Causalità: principio base della razionalità occidentale
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Durante il processo di ominizzazione avvenuto nella preistoria, il ragionamento causale si è affermato come l'elemento più importante per il processo decisionale a causa della sua illimitata flessibilità comportamentale e cognitiva. Il ragionamento causale ha favorito la sopravvivenza della specie e costituisce una pre-condizione per l'inferenza quotidiana dell'essere umano, cioè per l'abduzione. L'inferenza abduttiva è quel ragionamento che riguarda lo sviluppo e la scelta di ipotesi che spiegano meglio una situazione, cioè come vengono generate, valutate e testate le ipotesi esplicative. Il filosofo Roberto Casati nel tentativo di spiegare perchè l'essere umano ha iniziato a usare la "logica" scrive (vedi bibliografia): "Siamo diventati logici perchè abbiamo sviluppato una sorta di vigilanza epistemica, fatto crescere antenne di prudenza e di sospetto, e abbiamo finito inevitabilmente con l'occuparci della verità. Resta il fatto che con tutto il bene che vogliamo alla logica, sia esso strumento di conoscenza, paragone di prudenza, o sentinella della conversazione, ci si deve rassegnare: la logica è un lusso." Il filosofo Judea Pearl ha scritto: "Molto presto nella nostra evoluzione, noi umani ci siamo resi conto che il mondo non è fatto solo di puri fatti (quelli che oggi potremmo chiamare dati); piuttosto, questi fatti sono uniti da una intricata rete di relazioni causa-effetto. Spiegazioni causali, non puri fatti, costituiscono la maggior parte delle nostre conoscenze e dovrebbero essere la pietra angolare dell'intelligenza artificiale." Fare inferenze è una delle più importanti capacità umane perchè consente all'essere umano di "interpretare" il suo mondo risalendo a un significato dedotto dalle relazioni tra le cose. Questa pagina cerca di chiarire il principio di causalità nel pensiero umano e l'abbandono delle tecniche di divinazione che hanno imperato per secoli e che ancora oggi si intravedono nelle società meno sviluppate scientificamente.
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CAUSALITA': Un modello causale fornisce flessibilità, consentendo all'utilizzatore di navigare il mondo con successo ovunque egli voglia andare. Questa flessibilità dipende dall'apprendere una rappresentazione che rispecchi il modo in cui funziona effettivamente il mondo, cioè un modello che catturi le vere relazioni causali. Tuttavia, il modello deve anche essere sintetico sia perché deve entrare in un cervello molto più piccolo del mondo che imita, e sia perché deve supportare l'inferenza sullo stato attuale del mondo
Punti di riflessione
Il nostro cervello ha difficoltà ad effettuare ragionamenti che non ha imparato nel corso dell'evoluzione, mentre esegue senza sforzo inferenze che riguardano temi sociali.
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Tutti i ragionamenti concernenti la questione dei fatti sembrano fondarsi sulla relazione di causa ed effetto. (David Hume p.27)
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Le lingue indoeuropee, come l'inglese, contengono molti verbi che incarnano la causalità. Sono molto diffusi perché, come sostenuto da Miller e Johnson-Laird (1976), la causalità è un operatore che, come il tempo, lo spazio e l'intenzione, si verifica nei verbi di tutti i domini semantici. (Sangeet S. Khemlani, Aron K. Barbey, Philip N. Johnson-Laird)
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Il ragionamento causale costituisce un ingrediente essenziale, e anche una pre-condizione, per l'abduzione. (Alexander Bochman)
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Nella vita quotidiana la logica dell'essere umano si limita all'abduzione, cioè non facciamo altro che spiegare i fatti che ci accadono inventando delle regole ipotetiche che ci portano a una conclusione. Spesso, però, non abbiamo il tempo o la motivazione per verificare che regola e conclusione siano corrette.
