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Cos'è la cooperazione interpretativa nell'analisi semiotica di un Testo. I testi sono rizomi?
TEORIE > METODI > ARGOMENTAZIONE
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La maggior parte di noi ha letto molti romanzi nel corso della propria vita, e magari quelli che abbiamo più apprezzato li abbiamo anche "riletti" in epoche differenti (io, ad esempio, ho letto "Viaggio al termine della notte" di Céline a ventanni e l'ho riletto a cinquanta: mi è piaciuto entrambe le volte ma non so il perchè). Il motivo per cui i libri che abbiamo letto ci sono piaciuti o non ci sono piaciuti è un mistero, forse perchè è difficile immaginare i motivi inconsci che ci hanno portato in quella direzione o forse perchè non l'abbiamo analizzato semioticamente. I motivi per cui un'opera ci piace o meno sono molteplici e vanno dalle nostre esigenze psicologiche del momento, alla formazione della nostra personalità, alla conferma/disconferma di certe credenze, o infinite altre, probabilmente perchè molti Testi sono dei "Rizomi", come sosteneva Umberto Eco, cioè delle opere aperte labirintiche. L’avvento di internet, infatti, ha già creato le condizioni per poter proseguire in questo cambiamento di paradigma, rappresentando la perfetta traduzione tecnologica del pensiero rizomatico: il web non obbliga ad una direzione, ma segnala concatenazioni e lascia liberi di giocare a creare connessioni, passando da un piano all’altro dello scibile. In questo senso ogni autore scrive il suo testo immaginando "mondi possibili", ovvero descrivendo situazioni che ricalcano la sua enciclopedia, cioè le leggi del mondo che egli ritiene reali. Ogni lettore fa la medesima operazione mentale ma, nel corso della lettura, è costretto a fare delle previsioni, che dipendono dalla propria enciclopedia, ovvero da ciò che egli sa già. Ogni scrittore immagina che il significato del suo testo sia traducibile in ogni altra lingua in virtù della sua struttura grammaticale. Non è così e Umberto Eco ci spiega perchè nel libro "Lector in fabula" dove scrive (p.51): "Un testo si distingue da altri tipi di espressione per una sua maggiore complessità. E motivo principale della sua complessità è proprio il fatto che esso è intessuto di non-detto. "Non-detto" significa non manifestato in superficie, a livello di espressione: ma è appunto un non-detto che deve venir attualizzato a livello di attualizzazione del contenuto. E a questo proposito un testo, più decisamente di ogni altro messaggio, richiede movimenti cooperativi attivi e coscienti da parte del lettore." Secondo Umberto Eco il testo è un meccanismo pigro che vive sul plusvalore di senso introdottovi dal lettore. Il lettore modello viene 'atteso' in certi nodi del testo. Lì viene richiesta la sua cooperazione. Eco conlude il libro scrivendo (p.216): "La disgrazia di questa fabula (lo scheletro della storia) serve a ricordare al lettore che esistono diversi tipi di testi. Alcuni richiedono un massimo di intrusione, non solo a livello di fabula, e sono testi "aperti". Altri invece fan mostra di richiedere la nostra cooperazione, ma sornionamente continuano a pensare a modo proprio, e sono "chiusi" e repressivi." L'interpretazione di testi (moderni) è stata affrontata negli anni '70 da Umberto Eco che ha proposto il metodo della 'cooperazione interpretativa' con la quale egli propone l'instaurazione di una cooperazione tra autore e lettore, basata sui criteri descritti dal semiologo Porfirio Bevilacqua che scrive: "A partire dagli anni settanta la semiotica non parla più di segno, ma di testo: non è più la singola parola, né la frase isolata da un contesto discorsivo, ma è il testo a costituirsi come il segno linguistico primario. L’interesse si sposta sulla generazione dei testi e sulla loro interpretazione. Si parla infatti di “svolta testuale". Un testo, nella sua superficie linguistica, è una catena di artifici espressivi che devono essere attualizzati dal destinatario. Un testo è dunque incompleto, in primo luogo perché prevede sempre una competenza grammaticale da parte del destinatario. Ma un testo è incompleto anche perché è sempre intessuto di un “non-detto” che richiede movimenti cooperativi attivi e coscienti da parte del lettore per essere attualizzato a livello di contenuto. Un testo è incompleto senza l’intervento di un lettore che, con la sua attività interpretativa, riempia di senso gli “spazi bianchi” di cui il testo è necessariamente intessuto." La semiologa Valentina Pisanty scrive: "Secondo Eco, l'interpretazione di un testo implica la comprensione dell'intentio operis attraverso l'intentio lectoris. Ma la domanda da porsi è: cos'è l'intentio operis e come si può conoscere? Ciò è particolarmente convincente poiché tale intenzione non è esplicita a livello superficiale del testo ma, piuttosto, attraverso vari indizi e suggerimenti che sono disseminati nel testo che il lettore è attivamente coinvolto nel riconoscere mentre eventualmente sviluppa una specifica interpretazione del testo stesso. Nella teoria della semiotica di Umberto Eco le nozioni di testo e interpretazione sono strettamente intrecciate: è impossibile definire l'una senza riferirsi all'altra. Da un lato, sembra abbastanza ovvio che se c'è interpretazione, ci deve essere qualcosa da interpretare. Questo qualcosa è il testo, che per Eco coincide con il segno peirceano (“qualcosa che sta per qualcuno per qualcosa in qualche aspetto o capacità”). D'altra parte, Eco presume che le possibilità interpretative di un testo siano in qualche misura incorporate nel testo stesso. Di conseguenza, quest'ultima diventa matrice di tutte le possibili letture: “un testo è un prodotto il cui esito interpretativo deve far parte del proprio meccanismo generativo”. Umberto Eco, quando ha scritto 'Lector in fabula', si riferiva a testi narrativi, tuttavia egli non ha escluso altri tipi di testi o diversi tipi di messaggi. Valentina Pisanty conclude con la seguente opinione sul senso di un testo “il senso di un testo è l’esito di una collaborazione tra testo e lettore e risiede perciò nella tensione che si stabilisce tra i due".

