You know, we bought the new toilet!
Il branding è il posizionamento all’interno dell’ecosistema cognitivo di un individuo in un luogo ben preciso. Non tanto come risoluzione a un problema e basta ma come risposta univoca a una certa esigenza esperienziale. Fare branding significa tessere una ragnatela di connessioni tra marca e consumatore (se ancora così si può chiamare, fruitore di esperienze appare più genuino e concreto) che lo intrappoli in un cosmo condiviso di valori, segni, significati, funzionalità, dettagli, parole.
Scrive il filosofo Thomas Metzinger nel libro "Il tunnel dell'io" (p.269-270):
L'abilità di prestare attenzione al nostro ambiente, ai nostri sentimenti e a quelli degli altri è una caratteristica del cervello umano evoluta naturalmente. L'attenzione è un bene limitato ed è assolutamente necessaria per vivere una buona vita. [...] I nostri cervelli possono generare soltanto una quantità limitata di questa preziosa risorsa al giorno. Oggi le industrie della pubblicità e dell'intrattenimento stanno attaccando le fondamenta della nostra capacità di avere esperienza, trascinandoci in una vasta e confusionaria giungla mediatica. Stanno provando a derubarci il più possibile delle nostre già scarse risorse, e lo stanno facendo in una maniera sempre più persistente e intelligente. Ovviamente, per raggiungere i loro scopi, fanno un uso sempre maggiore delle nuove intuizioni sulla mente umana avanzate dalle scienze cognitive e psicologiche ("neuromarketing" è uno di quei neologismi che vanno tanto di moda). Possiamo immaginare il probabile risultato di tutto ciò nell'epidemia di deficit attenzionali che colpisce bambini e ragazzi, nelle crisi di mezza età e nei livelli di ansia sempre crescenti nella maggior parte della popolazione.
Sono in attesa di un'offerta più attraente.
- Profilazione: Con gli strumenti che la rete mette a disposizione, chi compra della pubblicità è in grado di analizzare il suo target di riferimento, capire a chi interessa il suo servizio e produrre una pubblicità mirata a seconda degli interessi, dell’area geografica, dell’età, della fascia oraria fino a scendere nel minimo dettaglio.
- Accessibilità: Internet è aperto a tutti, 24 ore su 24. Una buona campagna promozionale consente di aumentare la visibilità di un marchio o di un prodotto anche di aziende ancora sconosciute sul mercato, in quanto può essere raggiunto un numero elevatissimo di possibili acquirenti con budget più ridotti.
- Viralità: Una campagna ben riuscita si pubblicizza da sola. Grazie ai social network o ai video su youtube è possibile che un contenuto pubblicitario diventi virale. Una vignetta divertente, un’immagine emozionante, un video coinvolgente possono raggiungere un numero di utenti enorme, che cresce esponenzialmente man mano che il contenuto viene condiviso.
- Economicità: Internet è probabilmente il canale meno costoso per fare pubblicità. Servono comunque degli investimenti monetari, ma sono irrisori se paragonati, ad esempio, a 15 secondi di pubblicità su un canale televisivo, sopratutto in relazione agli indubbi vantaggi in termini di targetizzazione. Inoltre, grazie ai diversi tipi di offerta, come per esempio il Pay Per Click, il budget viene ottimizzato poiché non vengono pagate le visualizzazioni, che sono sempre utili per creare brand awareness.
- Misurabilità: A differenza dei canali tradizionali, con la pubblicità online si possono misurare, fino al più piccolo dettaglio, tutti i risultati ottenuti: quante persone hanno visto la tua pubblicità, che tipo di target hai raggiunto, quante hanno cliccato, quante hanno acquistato il prodotto, come si sono comportate sul sito e così via.
- Flessibilità: Una volta raccolti e analizzati i dati dell’audience, è possibile modificare le proprie impostazioni in pochi minuti. Si può intervenire rapidamente su ogni aspetto della pubblicità: formato, immagini, testi ecc., fino ad affinare al meglio le prestazioni della propria campagna in base agli investimenti fatti.
- Concorrenzialità: Sul web, anche le piccole aziende possono competere con i grandi marchi, è il canale perfetto per far crescere un’attività appena nata o per aumentare i profitti di realtà esistenti da anni.
- Semplicità: Creare una campagna online è semplice e veloce. Chiunque con una piccola guida è in grado di conoscere bene l’argomento e gli strumenti per pianificare una campagna pubblicitaria di successo. Realizzare uno spot televisivo, una trasmissione radio, un’uscita su una rivista di settore, richiede tempi molto più lunghi e il coinvolgimento di collaboratori esterni che si occupano di tutta la parte tecnica (video, grafica, post produzioni ecc). In più, una volta realizzato il messaggio pubblicitario, ci si deve rivolgere a centri media specializzati per poterlo rendere visibile.
