I risultati dello studio sperimentale (su 2250 volontari) di Killingsworth e Gilbert confermano che il vagare della mente è la causa dello stato di insoddisfazione e di infelicità delle persone. Essi scrivono che, durante l'esperimento:
Le menti delle persone vagavano spesso, a prescindere da ciò che stavano facendo. La mente vagava nel 46,9% dei campioni e non scendeva mai al di sotto del 30% durante ogni attività tranne quando facevano l'amore. Sorprendentemente, la natura delle attività delle persone ha avuto solo un impatto modesto sul vagare delle loro menti e quasi nessun impatto sulla piacevolezza delle attività che svolgevano.
Se parliamo in termini di biologia dei fondamentali circuiti neurali dell'emozione, dobbiamo ammettere che quelli di cui siamo dotati sono i meccanismi rivelatisi più funzionali nelle ultime cinquantamila generazioni umane - si badi bene, non nelle ultime cinquemila, e meno che mai nelle ultime cinque. Le forze che hanno plasmato le nostre emozioni, forze evolutive, lente e ponderate, hanno impiegato un milione di anni per compiere il loro lavoro; nonostante gli ultimi diecimila anni siano stati testimoni della rapida ascesa della civiltà e dell'esplosione della popolazione umana da cinque milioni a cinque miliardi di anime, essi hanno tuttavia lasciato pochissime tracce nella matrice biologica della vita emotiva umana.
La meditazione di consapevolezza è una forma di allenamento al controllo dell'attenzione attraverso la quale gli individui sviluppano la capacità di dirigere e mantenere l'attenzione verso il momento presente (Kabat-Zinn et al., 1992; Segal et al., 2002). Il nostro studio ha esaminato le persone con training di meditazione mindfulness (MT) in aggiunta a un gruppo di novizi senza tale formazione, nel tentativo di determinare se il gruppo MT mostrasse una maggiore capacità di liberarsi dalla generazione narrativa e rivelare le reti neurali che supportano l'autocoscienza centrata sul presente.
Le osservazioni di Reichle confermavano un fatto misterioso che era già noto da tempo nel campo della scienza del cervello: che quest'ultimo, pur costituendo solo il 2 per cento della massa corporea, consuma circa il 20 per cento dell'energia metabolica del corpo (misurata in base all'uso di ossigeno), e che il suo consumo di ossigeno rimane più o meno costante a prescindere da quello che stiamo facendo (incluso il non fare assolutamente nulla). A quanto pare, il cervello rimane sempre indaffarato allo stesso modo, sia che ci stiamo rilassando sia che stiamo compiendo uno sforzo mentale. Dove si trovano, quindi, tutti quei neuroni che chiacchierano tra di loro mentre noi non facciamo nulla di particolare? Reichle identificò una serie di aree, tra cui soprattutto la mPFC (medial prefrontal cortex, o corteccia prefrontale mediale) e la PCC (posterior cingulate cortex, o corteccia cingolata posteriore), un nodo connesso al sistema limbico, e chiamò questi circuiti la "rete della modalità di default" (default mode network) del cervello.
In assenza di un compito che richiede elaborazione deliberativa, la mente tende generalmente a vagare, passando da un pensiero all'altro con fluidità e facilità. Data la natura onnipresente di questo fenomeno, è stato suggerito che il vagabondaggio mentale costituisce una linea di base psicologica da cui le persone partono quando l'attenzione è richiesta altrove e alla quale ritornano quando i compiti non richiedono più una supervisione cosciente.
La scimmia pensa di essere al comando, ma in realtà l'elefante praticamente va dove vuole. Se la scimmia riesce a comunicare nel linguaggio che l'elefante comprende (come immagini mentali vivide, storie e metafore), allora l'elefante sentirà e capirà. La scimmia parla costantemente, a volte con gli altri, ma soprattutto a se stesso, e una delle cose che gli piace dire è che è lui che ha il controllo. Se arrivano a un bivio e l'elefante se ne va a sinistra, allora la scimmia dice che voleva assolutamente andare a sinistra, e fornisce ogni tipo di motivo. Se l'elefante invece va a destra, la scimmia spiega come e perchè voleva andare a destra. Ama l'illusione del controllo. Ma è l'elefante che decide. La lucertola è costantemente alla ricerca di minacce (non chiedermi come fa da dentro un elefante, è una metafora!). Se percepisce una minaccia, prende il controllo dell'elefante. Ma i suoi controlli sono rozzi: può solo rendere l'elefante terrorizzato o arrabbiato, e non può davvero controllare cosa succede dopo. La mia lucertola è una specie di camaleonte: è rosso vivo quando vigile, ma quando è calma diventa di un grigio bluastro più freddo. Comunicare con l'elefante è un processo molto lento. Richiede tempo. Ma quando i messaggi vengono ricevuti i risultati sono potenti e forti. Cosa bisogna fare? Calmare la lucertola, guidare l'elefante e così si può portare la scimmia dove vuole andare. Scoprire il serraglio nella tua mente è un meraviglioso processo di scoperta e di divertimento.
Unfortunately, I stayed here.