cooperazione interpretativa
Punto chiave di questa pagina
COOPERAZIONE INTERPRETATIVA: La cooperazione interpretativa è stata postulata da Umberto Eco nel libro 'Lector in fabula'. Umberto Eco ha scritto che un Testo viene emesso per qualcuno che lo attualizzi. L'attualizzazione di un testo è confronto tra i mondi descritti nel Testo e i mondi creduti dal lettore. Ogni testo può essere orientato dall'autore per essere un testo 'aperto' o un testo 'chiuso', nel senso che un testo può essere costruito come una scatola di Lego dove l'esito dipende da cosa il lettore decide di metterci, o come un puzzle dove alla fine viene sempre fuori la Gioconda, cioè quello che l'autore ha deciso di metterci. Di fronte a un testo 'aperto' il lettore deve decidere se attuare la semiosi illimitata, impegnandosi in una continua e progressiva interpretazione, o restringere il numero dei suoi possibili significati fino a interrompere l'interpretazione.
Secondo i semiologi Valentina Pisanty e Roberto Pellerey il senso di un testo è “l’esito di una collaborazione tra testo e lettore e risiede perciò nella tensione che si stabilisce tra i due". Questo sembra essere il principio basico dello sforzo che ogni lettore compie leggendo un testo, ed ecco perchè la lettura di un testo è benefica sia per l'autore che l'ha scritto, sia per i lettori di esso (in misura dipendente dalle caratteristiche di ognuno (bisogni, desideri, momento temporale, conoscenze pregresse, sensibilità, ecc.).
Punti di riflessione
Il complesso della vita sociale è principalmente una realtà fatta di segni.  Di segni che significano determinati concetti. Le parole stesse sono già dei segni; ogni parola è un segno linguistico che rimanda al suo correlativo significato. Ogni segno, però – che sia immagine, parola, gesto, simbolo – ha pur sempre una natura convenzionale. La parola “casa”, ad esempio, di certo non somiglia a una casa, ma il suo segno, il suo insieme di lettere, produce un morfema, un lemma, che diventa il referente linguistico di un oggetto fisico esistente. Tale parola sarebbe un segno visivo, se lo leggessimo; un segno acustico se invece la percepiamo e la comprendiamo con l’udito. (Francesco Macaluso)
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Per  rendere  conto  degli oggetti  della realtà esterna noi  abbiamo  bisogno  di segni.  Il segno  quindi  costituisce  il  fulcro  della semiosi,  in  quanto  media  tra l’oggetto  e l’interpretante:  un  segno  è determinato  da un  oggetto  e genera un  interpretante. (Charles Sanders Peirce p.6)
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La semiosi è il processo di cooperazione tra i segni, i loro oggetti e i loro interpretanti. (Michael Hoffmann p.19)
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Ogni pensiero è un segno e ogni azione o ragionamento consiste nell'interpretazione di segni. I segni funzionano come mediatori tra il mondo esterno degli oggetti e il mondo interno delle idee. (Michael Hoffmann p.18)
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Ciò che è in gioco [nel cercare l'origine culturale della semiotica] è una ricerca di identità per la semiotica che, a pochi decenni dalla sua nascita, ha ampliato sempre più il campo del proprio interesse e della propria applicazione, fino a farlo coincidere con l'insieme dei fenomeni culturali, intesi come fenomeni di comunicazione e di senso (Giovanni Manetti p.7)
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La semiotica ha raggiunto la sua attuale maturità quando ci si è resi ben conto che i segni non servono solo a pensare, riflettere, contemplare, rappresentare il mondo, ma anche, e soprattutto ed essenzialmente "a trasformare il mondo": insomma che gli uomini emettendo agli altri e a se stessi dei segni compiono azioni, azioni trasformative. (Massimo Bonfantini p.12)
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La semantica (dal greco semeion = segno), è la disciplina che studia il rapporto dei segni con gli oggetti cui si riferiscono, ossia il rapporto di designazione. Il termine fu coniato per la prima volta da Brèal nel 1897, e compare nel titolo del suo saggio, col quale la suddetta disciplina fu presentata per la prima volta (Essais de semantique. Science des significations). La semantica è quindi quella parte della linguistica – e in particolare della logica – che studia e analizza la funzione significatrice dei segni, i nessi tra i segni linguistici (parole, frasi, ecc.) e i loro significati. (Francesco Macaluso)