Facebook ha 2,89 miliardi di utenti attivi mensilmente nella sua “famiglia” di prodotti. Di questi, 2,26 miliardi di persone usano almeno uno dei loro prodotti ogni giorno. A causa della sua enorme base di utenti, l’azienda guadagna molto dalla pubblicazione di annunci. Nel 2019, le entrate di Facebook sono state di 70 miliardi di dollari, con un aumento del 27% rispetto all’anno precedente. La maggior parte degli annunci sono “pay-per-click”, il che significa che gli inserzionisti pagano Facebook ogni volta che una persona fa clic su un annuncio. Il click in se non costa molto ma se pensate a tutti i click che vengono fatti sugli annunci pubblicitari su base giornaliera capite come questo possa costituire il grosso dei loro ricavi. Facebook consente agli inserzionisti di definire perfettamente il tipo di persone che vogliono raggiungere.Qui sotto lo strumento di Facebook Ads per l’intercettazione del target:Gli inserzionisti possono ottenere un ritorno sull’investimento molto più elevato indirizzando i propri annunci a persone che potrebbero essere interessate. Questo tipo di pubblicità è estremamente più efficiente rispetto alla pubblicità televisiva che intercetta un pubblico molto più vasto e variegato. Inoltre, avere accesso a strumenti pubblicitari così potenti è molto prezioso per le piccole e medie imprese, che ora sono in grado di competere con le grandi aziende senza avere grandi reparti pubblicitari. Secondo Facebook, ora ci sono 8 milioni di aziende in tutto il mondo che utilizzano la loro piattaforma pubblicitaria. Oggi la pubblicità è la mucca da mungere (Cash Cow) del business Facebook, ma Meta sta per avviare nuovi servizi.Ricavi GoogleRiguardo a Google il meccanismo è simile ma si basa sulle ricerche che gli utenti fanno sul motore di ricerca Chrome, come scrive Paolo Paccassoni (vedi bibliografia 2020):
Il Performance Advertising fa riferimento ai Search Ads e ad Adsense. Quando un utente effettua una ricerca specifica sul motore di ricerca di Google, gli compaiono una serie di risultati attinenti alla sua ricerca. Gli inserzionisti pagano per comparire nelle prime posizioni del motore di ricerca quando un utente digita una determinata chiave. Sono i cosiddetti “Risultati sponsorizzati”.Nel momento in cui l’utente clicca sul risultato sponsorizzato atterra nella homepage dell’inserzionista che quindi può coinvolgerlo con comunicazioni ad hoc. Il click è l’elemento fondamentale per Google. Se l’utente clicca, Google addebita il click all’inserzionista e ottiene un ricavo.Per gestire e creare questo tipo di inserzioni, Google mette a disposizione degli inserzionisti uno strumento chiamato Google Ads.
L'attrazione che i saldi annuali esercitano sulla mente dei consumatori è un esempio di applicazione dell'euristica dell'ancoraggio. Scrive il filosofo Matteo Motterlini (Trappole mentali p.26):
Chiunque abbia fatto un giro in un suk marocchino avrà provato a proprie spese il modo in cui la trappola dell'ancoraggio agisce sul processo di vendita. Si comincia con un prezzo molto alto a cui l'acquirente rimane mentalmente vincolato, si procede diminuendo quella cifra per fargli apprezzare la riduzione di prezzo e, quindi, l'affare. I saldi funzionano in modo analogo. La spesa per un oggetto opportunamente scontato risulterà vantaggiosa per il semplice fatto di essere paragonata al prezzo pieno, a prescindere dal valore reale. Per la stessa ragione il personale dei negozi è spesso istruito a presentare ai clienti per primo l'articolo più caro.
Il Bias dello Status Quo è stato riscontrato sperimentalmente in molti contesti decisionali (decisioni economiche, politiche, scientifiche, ecc) e, in generale, si verifica quando l'individuo si trova di fronte a due condizioni: scelte complesse o una grande quantità di proposte e, insieme a queste due, la possibilità di non decidere.
Ecco dei consigli per evitare di acquistare l'illusione degli sbiancanti ottici (ved. Bibliografia Kate Hunter):
- Utilizzare saponi e detersivi naturali da aziende che dichiarano di non utilizzare sbiancanti ottici
- Acquistare alimenti e bevande in contenitori di vetro anziché di plastica
- Comprare vestiti fatti con tessuti organici
- Leggere le etichette ed evitare prodotti contenenti le seguenti sostanze: disodico diaminostilbene disolfonato, disodio distyrylbiphenyl disolfonato, cumarine, naphthotriazolylstilbenes, benzossazolil, benzimidazoyl, naphthylimide, e tutto ciò che elenca sbiancante ottico come ingrediente
- Molte volte questi ingredienti non sono presenti in etichetta in quanto non richiesto dalla legge. Se la legge nel vostro paese non vieta gli sbiancanti ottici aumentate le cautele
La crescita astronomica del potere culturale e patrimoniale delle multinazionali negli ultimi quindici anni può essere sostenibilmente ricondotta a un'idea apparentemente innocua concepita da teorici del management a metà degli anni Ottanta, secondo la quale le grandi aziende devono produrre principalmente marchi e non prodotti.
