo 0,1% nel Regno Unito.
Sono stati ideati numerosi interventi per ridurre la credenza nelle notizie false o la tendenza a condividere tali notizie. Al contrario, gli interventi volti ad accrescere la fiducia in fonti di notizie affidabili hanno ricevuto meno attenzione. In questo articolo dimostriamo che, data la scarsissima prevalenza della disinformazione (comprese le fake news), gli interventi volti a ridurre l'accettazione o la diffusione di tali notizie sono destinati ad avere effetti molto ridotti sulla qualità complessiva dell'ambiente informativo, soprattutto rispetto a interventi volti ad accrescere la fiducia in fonti di notizie affidabili. Per sostenere questa argomentazione, simuliamo l'effetto che tali interventi hanno su un punteggio globale delle informazioni, che aumenta quando le persone accettano informazioni affidabili e diminuisce quando le persone accettano informazioni errate.
L'accettazione di notizie false e il rifiuto di notizie vere sono questioni di ampiezza simile. Tali risultati, uniti all'apparente dannosità di alcune fake news, hanno portato a concentrarsi sulla lotta alla disinformazione. Tuttavia, gli studi concordano sul fatto che il tasso di base del consumo di disinformazione online negli Stati Uniti e in Europa è basso (~5%)
La disinformazione è un'informazione falsa che viene condivisa con l'intenzione di ingannare le persone. La persona che condivide la "notizia" sa che è falsa e intende ingannare il suo pubblico. Invece nella misinformazione (informazioni fuorvianti, errate o del tutto false) vengono condivise senza che la persona sappia che non sono corrette.
PANORAMICA NON ESAUSTIVA DEGLI STUDI CHE STIMANO LA PREVALENZA DELLA DISINFORMAZIONE ONLINE
(Cliccare sull'immagine per approfondire)
Secondo gli psicologi Alberto Acerbi, Sasha Altay e Hugo Mercier una falsa convinzione ha portato la società a concentrarsi sulla lotta alla disinformazione, anzichè sulla ricerca di notizie vere. La falsa convinzione è che l'accettazione di notizie false e il rifiuto di notizie vere sono questioni di ampiezza simile
Conclusioni (provvisorie): occorre aumentare la fiducia nelle fonti di informazione credibili
Negli ultimi anni abbiamo assistito spesso a segnalazioni (sprattutto dai mass media) del rischio di presenza di fakenews nel dibattito pubblico, soprattutto politico. E' stato addirittura creato il termine "post-verità" e nel 2016 l'Oxford Dictionary annunciò di aver decretato "post-truth" (post-verità) come parola dell'anno. Questo fenomeno voleva evidenziare come, negli ultimi decenni la verità sia diventata irrilevante nella percezione dell'opinione pubblica (per approfondire vedi pagina "L'era della post-verità"). Secondo uno studio pubblicato nel 2022 (Research note: Fighting misinformation or fighting for information?) dagli psicologi Alberto Acerbi, Sasha Altay e Hugo Mercier le cose non stanno proprio così, essi sostengono infatti che la disinformazione è stata talmente arginata dall'enfasi creata dal fenomeno "fakenews" che risulta oggi molto ridotta nei media online di molti paesi: 0,7-6% in USA, 4-5% in Francia, 1% in Germania, 0,1% in UK. Essi scrivono nel loro studio: "Nel complesso, queste stime suggeriscono che il consumo di disinformazione online è basso nel nord del mondo, ma potrebbe non essere così nel sud del mondo (Narayanan et al., 2019). Vale anche la pena notare che queste stime sono limitate alle fonti di notizie e non includono post personali, chat di gruppo, meme, ecc." Visto questo stato di cose essi avanzano la seguente proposta: "Ciò non significa che dobbiamo smantellare gli sforzi per combattere la disinformazione, poiché l'attuale equilibrio, con la sua bassa prevalenza di disinformazione, è il risultato di questi sforzi. Sosteniamo invece che, a margine, dovrebbero essere dedicati maggiori sforzi per aumentare la fiducia in fonti di informazione affidabili piuttosto che per combattere la disinformazione". Ciò equivale a dire che le persone devono essere aiutate a valutare la credibilità delle informazioni che ricevono, cioè a migliorare il loro pensiero critico.
per scaricare le conclusioni (in pdf):
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Bibliografia (chi fa delle buone letture è meno manipolabile)
- Alberto Acerbi, Sacha Altay, Hugo Mercier (2022), Research note: Fighting misinformation or fighting for information? -
- Francesco Monticelli (2020), Virus e viralità - State of Mind
- Eleanor Brooks (2022), Guida alla disinformazione in 6 passi: non farti travolgere dalle falsità sulla guerra in Ucraina - Liberties.eu
- Ciara O'Brien (2022), How to protect yourself from fake news and propaganda online - The Irish Times
- Marco Emanuele (2022), Guerra e disinformazione: il tempo dell’auto-critica - Key4Biz
- Angelo Romano (2017), Contro la disinformazione l’unica vera arma è il pensiero critico - Valigia Blu
- Gilberto Corbellini (2019), La tirannia dell'ignoranza - Sole24Ore 3 novembre 2019
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Pagina aggiornata il 13 maggio 2024