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Approfondire  una  teoria  del  segno  facendone  un  elemento  fondamentale  in  un  processo  epistemologico significa  interrogarsi  se  e  in  che  misura  il  segno  entra  a  far  parte  delle  normali  procedure  attraverso  le  quali  è  prodotta ed  acquisita  la  conoscenza.  Nel  far  questo  la  moderna  teoria  del  segno  si  inserisce  in  una  lunga  tradizione,  un  “fiume carsico”,  come  l’ha  definito  Umberto  Eco,  soggiacente  al  pensiero  filosofico,  che  parte  dall’antichità  classica  e, attraversando il   Medio Evo e  l’Età  moderna,  giunge  poi  fino  al  Novecento  e  viene  consegnata  all’epoca contemporanea. (workshop)
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Lo scopo del ragionamento è procedere dal riconoscimento della verità che già conosciamo alla conoscenza di una nuova verità. Questo lo possiamo fare per istinto o per un'abitudine di cui siamo a malapena consapevoli. (Charles Sanders Peirce)
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Noi siamo emozioni, sentimenti, siamo pensieri… e al tempo stesso siamo, nell’immediato concreto, anche segni, a nostra volta immersi in un universo sociale di segni, in ogni istante rechiamo, connaturati a noi, anche i segni del nostro pensiero, del nostro essere, del nostro modo di vivere. (Francesco Macaluso)
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La semiotica è “lo studio sistematico del significato”, dove tra i tanti diversi tipi di significato, i segni sono un tipo speciale (e importante). [...] Ciò che rende la coscienza umana diversa da quella di altri primati è dovuto soprattutto a uno o più aspetti della funzione segno, piuttosto che alla lingua in sé. (Jordan Zlatev)
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Il rizoma è una radice-tubero come, per esempio lo zenzero. Tale figura viene utilizzata dalla Semiotica Interpretativa per indicare la struttura antilogica, aperta e partecipativa dell’enciclopedia. Ciò che Umberto Eco denomina “enciclopedia” è dato dall’insieme di tutte le conoscenze di cui possiamo disporre. Ogni materia ed argomento si collegano virtualmente e potenzialmente ad altri campi del sapere in una sorta d’interconnessione continua, in questo senso essa viene definita come partecipativa. Ogni tema costituisce un nodo collegato ad un altro nodo creando una specie di rete: oggi, probabilmente, anziché utilizzare la dizione “enciclopedia” sarebbe più indicato volgersi verso i termini “internet” oppure “web”. (Anairesis)
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La logica del rizoma proposta da Deleuze consente di stabilire relazioni con il concetto di ipertesto (LÉVY, 1996), quando allude a uno spazio informativo virtuale in cui esiste una rete che collega l'idea esposta ad altri collegamenti, ad altri testi, altri visioni e possibilità. Per concettualizzare l'ipertesto, Pierre Lévy (1996) traccia parallelismi tra questo fenomeno e il lavoro di lettura, che consiste in uno sforzo per “strappare, accartocciare, torcere, ricucire il testo per aprire un mezzo vivo in cui possa dispiegarsi il significato” (p. 36). Afferma quindi che questo significato si costruisce nel corso della lettura e del contatto con il testo. In questo contatto, il rapporto con altri testi e l'atto di attivare la gamma delle percezioni possibili è ciò che finisce per costituire il lettore e l'atto di leggere. (KEALAKEKUA)
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per Dewey, la vera chiave per capire è fare le cose insieme. (Dyehouse)
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Gli alberi e le radici si espandono in profondità, hanno un centro e sono organizzati secondo il principio gerarchico, mentre il rizoma si estende in ampiezza e ha una struttura con un centro mancante, che riflette connessioni piatte, interspecifiche e non gerarchiche. Un rizoma come modello di cultura, storia e socialità si contrappone alla struttura organizzativa tradizionale radicale, che è ricerca della fonte originaria, quella che ritorna a se stessa, o corona la sua punta risalendo al suo apice, in cui trova il suo compimento. Rizoma “non ha inizio né fine; è sempre nel mezzo, tra le cose, intermezzo” (Deleuze&Guattari). (Julie Reshe)
Ogni azione che l'essere umano compie è rivolta a trasformare il suo mondo ed egli lo fa culturalmente, cioè egli guarda, riflette, rappresenta allo scopo di compiere azioni trasformative sul mondo.
Cos'è un Testo, dal punto di vista semiotico?
