Cosa (credo) di pensare
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Il Monte Analogo
La ricerca dell'identità personale nel romanzo di Renè Daumal: "e voi, che cosa cercate? " (Fonte foto: Hashimuki Makoto)
“Non si può restare sempre sulle vette, bisogna ridiscendere… A che pro allora? Ecco: l’alto conosce il basso, il basso non conosce l’alto. Salendo devi prendere sempre nota delle difficoltà del tuo cammino; finché sali puoi vederle. Nella discesa, non le vedrai più, ma saprai che ci sono, se le avrai osservate bene.“ (Renè Daumal)
Come sono oggi
La difficoltà di rispondere alla domanda: chi sei?
La letteratura presenta moltissimi esempi di percorsi di ricerca dell'identità; uno di questi l'ha descritto lo scrittore Renè Daumal, nel libro 'Il Monte Analogo'. Si tratta della descrizione del viaggio metaforico, per mare e per terra, di un gruppo di persone alla ricerca della propria identità. Arrivati per mare alle pendici del Monte Analogo, sulla cui cima è possibile ricevere la risposta alla loro domanda, si apprestano all'ascensione (pp.90-91):
Sembrava davvero che fossimo attesi. Era proprio come un villaggio mediterraneo di pescatori. Non ci sentivamo spaesati. Il capo della flottiglia ci condusse in silenzio a una casa bianca, dentro una stanza nuda piastrellata di rosso, dove un uomo vestito da montanaro ci ricevette su un tappeto. Parlava perfettamente francese, ma a volte col sorriso interiore di chi trova molto strane le espressioni che deve usare per farsi capire. Traduceva certamente, senza esitazioni e con correttezza, ma visibilmente traduceva. Ci interrogò uno dopo l'altro. Ogni sua domanda - del resto molto semplice: chi eravamo? perchè venivamo? - ci prendeva alle viscere. Chi è lei? Chi sono io? Non potevamo rispondergli come a un agente consolare o a un impiegato delle dogane. Dire il proprio nome, la propria professione? - che cosa significa? Ma chi sei? E che cosa sei? Le parole che pronunciavamo - non ne avevamo altre - erano senza vita, ripugnanti o ridicole come dei cadaveri. Sapevamo che d'ora innanzi, di fronte alle guide del Monte Analogo, non avremmo più potuto accontentarci di parole.
Quali idee mi rappresentano (oggi)
Resistendo alle osservazioni di Renè Daumal, sull'impossibilità (e inutilità) di descriversi, ho deciso di elencare alcuni "nodi" che, penso, mi rappresentino.
In quale mondo viviamo?
Noi viviamo in un mondo reale nel quale possiamo fare le nostre riflessioni e attuare le nostre azioni, ma la nostra specie è tra le poche (a parte i primati e alcune specie di uccelli) che può vivere, mentalmente, in più "mondi possibili". Questa straordinaria capacità ha dato all'essere umano la possibilità di immaginare e, successivamente, realizzare artefatti, prodotti, stili di vita che hanno creato la cultura umana. Il filosofo Maxwell John Cresswell ha spiegato le supposizioni controfattuali che avvengono nei "mondi possibili". Egli ha scritto: "I mondi possibili sono cose di cui possiamo parlare o che possiamo immaginare, ipotizzare, in cui possiamo credere o che possiamo auspicare. Tuttavia, non possiamo mai arrivare in un mondo possibile che non sia il mondo reale; perchè, se potessimo, e richiede solo che si pensi un attimo alla fantascienza per vedere come potremmo pensare di potere, allora quel mondo sarebbe parte del mondo reale. Le cose stanno così in quanto il mondo reale non è altro che la totalità di ciò che accade nella realtà. (per approfondire "Mondo reale e mondi possibili").
I mondi possibili di cui parla Cresswell comprendono i mondi mentali in cui possiamo scegliere di vivere. Nonostante la rivoluzione conoscitiva avviata dal metodo scientifico, vi è una persistenza di credenze false e contraddittorie nella mente di tutti noi. Anzi, sembra proprio che le credenze appartengano "costitutivamente" al nostro stile di pensiero. Lo psicologo Paolo Legrenzi, nel libro "Credere", descrive così la scoperta della persistenza delle credenze nella mente umana (pp. 43-46): "Il metodo scientifico e le tecniche sperimentali iniziano a esplorare il funzionamento della mente umana, e cioè la sede, tra l'altro, delle credenze. Con la nascita delle scienze cognitive, alla fine del secolo scorso, le credenze ritrovano una loro dignità come terreno di studio scientifico. [...] Paradossalmente, nel frattempo, il predominio delle scienze e della dea Ragione non è riuscito a sradicare dalle coscienze individuali le credenze. Gli studiosi si sono chiesti i motivi di tale persistenza, anche se confinata nelle coscienze individuali. Si è così scoperto che il quadro è assai più complesso della semplice contrapposizione tra credenze personali e saperi scientifici. Esiste un vasto, e sistematicamente descrivibile, territorio di saperi ingenui: la fisica ingenua, la biologia ingenua, l'economia ingenua, la statistica ingenua, e così via. Questi territori non sono popolati da credenze nè da opinioni, nella loro accezione tradizionale. Al contrario, si tratta di modi stabili e condivisi di rappresentarsi il mondo. Ma questi modi divergono dalle discipline classiche: "l'ingenuo" è tale in rapporto a qualcosa che ingenuo non è, e cioè la "scienza". [...] Un famoso libro di un grande storico delle idee descrive la modernità come il passaggio dal mondo del "pressappoco" a quello della precisione. Questo è vero nel caso della fisica e delle altre scienze in natura. Non è assolutamente vero per quello che ci capita nella vita di tutti i giorni. Qui non è cambiato nulla dall'antichità ad oggi." (per approfondire "Credenze")
Mondi mentali nei quali ognuno può scegliere di vivere
mondi in cui vivere
Lo psicologo Paolo Legrenzi, nel libro "Credere", descrive così i mondi mentali nei quali ogni persona può scegliere di vivere (p. 139): "Per gli scienziati e i logici, le credenze dovrebbero venire collocate tutte su un segmento. Ai due estremi del segmento abbiamo 0 e 1. Zero corrisponde a ciò che è impossibile, 1 a ciò che è vero di sicuro, cioè le conoscenze. In mezzo ci sta l'incertezza, più o meno grande. Questa è massima a metà del segmento. Quel punto corrisponde a stati mentali in cui crediamo che qualcosa possa accadere con il 50% delle probabilità e possa non succedere con il 50% delle probabilità. Incertezza assoluta. Ai lati dell'incertezza assoluta si colloca ciò che è possibile, più o meno probabile. Lì sta la nostra vita. A noi il caso non piace".