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I modelli mentali sono simulazioni della realtà utilizzate per produrre inferenze qualitative e quantitative che ci permettono di descrivere, predire e spiegare il comportamento di un sistema; sono rappresentazioni interne di oggetti, azioni, situazioni o persone, costruite sulla base dell’esperienza e dell’osservazione del mondo. (Philip N. Johnson-Laird)
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Popper, anche negli scritti della maturità, ha sempre difeso la sua intuizione giovanile che nella scienza hanno diritto di cittadinanza solo quelle teorie che prestano il fianco alla falsificazione e possono essere accettate provvisoriamente solo quelle che sono passate indenni attraverso i tentativi di confutazione. Queste tesi di Popper sembrano molto ragionevoli. Così come sembra plausibile l’idea che la scienza, attraverso la sostituzione di congetture confutate con altre ancora confutabili, ma non allo stesso modo delle precedenti, porti a una sempre migliore approssimazione della verità. (Carlo Veronesi)
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La mente scientifica non fornisce tanto le risposte giuste quanto pone le domande giuste. (Claude Levi Strauss p.71)
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Se il pensiero è inferenziale, l’abduzione è l’unica inferenza in grado di farlo procedere, di pensare all’“essere in futuro”. [...] In quanto stato di ricerca permanente, l’abduzione è però a suo modo anche una forma di inquietudine. Sia perché nell’abduzione, come nell’irritazione del dubbio, la mente non si trova affatto ‘a riposo’, sia perché l’abduzione è una tensione verso un assente: possibile, ma ancora da raggiungere. (Salvatore Zingale)
Durante il processo di ominizzazione avvenuto nella preistoria, il ragionamento causale si è affermato come l'elemento più importante per il processo decisionale a causa della sua illimitata flessibilità comportamentale e cognitiva, che ha favorito la sopravvivenza della specie
Recentemente la causalità è diventata importante per le applicazioni AI
Il filosofo Roland Poellinger, nella propria tesi di dottorato (vedi bibliografia 2012), analizzando il crescente interesse della causalità nel dibattito filosofico, probabilmente dovuto all'enorme importanza della causalità per le nuove applicazioni di Intelligenza Artificiale (AI), scrive:
I filosofi hanno pensato sistematicamente ai concetti di causa ed effetto sin dagli albori della filosofia come disciplina. Avvalendosi di metodi matematici e di semantica formale nel secolo scorso, l'epistemologia ha presto avuto i mezzi per modellare i problemi prevalenti in forma simbolica, esprimere i suoi risultati con rigore scientifico e separare i problemi all'interno delle teorie formali da questioni su intuizioni e premesse di base. David Lewis fu tra i primi a utilizzare strumenti simbolici e ad affrontare la causalità in un quadro di semantica formale. Dopo, Bertrand Russell aveva notoriamente e bruscamente voltato le spalle a qualsiasi ulteriore ricerca per stabilire criteri per l'analisi causale nel suo trattato "On the notion of cause" (1913), David Lewis riflettè sulle parole di un filosofo precedente: Nel 1740 David Hume aveva elencato la causalità tra uno dei principi che sono "per noi il cemento dell'universo" e quindi "di vaste conseguenze [...] nella scienza della natura umana". Sebbene Hume venisse successivamente aspramente criticato da Immanuel Kant per questa descrizione empirista, che a sua volta affermava che i principi causali sono di natura sinteticamente 'a priori', David Lewis rimandò a una specifica spiegazione controfattuale della semantica delle affermazioni causali negli scritti di Hume, inoltre basò i suoi pensieri sulla sopravvenienza di Hume e spiegò un metodo dettagliato per l'analisi causale nel quadro dellla sua semantica dei mondi possibili. Approcciando il campo da una prospettiva informatica negli anni '80, Judea Pearl introduce le reti di propagazione delle credenze come base per i motori di inferenza bayesiana in un contesto di ingegneria dell'intelligenza artificiale. Il suo resoconto interventista della causalità, presentato in modo più elaborato nel suo libro "Causality" (2000/2009), attinge alle trasformazioni strutturali dei modelli causali formali per l'identificazione delle relazioni causa-effetto.