Ho deciso di scrivere No logo quando mi sono resa conto che queste tendenze apparentemente distinte erano unite da un’idea: che le aziende debbano sfornare marchi, non prodotti. Era l’epoca in cui gli amministratori delegati avevano improvvise intuizioni: la Nike non è un’azienda che produce scarpe da ginnastica, ma l’idea della trascendenza attraverso lo sport. Starbucks non è una catena di caffetterie, è l’idea di comunità. Ma qui sul pianeta Terra, queste intuizioni hanno avuto conseguenze concrete. Molte aziende che prima producevano nelle loro fabbriche e avevano tanti dipendenti a tempo indeterminato sono passate al modello Nike: hanno chiuso le fabbriche, affidato la produzione a una rete di appaltatori e subappaltatori e hanno investito nel design e nel marketing necessari a diffondere il più possibile la loro grande idea.
Negli ultimi anni, tuttavia, mi sono ritrovata a fare una cosa che avevo giurato di non fare più: rileggere i grandi esperti di branding citati nel mio libro. Mi sono serviti per capire cosa stava succedendo non nei centri commerciali, ma alla Casa Bianca, sia durante la presidenza di George W. Bush sia oggi con Barack Obama, il primo presidente statunitense che è anche un supermarchio. Gli anni di Bush sono stati odiosi e violenti per molti motivi: le invasioni, le guerre, la difesa di metodi violenti come la tortura, il tracollo dell’economia globale. Ma l’eredità più pesante lasciata dall’amministrazione Bush è il modo in cui ha sistematicamente fatto al governo statunitense quello che i dirigenti fissati con il branding avevano fatto alle loro aziende dieci anni prima: l’ha svuotato, assegnando al settore privato molte funzioni essenziali, dalla difesa dei confini alla protezione civile all’intelligence. Questo svuotamento non è stato un progetto secondario dell’amministrazione Bush, ma una missione centrale, che ha riguardato ogni ambito della sfera governativa. E anche se il clan di Bush è stato spesso preso in giro per la sua incompetenza, l’impresa di mettere all’asta lo stato, riducendolo a un guscio vuoto – o a un marchio – è stata condotta con un impegno e una dedizione straordinari.
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- William Samuelson, Richard Zeckhauser (1988), Status Quo Bias in Decision Making (PDF) [4848 citazioni]
- Daniel Kahneman, Jack L. Knetsch, Richard H. Thaler (1991), Anomalies: The Endowment Effect, Loss Aversion, and Status Quo Bias (PDF) [6683 citazioni]
- Renê de Oliveira Joaquim dos Santos et al. (2014), Eye Tracking in Neuromarketing: A Research Agenda for Marketing Studies (PDF)
- Stephen J. Hoch, Young-Won HA (1986), Consumer Learning: Advertising and the Ambiguity of Product Experience (PDF)
- Cass R. Sunstein (2015), Why free markets make fools of us (PDF) - The New York Review of Books
- (2010), I detersivi che puliscono più del bianco - Chimicare
- Kate Hunter (2012), Optical Brighteners: The Dangers of Bluing
- Helen G. M. Vossen, Jessica Taylor Piotrowski, Patti M. Valkenburg (2014), Media Use and Effects in Childhood (PDF)
- Jeffrey G. Johnson et al (2007), Extensive Television Viewing and the Development of Attention and Learning Difficulties During Adolescence
- John C. Wright (1984), Pace and Continuity of Television Programs: Effects on Children's Attention and Comprehension (PDF)
- Robert M. Schindler (2012), The real lesson of New Coke (PDF)
- Naomi Klein (2011), No logo dieci anni dopo - Internazionale
- Jayson Demers (2016), How Trump Won Using Strategic Branding, and What Entrepreneurs Can Learn From Him - Entrepreneur
- Naomi Kampbell (2019), No Logo at 20: have we lost the battle against the total branding of our lives? - The Guardian
- W.Samuelson, R.Zeckhauser (1988), Status Quo Bias in Decision-Making (PDF) [6336 citazioni]
- Paolo Paccassoni (2021), Come guadagna Facebook: le 7 fonti principali di guadagno - Marketing Around
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Pagina aggiornata il 13 luglio 2024