Come ragioniamo? Un processo ininterrotto di "framing" e "re-framing"
Come ognuno di noi sa, le decisioni importanti nella vita di una persona non vengono prese con la logica ma con l'intuizione, e si rivelano corrette la maggior parte delle volte (ma non sempre). Ogni essere umano dispone di una "cassetta degli attrezzi" nella quale si trovano le euristiche ricevute in dono geneticamente ed esperite nel suo ambiente. Ogni volta che si troverà nella condizione di attuare una scelta in condizioni di incertezza, esse gli verranno automaticamente in soccorso senza che il suo sistema cognitivo debba fare alcuno sforzo. Crediamo di essere sempre razionali ma è troppo faticoso e, nella maggior parte dei casi, anche inutile. La razionalità è necessaria quando ci troviamo in un ambito complesso e a noi sconosciuto: quello è il momento di rallentare e fare lo sforzo di pensare senza lasciarci travolgere dalle emozioni. Infatti, anche persone intelligenti e aperte, cedono ad alcuni autoinganni (bias cognitivi). Lo psicologo Daniel Kahneman (premio Nobel per l'economia) ha proposto l'esistenza di due sistemi di pensiero umani che così descrive: "L'attento sistema 2 (quello razionale) è quello che pensiamo di essere. Il sistema 2 articola i giudizi e compie le scelte, ma spesso appoggia o razionalizza idee e sentimenti che sono stati generati dal sistema 1 (quello euristico o intuitivo). Ma il sistema 2 non è lì solo per giustificare il sistema 1: ci impedisce di esprimere apertamente molti pensieri sciocchi e di dare sfogo a impulsi inappropriati". (per approfondire "Intelligenza euristica"e"Framing").
Le abduzioni costruiscono, poco alla volta, il nostro futuro personale
Con quale logica pensiamo e decidiamo? Possiamo scordarci di essere razionali e dobbiamo accettare di essere euristici nel comportamento e "abduttivi" nel ragionamento, cioè alla ricerca di inferenze che ci conducano verso la verità. Per capire cos'è l'abduzione ricorro alle parole del semiotico Salvatore Zingale tratte dal libro "Su Peirce": "L’abduzione è un “pensiero laterale”, un discostarsi dalle vie già segnate. Abduction, in lingua inglese, vuol dire anche “rapimento”, come un allontanare un oggetto dal suo ambiente abituale. L’abduzione porta via qualcosa dal mondo conosciuto, ma per farlo poi ritrovare con differente valore in un mondo rinnovato. È a suo modo una forma di traduzione. È pensiero che si sposta e discosta esso stesso dal mondo così come esso è e che si spinge, per necessità o per avventure, per le vie del nuovo. È un movimento di apertura, pensiero teso verso la ricerca. [...] Da un lato l'abduzione è inconscia, dall'altro lato, però, può esserci abduzione solo se mossi da una "speranza" - che non possiamo in alcun modo giustificare -, la speranza che la nostra mente sia logica, e che in quanto logica possa cogliere la logica del mondo". (per approfondire "Abduzione").
Se si riflette sull'evoluzione della comunicazione, è evidente che una fase molto importante in questa evoluzione viene raggiunta quando l'organismo cessa a poco a poco di rispondere 'automaticamente' ai segni dello stato di umore dell'altro, e diviene capace di riconoscere che il segno è un segnale, di riconoscere cioè, che i segnali dell'altro individuo, e anche i suoi, possono non essere la realtà, ma sono soltanto segnali, che possono essere creduti, non creduti, contraffatti, negati, amplificati, corretti, e così via. Troppo spesso noi tutti reagiamo in modo automatico ai titoli dei giornali, come se questi stimoli fossero indicazioni oggettive dirette di eventi del nostro ambiente, piuttosto che segnali elaborati e trasmessi da creature le cui motivazioni sono altrettanto complesse delle nostre. (per approfondire "Semiotica")
Per concludere degnamente questa breve descrizione di alcune delle mie principali idee su come ragioniamo, ecco una poesia del poeta spagnolo Pedro Salinas:
Fede mia
Non mi fido della rosa di carta
che tante volte ho fatto con le mie mani
Nè mi fido dell'altra
rosa vera, figlia del sole e del tempo
fidanzata del vento
Di te che non feci mai
di te che mai non fecero
di te mi fido, pieno sicuro azzardo
Pagina aggiornata il 16 settembre 2021