Il ragionamento causale si apprende con le esperienze di vita
Lo psicologo Neil Robert Bramley ha svolto la propria interessante tesi di dottorato (vedi bibliografia 2017) descrivendo e sperimentando diverse (oltre dieci) situazioni umane nel corso delle quali viene sviluppato il ragionamento causale. Egli scrive (pp.37-38):
Possiamo influenzare il mondo con le nostre azioni (simbolo della mano nell'immagine) e vogliamo farlo in modi che producono ricompense (trovare cibo, ridurre al minimo il dolore, ecc.). Tuttavia, abbiamo bisogno di sapere qualcosa sul mondo per scegliere azioni che potrebbero portare ricompense. Alcune di queste conoscenze sono "model free" (senza modelli), nel senso che il rafforzamento delle azioni che sono state gratificanti in passato sono spesso un buon inizio. In effetti, gran parte della letteratura sull'apprendimento umano e animale si concentra sul modello delle forme libere di apprendimento che catturano molti comportamenti come risposte dirette a stimoli (ad es.Mackintosh, 1983; Skinner, 1990; Sutton e Barto, 1998). Sfortunatamente, si può arrivare lontano anche senza un modello (Daw, Gershman, Seymour, Dayan e Dolan, 2011). Quando le ricompense mancano o si riducono, o cercano attivamente di superarti, comportamenti rinforzati diventano inutili o disadattivi. Inoltre, è difficile sapere cosa sarà prezioso in futuro, quindi l'apprendimento dipendente dalla ricompensa può facilmente fallire nel preparare per il futuro. Intuitivamente, quindi, un modello causale fornisce flessibilità, consentendo all'utilizzatore di navigare il mondo con successo ovunque egli voglia andare. Questa flessibilità dipende dall'apprendere una rappresentazione che rispecchi il modo in cui funziona effettivamente il mondo (Hohwy, 2013); un modello che - mettendo da parte le affermazioni metafisiche sulla causalità - catturi le vere relazioni causali. Tuttavia, il modello deve anche essere sintetico sia perché deve entrare in un cervello molto più piccolo del mondo che imita, e sia perché deve supportare l'inferenza sullo stato attuale del mondo.
I bambini, crescendo, diventano sempre più cercatori di "informazioni bayesiane" nel loro apprendimento causale. Per approfondire il pensiero bayesiano andare alla pagina "Pensiero statistico".
In che modo si è formato il modello causale
Fig. 2.1 Bramley Schema dell'apprendimento causale attivo.
Nello schema di apprendimento causale di Bramley: il mondo produce dati e ricompense (reward). I dati vengono utilizzati per perfezionare un modello del mondo. Il proprio modello e le proprie utilità guidano l'azione che si esercita sul mondo, producendo dati e ricompense futuri. Si presume che le utilità siano indirettamente correlate alle ricompense tramite il modello (linea tratteggiata).
L'apprendimento causale infantile
Secondo Bramley il fatto che i bambini, crescendo, diventino sempre più cercatori di informazioni bayesiane nel loro apprendimento causale, solleva la questione di quali cambiamenti cognitivi siano alla base di questo cambiamento evolutivo.
Un modello causale fornisce flessibilità, consentendo all'utilizzatore di navigare il mondo con successo ovunque egli voglia andare. Questa flessibilità dipende dall'apprendere una rappresentazione che rispecchi il modo in cui funziona effettivamente il mondo, cioè un modello che catturi le vere relazioni causali. Tuttavia, il modello deve anche essere sintetico sia perché deve entrare in un cervello molto più piccolo del mondo che imita, e sia perché deve supportare l'inferenza sullo stato attuale del mondo
Visione evoluzionistica della logica: non esiste una intelligenza di ordine generale, la logica umana è dipendente dal contenuto del compito
Agli psicologi è noto da tempo che la mente umana contiene circuiti specializzati per le diverse modalità di percezione, come vedere e ascoltare. Ma fino a poco tempo fa, si pensava che la percezione e il linguaggio fossero le uniche attività causate da processi cognitivi specializzati (Fodor, 1983 ved. bibliografia).