Il semiologo Porfirio Bevilacqua (probabilmente un alter ego di Umberto Eco) scrive (vedi bibliografia 2011) e, soprattutto, la presentazione ppt dopo questo testo:

Cos'è un Testo
A partire dagli anni settanta la semiotica non parla più di segno, ma di testo: non è più la singola parola, né la frase isolata da un contesto discorsivo, ma è il testo a costituirsi come il segno linguistico primario. L’interesse si sposta sulla generazione dei testi e sulla loro interpretazione. Si parla infatti di “svolta testuale". Un testo, nella sua superficie linguistica, è una catena di artifici espressivi che devono essere attualizzati dal destinatario. Un testo è dunque incompleto, in primo luogo perché prevede sempre una competenza grammaticale da parte del destinatario. Ma un testo è incompleto anche perché è sempre intessuto di un “non-detto” che richiede movimenti cooperativi attivi e coscienti da parte del lettore per essere attualizzato a livello di contenuto. Un testo è incompleto senza l’intervento di un lettore che, con la sua attività interpretativa, riempia di senso gli “spazi bianchi” di cui il testo è necessariamente intessuto. Questa affermazione può essere interpretata in due modi, uno più moderato e uno più radicale, che è quello sostenuto da Eco nel "Lector in Fabula" (1979): "Il testo non comunica nulla senza l’intervento di un destinatario competente in grado di comprenderlo. Qualunque espressione postula sempre il destinatario come l’operatore in possesso dei codici necessari per assegnare un senso all’occorrenza espressiva (competenza grammaticale). Il testo non solo non è in grado di comunicare nulla, ma non è neppure in grado di significare alcunché in assenza di un interprete competente. Il significato non è una proprietà intrinseca del testo, ma si situa tra il testo e le sue interpretazioni possibili. Un testo postula il proprio destinatario come condizione indispensabile non solo della propria capacità comunicativa concreta ma anche della propria potenzialità significativa. In altri termini, un testo viene emesso per qualcuno che lo attualizzi. Il testo è dunque intessuto di spazi bianchi, di interstizi da riempire, e chi lo ha emesso prevedeva che essi fossero riempiti e li ha lasciati bianchi per due ragioni. Anzitutto perché un testo è un meccanismo pigro (o economico) che vive sul plusvalore di senso introdottovi dal destinatario. E in secondo luogo perché, via via che passa dalla funzione didascalica a quella estetica, un testo vuole lasciare al lettore l’iniziativa interpretativa, anche se di solito desidera essere interpretato con un margine sufficiente di univocità. Un testo vuole che qualcuno lo aiuti a funzionare. Se un testo fosse del tutto esplicito, se evidenziasse tutti i propri presupposti (ammesso che sia possibile), sarebbe insopportabilmente ridondante. Il testo è per Eco una macchina presupposizionale che stimola il lettore ad attualizzare diverse presupposizioni. Il lettore, attraverso un’attività inferenziale, attualizzerà uno (o più) dei percorsi interpretativi possibili del testo stesso. Dunque, è difficile dire dove finisce il senso come proprietà intrinseca del testo e dove inizia il senso come frutto dell’iniziativa del lettore, perché il senso è “l’esito di una collaborazione tra testo e lettore e risiede perciò nella tensione che si stabilisce tra i due” (Pisanty e Pellerey, 2004). L’attività interpretativa del lettore è ipotetica (abduttiva), ma comunque vincolata dal testo stesso: il testo anticipa e indirizza le mosse del lettore attraverso indizi disseminati sulla superficie espressiva che mirano a incanalare le inferenze in alcuni percorsi prestabiliti. Il testo è il risultato di una strategia dell’autore che mira a far compiere al lettore una serie di operazioni cognitive tali da fargli attualizzare certi percorsi interpretativi e dunque a fargli comprendere nel modo più opportuno il significato del testo stesso. Un testo è un prodotto la cui sorte interpretativa deve far parte del proprio meccanismo generativo: generare un testo significa attuare una strategia di cui fan parte le previsioni delle mosse altrui – come d’altra parte in ogni strategia. Si stabilisce tra autore e lettore un gioco di attese reciproche, come in una partita di scacchi. Lo stratega si disegna sempre un modello di avversario. Così, l’autore deve immaginare quali siano le competenze linguistiche ed enciclopediche, le aspettative, le credenze, i pregiudizi ideologici etc. del lettore stesso. L’attualizzazione dei contenuti è concepita come una serie di mosse interpretative che riguardano i movimenti compiuti dal lettore in intensione (per ricostruire le strutture di senso intrinseche al testo), in estensione (per decidere se il testo si riferisce a individui/eventi del “mondo reale” oppure a mondi narrativi diversi).

Il Topic, la Fabula e l'Isotopia
Sul versante delle intensioni, una delle mosse interpretative fondamentali consiste nella decisione circa il topic del discorso, cioè l’argomento di cui si parla. Nel processo di lettura del testo, l’interprete conferisce senso alle espressioni che incontra, con lo scopo di trovare un piano di coerenza all’interno del testo. A ogni fase, il lettore procede abduttivamente avanzando ipotesi sul topic (o tema) del discorso: man mano i contenuti delle singole proposizioni sono condensati in unità di contenuto più ampie e dai topic parziali si passa ai topic globali.
Il topic è movimento cooperativo, è uno “schema abduttivo proposto dal lettore (Eco, 1979): [ “di che cosa si sta parlando?” “si sta probabilmente parlando di questo”]. Il topic è il risultato di un lavoro inferenziale ma la topicalizzazione è in larga misura guidata dal testo stesso, in particolare dal paratesto e da indizi linguistici che mirano a evidenziare la presenza di isotopie testuali. Le ridondanze semantiche (permanenza di semi astratti e concreti lungo il testo o lungo parti di esso) o isotopie permettono all’interprete di decidere circa il topic. Il topic non appartiene al “contenuto” del racconto, ma è un’ipotesi sempre temporanea, fondata sulla porzione di testo che il lettore ha già letto, ipotesi che, nel corso della lettura, può venire confermata e specificata, ma anche corretta e persino sovvertita. Soltanto il topic finale, ovvero la ricostruzione retrospettiva della macro struttura testuale che si può raggiungere una volta terminato il processo di lettura, potrà corrispondere (seppure a un livello differente) al contenuto del racconto, sempre ammesso, ovviamente, che la strategia interpretativa messa in atto dal lettore sia stata felice. All’interno del testo non vi è un unico topic, ma piuttosto una gerarchia di topic, dal topic di frase a topic discorsivi e narrativi, che attraversa tutti i livelli del testo, fino ad arrivare al macro-topic globale che sussume in se tutti gli altri.