- Propriocezione (proprioception): è la percezione inconscia (di natura neurologica) del movimento, della posizione e dell'equilibrio del proprio corpo dovuto ai propriocettori, cioè alle sensazioni provenienti dalle terminazioni nervose dei muscoli e delle articolazioni oltre che dall'orecchio interno
- Interocezione (interoception): è la consapevolezza dei segnali provenienti dal corpo dell'individuo (dai suoi organi interni quali cuore, polmoni, stomaco, ecc)
- Esterocezione (exteroception): è la consapevolezza di tutti gli stimoli provenienti ai sensi dal mondo esterno al soggetto (stimoli visuali, uditivi, olfattivi, tattili, gustativi)
È necessario, dunque, secondo il neurofisiologo Antonio Damasio (vedi bibliografia 2003), superare il dualismo corpo/cervello in cui anche le neuroscienze sono ricadute, e considerare le due componenti, strettamente intrecciate, che costituiscono il sé, cioè il "sé mentale" (che crea continuamente mappe neurali di oggetti ed eventi del mondo esterno che attingendo alla memoria ci permettono di ricostruire un'autobiografia e un senso di identità), e il "sé biologico o immunologico" (che crea continuamente mappe neurali dello stato dei vari organi del corpo allo scopo di mantenerlo in vita).
Le recenti tecniche di brain imaging hanno permesso di dimostrare che il feedback, integrato centralmente nel cervello, e proveniente da varie parti del corpo gioca un ruolo determinante nell'esperienza emotiva.
La consapevolezza corporea di sè include l’interocezione, ovvero il sentire il nostro respiro, la nostra digestione, la nostra attivazione, il nostro dolore, la nostra fatica, ecc e allo stesso tempo una consapevolezza di movimento e coordinazione fra le diverse parti del corpo e fra il corpo e l’ambiente.
- Focus narrativo: associato a esperienze nel tempo che seguono un percorso neurale posto nella corteccia mediale prefrontale
- Focus esperienziale: associato all'esperienza somatica (basata sull'attenzione al corpo e al respiro) del "momento presente"
L'addestramento del MBSR [un protocollo meditativo Mindfulness di otto settimane] si risolse in riduzioni marcate e pervasive dell'attività dei circuiti associati con il focus narrativo e un'aumentata attivazione della rete associata con il focus esperienziale. Ciò suggerisce che queste due forme molto diverse di auto referenzialità, che spesso avvengono in contemporanea, possono essere separate attraverso l'addestramento alla mindfulness, una scoperta che potrebbe essere di importanza clinica per allentare la presa di narrazioni egocentriche associate alla ruminazione mentale depressiva e ad altre abitudini inconsce di preoccupazione per se stessi e assorbimento in se stessi che causano e amplificano la sofferenza.
Ricerche recenti dimostrano che focalizzare l'attenzione sul flusso della narrazione della coscienza, come la memoria e l'autoconoscenza riflessiva, utilizza un percorso neurale separato rispetto a quello di focalizzare l'attenzione sull'esperienza sensoriale del momento presente. Secondo il neuropsicologo Norman Farb, esiste una fondamentale disconnessione neurale tra questi due distinti modi di autoconsapevolezza.
Un ostacolo allo studio della consapevolezza centrata sul presente è la consolidata tendenza della mente a vagare e diventare distratta dal momento presente in favore di un pensiero temporalmente distante e indipendente dallo stimolo.
I risultati della connettività funzionale suggeriscono che una modalità predefinita di auto-consapevolezza può dipendere dall'accoppiamento abituale tra regioni corticali che supportano le rappresentazioni cognitive-affettive del sé e alcune immagini neurali viscerosomatiche laterali dello stato del corpo. Questa doppia modalità di auto-riferimento si nota meglio dopo la meditazione Mindfulness, dove queste modalità si disaccoppiano mediante l'allenamento dell'attenzione. Questa ipotizzata riorganizzazione corticale dopo la meditazione è coerente con l'idea che la meditazione consente una distinta modalità esperienziale in cui pensieri, sentimenti e sensazioni corporee sono visti meno come buoni o cattivi o integrali al "sé" e trattati più come eventi mentali transitori che possono essere semplicemente osservati. Come tale, la capacità di disimpegnare la narrativa estesa e duratura e impegnarsi in più modalità neurali momentanee di autofocus ha importanti implicazioni per i disturbi dell'umore e dell'ansia, dato che le narrazioni durature aumentano la vulnerabilità della persona. Invece, un numero crescente numero di prove suggerisce che l'avvicinarsi all'esperienza di sé attraverso un focus più centrato sul presente può avere un effetto positivo sul benessere umano.
Ciò che cerchiamo di fare è di creare un ambiente dove la gente possa imparare a rallentare nella vita - o forse anche a fermarsi - e familiarizzare con il calmare il corpo, osservando che cosa succede sia nel corpo sia nella mente e coltivando una certa sorta di intimità con il momento presente così com'è. Viviamo per lo più nel futuro, preoccupandoci o pianificando, o nel passato, ricordando cose accadute prima e a volte deformandole del tutto.
Maybe! Unhappy.
- Livello 1: è il livello più profondo, praticato dagli yogin tibetani secondo la tradizione del buddhismo theravada
- Livello 2: è la meditazione del livello 1 adattata in forma più accettabile per la cultura occidentale
- Livello 3: si tratta delle pratiche del livello 2 depurate degli aspetti spirituali e rivolte alla riduzione dello stress, quali ad esempio il protocollo MBSR (Mindfulness-based stress reduction) di Jon Kabat-Zinn o le tecniche di meditazione trascendentale
- Livello 4: sono forme di meditazione annacquate per renderle accessibili a un maggior numero di persone, quali ad esempio le app che ci ricordano di fare un minuto di meditazione e simili (ad esempio, per android: 5 Minuti Meditazione, Headspace, Chakra Meditazione, ecc)
- Livello 5: è un livello oggi in fase di formazione, con lo scopo di ampliare ulteriormente l'impiego della meditazione e favorire la calma interiore presso tutti i gruppi sociali.
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Pagina aggiornata il 12 maggio 2024