Si pensava che altre funzioni cognitive, quali: apprendimento, ragionamento, il processo decisionale, venissero realizzate da circuiti di "carattere generale". I principali candidati erano gli algoritmi "razionali": quelli che implementano metodi formali per il ragionamento induttivo e deduttivo, come la regola di Bayes o il calcolo proposizionale (una logica formale). Questa impostazione è stata modificata dalla prospettiva evoluzionistica (ved. bibliografia 1992 Tooby & Cosmides).
La visione evoluzionistica della mente umana infatti sostiene che non esiste una "Intelligenza generale" umana, ma che essa è una facoltà ipotetica dal carattere mitico che si è trascinata fino ai nostri giorni. Il modo convenzionale di pensare alla logica umana la vede invece composta da semplici circuiti di ragionamento, pochi di numero, indipendenti dal contenuto e di uso generale. Questo modo di vedere è arrivato fino a noi perché la nostra capacità di risolvere molti diversi tipi di problemi (la nostra mitica flessibilità razionale) l'ha tenuta in vita.
L'ambiente dove la mente umana si è evoluta era molto diverso da quello odierno. I nostri antenati ominidi hanno vissuto per il 99% della vita evolutiva della nostra specie (circa 10 milioni di anni), in società di cacciatori-raccoglitori costituite da piccoli gruppi. Per 10.000 anni la selezione naturale ha modellato il cervello umano scegliendo quei circuiti che favorivano la risoluzione di problemi quotidiani (accoppiarsi, cacciare animali, raccogliere germogli, negoziare con gli amici, difendersi dagli aggressori, allevare bambini, scegliere l'habitat più adatto, ecc). Le priorità dell'Età della Pietra hanno modellato cervelli più abili a risolvere certi problemi ma meno abili a risolverne altri, ad esempio è più facile per noi vivere in gruppi poco numerosi (ved. numero di Dunbar) piuttosto che tra grandi folle, oppure è più facile temere i serpenti piuttosto che le prese elettriche.
I meccanismi biologici sono calibrati per gli ambienti in cui si sono evoluti, e incarnano informazioni sulle proprietà stabilmente ricorrenti nei nostri mondi ancestrali. Ad esempio, i meccanismi di costanza del colore umano visibile sono calibrati dall'evoluzione sulle caratteristiche dell'illuminazione terrestre "naturale". Come risultato, l'erba sembra verde sia a mezzogiorno che al tramonto, anche se le proprietà spettrali della luce che riflette sono cambiate drasticamente. Gli algoritmi razionali non lo fanno, perché sono indipendenti dai contenuti.
Si pensava che altre funzioni cognitive, quali: apprendimento, ragionamento, il processo decisionale, venissero realizzate da circuiti di "carattere generale". I principali candidati erano gli algoritmi "razionali": quelli che implementano metodi formali per il ragionamento induttivo e deduttivo, come la regola di Bayes o il calcolo proposizionale (una logica formale). Questa impostazione è stata modificata dalla prospettiva evoluzionistica (ved. bibliografia 1992 Tooby & Cosmides).
La visione evoluzionistica della mente umana infatti sostiene che non esiste una "Intelligenza generale" umana, ma che essa è una facoltà ipotetica dal carattere mitico che si è trascinata fino ai nostri giorni. Il modo convenzionale di pensare alla logica umana la vede invece composta da semplici circuiti di ragionamento, pochi di numero, indipendenti dal contenuto e di uso generale. Questo modo di vedere è arrivato fino a noi perché la nostra capacità di risolvere molti diversi tipi di problemi (la nostra mitica flessibilità razionale) l'ha tenuta in vita.
L'ambiente dove la mente umana si è evoluta era molto diverso da quello odierno. I nostri antenati ominidi hanno vissuto per il 99% della vita evolutiva della nostra specie (circa 10 milioni di anni), in società di cacciatori-raccoglitori costituite da piccoli gruppi. Per 10.000 anni la selezione naturale ha modellato il cervello umano scegliendo quei circuiti che favorivano la risoluzione di problemi quotidiani (accoppiarsi, cacciare animali, raccogliere germogli, negoziare con gli amici, difendersi dagli aggressori, allevare bambini, scegliere l'habitat più adatto, ecc). Le priorità dell'Età della Pietra hanno modellato cervelli più abili a risolvere certi problemi ma meno abili a risolverne altri, ad esempio è più facile per noi vivere in gruppi poco numerosi (ved. numero di Dunbar) piuttosto che tra grandi folle, oppure è più facile temere i serpenti piuttosto che le prese elettriche.