L’isotopia è un fenomeno semantico, mentre il topic è un fenomeno pragmatico.
Attualizzando segmenti sempre più ampi di testo, il lettore inizia a sintetizzare i dati di cui dispone in sequenze narrative, attraverso una serie di macroproposizioni. La formulazione delle macroproposizioni narrative coincide con la ricostruzione della fabula (lo schema fondamentale della narrazione, la logica delle azioni e la sintassi dei personaggi, il corso degli eventi ordinato temporalmente). Il formato della fabula dipende dall’iniziativa cooperativa: si costruisce la fabula al livello di astrazione che si giudica interpretativamente più fruttuoso. Attraverso l’identificazione del topic il lettore stabilisce all’interno del contenuto del testo uno (o più) livelli di coerenza interpretativa, detto isotopia. L’isotopia può essere considerata, in prima approssimazione come una ricorrenza presente a uno dei livelli del contenuto di un testo. Si dice isotopia una ricorrenza di categorie semantiche all’interno del testo. “Insieme di categorie semantiche ridondanti che rendono possibile la lettura uniforme di una storia” (Greimas). L’isotopia è un elemento di coesione del testo e rende possibile la sua comprensione da parte del lettore. Per Eco, che riprende il termine nell’ambito di uno studio sull’interpretazione dei testi, esso si può definire generalmente come “ la coerenza di un percorso di lettura, ai vari livelli testuali”. Essa costituisce un livello di coerenza interpretativa. Serve per la disambiguazione di un enunciato. Ogni testo è pluriisotopico, in esso cioè possiamo riscontrare sempre un numero più o meno ampio di isotopie. Alcune isotopie sorreggeranno tutto il testo, altre varranno (ad esempio) soltanto per un capitolo, un paragrafo, una frase. Il fatto che alcune isotopie possano essere sottese a un intero testo fa sì che quest’ultimo possa essere studiato (a livello del significato profondo) come lo sviluppo di una o più categorie semantiche in opposizione. L’isotopia è un fenomeno semantico (che riguarda dunque il significato dei sememi di un testo), Il topic è fenomeno pragmatico, relativo all’attività interpretativa del lettore, il quale attraverso l’identificazione del topic (ovvero, dell’argomento) rende conto di determinate regolarità presenti nel testo. Attraverso il riconoscimento del topic narrativo il lettore può pervenire all’identificazione della fabula; la sua ricostruzione da parte del lettore svolge un ruolo essenziale nel processo di cooperazione interpretativa. Nel corso della lettura, infatti, il lettore è chiamato a collaborare facendo delle previsioni sui possibili sviluppi della narrazione. «Ogni qualvolta il lettore perviene a riconoscere nell’universo della fabula ... l’attuazione di una azione che può produrre un cambiamento nello stato del mondo narrato, introducendo così nuovi corsi di eventi, esso è indotto a prevedere quale sarà il cambiamento di stato prodotto dall’azione e quale sarà il nuovo corso di eventi». In altre parole: «il lettore Modello è chiamato a collaborare allo sviluppo della fabula anticipandone gli stati successivi. L’anticipazione del lettore costituisce una porzione di fabula che dovrebbe corrispondere a quella che egli sta per leggere. Una volta che avrà letto si renderà conto se il testo ha confermato o no la sua previsione».