I meccanismi biologici sono calibrati per gli ambienti in cui si sono evoluti, e incarnano informazioni sulle proprietà stabilmente ricorrenti nei nostri mondi ancestrali. Ad esempio, i meccanismi di costanza del colore umano visibile sono calibrati dall'evoluzione sulle caratteristiche dell'illuminazione terrestre "naturale". Come risultato, l'erba sembra verde sia a mezzogiorno che al tramonto, anche se le proprietà spettrali della luce che riflette sono cambiate drasticamente. Gli algoritmi razionali non lo fanno, perché sono indipendenti dai contenuti.
Le figure nei due box (Modus Ponens e Modus Tollens) mostrano due regole di inferenza del calcolo proposizionale molto note e applicate costantemente dall'essere umano, cioè due metodi che permettono di dedurre conclusioni vere da premesse vere, non importa quale sia l'oggetto delle premesse. Anche la Regola di Bayes, un'equazione per il calcolo della probabilità di una data di ipotesi, è indipendente dai contenuti. Essa può essere applicata indifferentemente a una diagnosi medica, a giochi di carte, al successo nella caccia, o qualsiasi altro argomento. Essa non contiene alcuna conoscenza specifica, in modo che non può sostenere inferenze che si applicherebbero, ad esempio, all'accoppiamento umano ma non alla caccia. Peccato che l'essere umano, intuitivamente e costantemente sbaglia nell'applicazione del Modus Tollens: questo sembra il prezzo da pagare per l'indipendenza dai contenuti.
L'essere umano ha una razionalità universale o darwiniana?
L'inferenza è un ragionamento logico mediante il quale si esercita il processo di interpretazione e di conoscenza del mondo; esso consiste nel produrre una conclusione a partire da una serie di premesse. L'inferenza è un processo che impiega il linguaggio e viene usato sia per la conoscenza scientifica che per il ragionamento ordinario.
La logica non ha niente a che vedere con la verità: anche se ci troviamo in presenza di inferenze valide possiamo avere premesse false che producono una conclusione vera oppure possiamo avere premesse vere che producono una conclusione falsa.
Il filosofo Judea Pearl, nel suo libro "The book of Why: The New Science of Cause and Effect" sostiene che l'intelligenza umana si contraddistingua per:
"La capacità di porre domande e trovare risposte".
Contrariamente a quanto si potrebbe pensare la capacità più importante per il ragionamento è quella di "porre domande", infatti è facile constatare che la maggior parte delle persone non si pone nessuna domanda o, quando lo fa, si tratta di domande con scopi pratici.
Judea Pearl, descrive così l'intelligenza umana:
Molto presto nella nostra evoluzione, noi umani ci siamo resi conto che il mondo non è fatto solo di puri fatti (quelli che oggi potremmo chiamare dati); piuttosto, questi fatti sono uniti da una intricata rete di relazioni causa-effetto. Spiegazioni causali, non puri fatti, costituiscono la maggior parte delle nostre conoscenze e dovrebbero essere la pietra angolare dell'intelligenza artificiale.
Il processo inferenziale nel metodo scientifico
Il processo inferenziale inizia dall'osservazione di un fenomeno che dà luogo a dati e, a quanto più essi sono sorprendenti, tanto più danno luogo ad abduzioni che generano ipotesi (leggi esplicative) che vengono raffinate in un continuo processo di retroduction. Le ipotesi vengono validate con la deduzione e verificate con l'induzione. (Cliccare per approfondire)
Molto presto nella nostra evoluzione, noi umani ci siamo resi conto che il mondo non è fatto solo di puri fatti (quelli che oggi potremmo chiamare dati); piuttosto, questi fatti sono uniti da una intricata rete di relazioni causa-effetto. Spiegazioni causali, non puri fatti, costituiscono la maggior parte delle nostre conoscenze e dovrebbero essere la pietra angolare dell'intelligenza artificiale.
Conclusioni (provvisorie): Il ragionamento causale costituisce una pre-condizione per l'inferenza quotidiana dell'essere umano, cioè per l'abduzione.
Durante il processo di ominizzazione avvenuto nella preistoria, il ragionamento causale si è affermato come l'elemento più importante per il processo decisionale a causa della sua illimitata flessibilità comportamentale e cognitiva, che ha favorito la sopravvivenza della specie. Il ragionamento causale costituisce una pre-condizione per l'inferenza quotidiana dell'essere umano, cioè per l'abduzione. L'inferenza abduttiva è quel ragionamento che riguarda lo sviluppo e la scelta di ipotesi che spiegano meglio una situazione, cioè come vengono generate, valutate e testate le ipotesi esplicative. Secondo la psicologia evoluzionistica, il nostro cervello non si è evoluto per essere logico in senso generale ma per risolvere problemi sociali utili alla sopravvivenza. Per questo motivo noi eseguiamo facilmente solo quelle inferenze utili agli scambi sociali, ma abbiamo difficoltà in molti altri ragionamenti.
Il ciclo inferenziale è iterativo, vale a dire che esso deve essere ripetuto più volte per aumentare la probabilità che le conclusioni siano corrette. Nella realtà quotidiana questa condizione è rara perchè non sempre le abduzioni riescono ad avviare delle deduzioni dato che le verifiche possono rivelarsi difficili da praticare; infatti raramente si ha accesso alle informazioni rilevanti per lo scopo che ci si propone o non si ha tempo e voglia per considerare nuovi fatti e formulare nuove ipotesi. Nel ragionamento quotidiano, dunque, il ciclo inferenziale si blocca alle abduzioni e raramente si riesce a procedere verso successive inferenze che riducano l'incertezza insita nelle ipotesi. Nel ragionamento scientifico è diverso e, secondo Charles Sanders Peirce "Quello che si deve fare con le ipotesi è trarne le conseguenze per deduzione, confrontarle con i risultati degli esperimenti per induzione, e scartare l'ipotesi e provarne un'altra non appena la prima, come è presumibile, verrà rifiutata. Non possiamo sapere quanto ci vorrà prima che ci imbattiamo nell'ipotesi che resisterà a tutte le prove, ma speriamo che alla fine succeda."
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Bibliografia (chi fa delle buone letture è meno manipolabile)
- Sangeet S. Khemlani, Aron K. Barbey, Philip N. Johnson-Laird (2014), Causal reasoning with mental models [75 citazioni]
- Marlize Lombard, Peter Gärdenfors (2017), Tracking the evolution of causal cognition in humans [11 citazioni]
- Joshua B. Tenenbaum, Thomas L. Griffiths, Sourabh Niyogi (2003), Intuitive Theories as Grammars for Causal Inference (PDF) [122 citazioni]
Charles Sanders Peirce (2003), Opere,Testo fondamentale sull'epistemologia e la logica
- Salvatore Zingale Il ciclo inferenziale(2009),(PDF)Articolo esemplificativo sul ciclo inferenziale
Cultura e natura della spiegazione, (PDF) Il punto di vista di Gregory Bateson a proposito dell'abduzione
- Marcello Frixione (2007), Come ragioniamo Agile testo introduttivo alla logica formale e a quella ordinaria
- Leda Cosmides (1989), The logic of social exchange: Has natural selection shaped how humans reason?, (PDF) Articolo sulla genesi evoluzionistica del ragionamento umano
- Marco Trizio (2019), Modelli mentali
- Neil Robert Bramley (2017), Constructing the world: Active causallearning in cognition (Tesi di laurea) - Academia.edu
- Roberto Casati (2022), Le mille trappole che ci allontanano dalla logica - Sole24Ore 17 luglio 2022
- Roland Poellinger (2012), Concrete causation - About the structures of causal knowledge (PDF) [6 citazioni]
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Pagina aggiornata il 20 maggio 2023