Interpretazione tra estensioni e intensioni
Sul versante delle estensioni, il lettore deve decidere se ha di fronte una narrativa naturale o una narrativa artificiale, assumendo provvisoriamente un principio di identità tra mondo testuale e mondo dell’esperienza reale (estensioni parentesizzate). Nel processo (lineare) di lettura/interpretazione, il lettore si costruisce un’immagine (in perenne evoluzione) del mondo narrativo e del tipo di eventi che ci si può attendere al suo interno. Nel corso dell’allestimento del mondo narrativo (sia esso un mondo presentato come “reale” o mondo possibile finzionale) il lettore è sollecitato a collaborare con il testo, anticipando gli stati successivi della fabula. Per azzardare previsioni che abbiano una minima probabilità di soddisfare il corso della storia, il lettore esce dal testo. (…) Per azzardare la sua ipotesi il lettore deve ricorrere a sceneggiature comuni o intertestuali. Chiamiamo queste fuoriuscite dal testo (per rientrarvi carichi di bottino intertestuale) passeggiate inferenziali. Eco visualizza la fabula come una sorta di rete di svincoli ferroviari: quando arriva a certi punti di disgiunzione di probabilità (snodi narrativi) il lettore è invitato ad azzardare alcuni sviluppi possibili che poi vengono confermati, disattesi o lasciati in sospeso dal testo. Il lettore, giunto a uno snodo narrativo, configura un possibile corso di eventi o un possibile stato di cose e con le sue inferenze contribuisce alla costruzione dei mondi possibili testuali. Un mondo possibile “consiste di un insieme di individui forniti di proprietà. Siccome alcune di queste proprietà o predicati sono azioni, un mondo possibile può essere visto anche come un corso di eventi. Siccome questo corso di eventi non è attuale, ma appunto possibile, esso deve dipendere dagli atteggiamenti proposizionali di qualcuno, che lo afferma, lo crede, lo sogna, lo desidera, lo prevede, eccetera.” (Eco, 1979)
Il testo non ammette di essere interpretato in qualunque modo possibile, ma si pone sempre come il parametro delle sue interpretazioni possibili. Il lettore fa una congettura sull’intentio operis ma essa può essere accettata solo se viene riconfermata dal complesso del testo come un tutto organico: per essere accettabile, una lettura va confrontata con i dati testuali. Un testo è “la strategia che costituisce l’universo delle sue interpretazioni - se non ‘legittime’- legittimabili.” (Eco, 1979)

Quando l'interpretazione fallisce
Il lettore empirico è però liberissimo di trascurare i segnali che il testo gli fornisce per indicare il modo in cui si aspetta di essere letto. Ma allora il lettore rinuncia all’interpretazione del testo: non abbiamo più cooperazione interpretativa ma un uso incontrollato (fuorviante) del testo. Il testo interpretato impone delle restrizioni ai suoi interpreti: i limiti dell’interpretazione coincidono con i diritti del testo. Questo non significa escludere la collaborazione del destinatario: la nozione di interpretazione coinvolge sempre la coppia testo-lettore, ossia una dialettica tra strategia dell’autore e risposta del Lettore Modello.

Chi sono il Lettore Modello e l'Autore Modello
Il lettore modello ha le seguenti competenze: abilità linguistiche e retoriche, capacità semantiche, conoscenze relative ai codici culturali e alle convenzioni letterarie, nozioni enciclopediche, riguardanti l’universo socio-culturale di appartenenza e quello descritto dal testo, informazioni circostanziali (relative cioè alle circostanze dell’enunciazione) ecc. Il Lettore Modello non corrisponde ovviamente al Lettore Reale (che, tra l’altro, sarebbe impossibile da determinare a priori nella sua concretezza), ma è un’entità simulacrale immanente al testo: è il lettore ideale che un determinato testo richiede. In quanto lettore ideale, esso si realizzerà soltanto parzialmente nei diversi lettori reali, i quali possono anche non disporre di tutte le competenze richieste dal testo. Da parte sua il testo non si limita a postulare, ma entro certi limiti partecipa esso stesso alla costruzione del proprio Lettore Modello, suggerendogli informazioni che egli non possiede, orientandone l’attività interpretativa in certe direzioni piuttosto che in altre, a volte addirittura depistandolo (come nel caso dei romanzi gialli ad enigma o delle narrazioni con finale a sorpresa). Non si deve però pensare al Lettore Modello soltanto come un insieme di competenze di tipo cognitivo. Il Lettore Modello di un testo è costituito anche dall’insieme degli stati d’animo e delle intenzioni, in una parola dagli atteggiamenti con i quali ci si deve accostare al testo. Allo stesso modo in cui prevede un lettore modello, presuppone anche un Autore Modello, a sua volta distinto dall’Autore Reale: se quest’ultimo è colui che materialmente ha redatto il testo, l’autore modello è invece ancora una volta un simulacro testuale. Esso corrisponde all’immagine che il testo offre del suo Autore; tale immagine per altro può essere spesso assai diversa da quella che sappiamo essere la realtà.

N.B. I contenuti di Porfirio Bevilacqua sono in grassetto, gli altri sono tratti da unipi.it
Nel processo (lineare) di lettura/interpretazione, il lettore si costruisce un’immagine (in perenne evoluzione) del mondo narrativo e del tipo di eventi che ci si può attendere al suo interno.
In che modo affrontare un testo e tentare di interpretarlo
Umberto Eco
Lector in fabula - p.72
Secondo Umberto Eco il lettore modello viene 'atteso' in certi nodi del testo. Lì viene richiesta la sua cooperazione
Secondo i semiologi Valentina Pisanty e Roberto Pellerey il senso di un testo è “l’esito di una collaborazione tra testo e lettore e risiede perciò nella tensione che si stabilisce tra i due"
Mappa concettuale della 'cooperazione interpretativa'
mappa concettuale
Umberto Eco
Umberto Eco
Umberto Eco
Umberto Eco
Come tentare di applicare la cooperazione interpretativa
Qualche consiglio per 'tentare' la cooperazione interpretativa su un testo, nonostante la varietà delle interpretazioni possibili, potrebbe essere la risposta a queste domande:

  • Qual è il Topic del testo?
  • Elencare i Topic parziali e il Topic totale
  • Individuare la Fabula e i suoi 'snodi' narrativi
  • Elencare le congetture dell' 'intentio operis'
Il Web è il Rizoma della modernità
Il termine, che non è proprio tra i più conosciuti, proviene dalla botanica: il Rizoma è infatti presente in molte piante erbacee, e si presenta all’apparenza come una radice molto diramata, ma è invece una vera e propria porzione di fusto che si sviluppa sotto il livello del suolo, possiede gemme proprie e funziona da deposito di sostanze nutrienti. L’aspetto del Rizoma, per la sua ramificazione, connessione ed estensione, esprime una rappresentazione concettuale molto interessante: qualsiasi punto è connesso a ognuno degli altri attraverso un’espansione multidirezionale.
Il rizoma rende visibili livelli trasversali di interpretazione
MAPS Spa, un'azienda che si occupa di dati e complessità, scrive:

Jung fu tra i primi ad affermare come la vita gli facesse pensare a una pianta che vive del suo Rizoma: qualcosa che esiste in un contesto nascosto, sotterraneo, capace di perpetuare il flusso vitale senza lasciare che si interrompa, ben oltre i cambiamenti ed il fluire di quanto accade in superficie. Il medesimo concetto filosofico è il contenuto cardine di un poderoso volume scritto dal filososo Gilles Deleuze e dallo psicoanalista Félix Guattari, entrambi francesi. Si tratta di “Mille Piani”*, prodotto editoriale concepito esso stesso su più livelli, in una struttura innovativa e originale dove ogni capitolo può essere letto sia partendo da qualunque altro che procedendo nella lettura in modo tradizionale e sequenziale. Il concetto stesso di “Rizoma”, che rende visibili tali livelli trasversali di interpretazione, è sostenuto da una linea di pensiero opposta a quella tipica della filosofia tradizionale, definita “arborescente”, che procede in modo gerarchico e lineare, definendo categorie di significato rigide e definite una volta per tutte, secondo un approccio tuttora dominante in molte discipline. I due studiosi francesi – attraverso i loro studi e le loro riflessioni – riconoscono tuttavia al pensiero veramente creativo e aperto al cambiamento la vera e propria necessità di diventare “rizomatico”, al fine di riverberarsi in maniera potenzialmente vantaggiosa sia per il singolo che per la collettività. Il Rizoma, infatti, dotato di molteplici centri di partenza, è capace di progredire senza stabilire gerarchie interne, ed è vocato naturalmente a creare una comunicazione produttiva attraverso l’interazione tra due o più punti in qualsiasi direzione.
Il 'pensiero rizomatico' è quello veramente creativo della modernità interpretativa, ovvero quello che rende visibili livelli trasversali di interpretazione, quello che elimina ogni gerarchia. E' stato evocato e descritto nel libro “Mille Piani” dal filosofo Gilles Deleuze e dallo psicoanalista Félix Guattari. Il pensiero rizomatico si oppone al pensiero critico il quale invece dell'apertura al 'possibile' (che è infinito) spinge a limitare la propria attenzione all' 'utile' (che è evolutivo).
Il Rizoma è una rete di molteplicità
I rizomi segnano una concezione orizzontale e non gerarchica, dove qualsiasi cosa può essere collegata a qualsiasi altra, senza alcun rispetto per specie specifiche: i rizomi sono legami eterogenei tra le cose. (Cliccare per approfondire)
Cos'è un Rizoma
Dal punto di vista sociale un rizoma è la metafora di una rete di molteplici connessioni non lineari non gerarchiche in opposizione alle strutture gerarchiche della società e dell'ordine sociale.
Invece, dal punto di vista botanico l'ambientalista e vivaista Enrico Proserpio scrive:

Il rizoma, come il tubero, è un fusto trasformato, dall’aspetto allungato e strisciate. Cresce sotto la superficie del suolo, affiorando a volte parzialmente, e ha funzione di riserva. Un tipico esempio è l’Iris barbata o giaggiolo, fiore piuttosto diffuso nei giardini italiani. Molte piante hanno rizomi più sottili e lunghi che svolgono anche l’importante funzione di diffondere la pianta sul terreno. I rizomi infatti emettono radici, foglie e fusti da ogni nodo ampliando la porzione di terreno occupata dalla pianta. È il caso di molte graminacee tra cui la famigerata gramigna (Cynodon dactylon) che in questo modo riesce a infestare i prati velocemente e, ahimè, molto efficientemente. Altro esempio tipico è il bambù, il quale, se non contenuto, diviene infestante e assai difficile da estirpare. I suoi rizomi infatti sono lunghi, profondi, legnosi e molto duri.
Rizomi di Iris
rizoma
Molte piante hanno sviluppato, nel corso dell’evoluzione, organi sotterranei (o, raramente, aerei), atti ad accumulare sostanze nutritive, che permettono la sopravvivenza nei periodi critici (l’inverno in Europa, la stagione secca in Africa…).
Un rizoma come modello di cultura, storia e socialità si contrappone alla struttura organizzativa tradizionale radicale, che è ricerca della fonte originaria, quella che ritorna a se stessa, o corona la sua punta risalendo al suo apice, in cui trova il suo compimento. Rizoma “non ha inizio né fine; è sempre nel mezzo, tra le cose, intermezzo”
Conclusioni (provvisorie): L'interpretazione di un testo è l’esito di una collaborazione tra testo e lettore e risiede perciò nella tensione che si stabilisce tra i due
La maggior parte di noi ha letto molti romanzi nel corso della propria vita, e magari quelli che abbiamo più apprezzato li abbiamo anche "riletti" in epoche differenti (io, ad esempio, ho letto "Viaggio al termine della notte" di Céline a ventanni e l'ho riletto a cinquanta: mi è piaciuto entrambe le volte ma non so il perchè). Il motivo per cui i libri che abbiamo letto ci sono piaciuti o non ci sono piaciuti è un mistero, forse perchè è difficile immaginare i motivi inconsci che ci hanno portato in quella direzione o forse perchè non l'abbiamo analizzato semioticamente. I motivi per cui un'opera ci piace o meno sono molteplici e vanno dalle nostre esigenze psicologiche del momento, alla formazione della nostra personalità, alla conferma/disconferma di certe credenze, o infinite altre, probabilmente perchè molti Testi sono dei Rizomi, come sosteneva Umberto Eco, cioè delle opere aperte labirintiche. Ogni autore scrive il suo testo immaginando "mondi possibili", ovvero descrivendo situazioni che ricalcano la sua enciclopedia, cioè le leggi del mondo che egli ritiene reali. Ogni lettore fa la medesima operazione mentale ma, nel corso della lettura, è costretto a fare delle previsioni, che dipendono dalla propria enciclopedia, ovvero da ciò che egli sa già. Ogni scrittore immagina che il significato del suo testo sia traducibile in ogni altra lingua in virtù della sua struttura grammaticale. Non è così e Umberto Eco ci spiega perchè nel libro "Lector in fabula" dove scrive (p.51): "Un testo si distingue da altri tipi di espressione per una sua maggiore complessità. E motivo principale della sua complessità è proprio il fatto che esso è intessuto di non-detto. "Non-detto" significa non manifestato in superficie, a livello di espressione: ma è appunto un non-detto che deve venir attualizzato a livello di attualizzazione del contenuto. E a questo proposito un testo, più decisamente di ogni altro messaggio, richiede movimenti cooperativi attivi e coscienti da parte del lettore." Secondo Umberto Eco il testo è un meccanismo pigro che vive sul plusvalore di senso introdottovi dal lettore. Il lettore modello viene 'atteso' in certi nodi del testo. Lì viene richiesta la sua cooperazione. Eco conlude il libro scrivendo (p.216): "La disgrazia di questa fabula (lo scheletro della storia) serve a ricordare al lettore che esistono diversi tipi di testi. Alcuni richiedono un massimo di intrusione, non solo a livello di fabula, e sono testi "aperti". Altri invece fan mostra di richiedere la nostra cooperazione, ma sornionamente continuano a pensare a modo proprio, e sono "chiusi" e repressivi." L'interpretazione di testi (moderni) è stata affrontata negli anni '70 da Umberto Eco che ha proposto il metodo della 'cooperazione interpretativa' con la quale egli propone l'instaurazione di una cooperazione tra autore e lettore, basata sui criteri descritti dal semiologo Porfirio Bevilacqua che scrive: "A partire dagli anni settanta la semiotica non parla più di segno, ma di testo: non è più la singola parola, né la frase isolata da un contesto discorsivo, ma è il testo a costituirsi come il segno linguistico primario. L’interesse si sposta sulla generazione dei testi e sulla loro interpretazione. Si parla infatti di “svolta testuale". Un testo, nella sua superficie linguistica, è una catena di artifici espressivi che devono essere attualizzati dal destinatario. Un testo è dunque incompleto, in primo luogo perché prevede sempre una competenza grammaticale da parte del destinatario. Ma un testo è incompleto anche perché è sempre intessuto di un “non-detto” che richiede movimenti cooperativi attivi e coscienti da parte del lettore per essere attualizzato a livello di contenuto. Un testo è incompleto senza l’intervento di un lettore che, con la sua attività interpretativa, riempia di senso gli “spazi bianchi” di cui il testo è necessariamente intessuto." La semiologa Valentina Pisanty scrive: "Secondo Eco, l'interpretazione di un testo implica la comprensione dell'intentio operis attraverso l'intentio lectoris.
Ma la domanda da porsi è: cos'è l'intentio operis e come si può conoscere? Ciò è particolarmente convincente poiché tale intenzione non è esplicita a livello superficiale del testo ma, piuttosto, attraverso vari indizi e suggerimenti che sono disseminati nel testo che il lettore è attivamente coinvolto nel riconoscere mentre eventualmente sviluppa una specifica interpretazione del testo stesso. Nella teoria della semiotica di Umberto Eco le nozioni di testo e interpretazione sono strettamente intrecciate: è impossibile definire l'una senza riferirsi all'altra. Da un lato, sembra abbastanza ovvio che se c'è interpretazione, ci deve essere qualcosa da interpretare. Questo qualcosa è il testo, che per Eco coincide con il segno peirceano (“qualcosa che sta per qualcuno per qualcosa in qualche aspetto o capacità”). D'altra parte, Eco presume che le possibilità interpretative di un testo siano in qualche misura incorporate nel testo stesso. Di conseguenza, quest'ultima diventa matrice di tutte le possibili letture: “un testo è un prodotto il cui esito interpretativo deve far parte del proprio meccanismo generativo”. Umberto Eco, quando ha scritto 'Lector in fabula', si riferiva a testi narrativi, tuttavia egli non ha escluso altri tipi di testi o diversi tipi di messaggi. Valentina Pisanty conclude con la seguente frase sul senso di un testo “è l’esito di una collaborazione tra testo e lettore e risiede perciò nella tensione che si stabilisce tra i due".
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Pagina aggiornata il 26 giugno 2023

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Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione 2.5 Generico
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