La società aperta e i suoi nemici - Karl Popper, Henri Bergson e la trasformazione umana dalla società chiusa alla società aperta
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Il processo mentale di trasformazione è, probabilmente, il processo più importante della storia evolutiva umana. La psicoterapeuta Nicoletta Cinotti, nel descrivere la trasformazione come un processo che può essere bloccato da patologie mentali, scrive: "È inevitabile pensare in termini di cambiamento: tutto attorno a noi ce lo ricorda. E, nello stesso tempo, facciamo di tutto per dimenticarlo. Questo conflitto tra desiderio e rifiuto è associato al significato che diamo ai suoi risultati: se li temiamo non possiamo che far finta che niente cambi, se li desideriamo spingiamo sull’acceleratore perché avvengano. Dimentichiamo però un’altra faccia del cambiamento, che non richiede né spinta né accelerazione: è la trasformazione. Quel passare fluido, che sperimentiamo nell’esperienza e che ci cambia senza che forziamo la direzione del cambiamento con la volontà". La trasformazione di ogni individuo, e quindi della sua identità nel tempo della sua vita è il processo permanente che accompagna ogni nostra esperienza. Le società cambiano se cambiano gli individui che le compongono, e non si tratta di un processo solo storico, ma soprattutto psicologico e culturale. Secondo Karl Popper le società chiuse si distinguono per essere autocratiche, mentre le società aperte si basano sulla democrazia. La società italiana è aperta o chiusa (secondo i criteri di Popper)? Secondo le conclusioni di una ricerca europea svolta nel 2019 da "Voices on Values" la società italiana è ambivalente: "I dati raccolti con la ricerca “Voices on values” descrivono la situazione italiana come ambivalente: italiane ed italiani presentano i più alti valori di adesione ai principi della società aperta e, al tempo stesso, il più forte sostegno dato a principi assimilabili a visioni di chiusura. Gli italiani e le italiane sembrano sostenere senza esitazione i principi fondanti delle democrazie liberali a tutela dei propri diritti, ma sembrano riluttanti ad estenderne i benefici a chi proviene “da fuori”, tanto da essere disposti a sacrificarli per difendere il proprio benessere. Non bastano i concetti di “razzismo” o “populismo” per spiegare alcuni atteggiamenti/propensioni. E, forse, sono anche categorie che non aiutano a inquadrare bene questa “ambiguità” verso la società aperta." E dato che siamo in Italia, e il 25 settembre 2022 si sono tenute le elezioni, mi sembra che, ancor più del passato, occorra accettare il fatto che la scelta NON fosse tra destra e sinistra, tra fascismo e democrazia di centrosinistra, quanto tra chi voleva mantenere l'Italia una "società chiusa" e chi voleva tentare di aprirla. Se ci chiediamo quali forze politiche spingevano verso la società chiusa e quali invece verso la società aperta, che è uno degli indicatori più attendibili nel percorso dalla tradizione alla modernità, possiamo dire che poche persone (anzi quasi nessuna) si chiedono se preferirebbero vivere in una società chiusa (cioè vincolata ai valori consueti) o in una società aperta (cioè favorevole all'aggiornamento dei propri valori verso la libertà degli ALTRI). Le forze politiche che volevano che l'Italia andasse verso una società (più) chiusa sono quelle della destra (Lega, Fratelli d'Italia e Forza Italia) e i motivi sono chiari, e sono tutti di chiusura: ostilità verso l'immigrazione, rifiuto di assistere i meno abbienti, desiderio di favorire le minoranze benestanti (imprenditori, possidenti, tecnocrati, ecc); poi vi sono le forze politiche di centrosinistra (PD, Azione e +Europa, Italia Viva, Verdi, M5S, ecc.) che teoricamente dovrebbero essere orientati verso una società aperta, ma la loro apertura è variegata e incompleta in molti casi. Le ultime elezioni in Italia hanno certificato che la maggioranza preferisce una società chiusa (ai diritti degli altri). Ma molti altri Paesi stanno peggio: la Russia oggi è un caso estremo di società chiusa e le motivazioni addotte da Vladimir Putin per spiegare la guerra in Ucraina lo hanno certificato. Anche la Cina, nelle cui braccia Putin sta per deporre la sua Russia prima che collassi, è una società chiusa. Si tratta di società in cui il processo di apertura è troppo recente per mostrare risultati tangibili, ma è solo questione di tempo...i secoli passeranno veloci, tranne incidenti nucleari. Pur con tutte le varianti di chiusura e di apertura che si presentano nelle tante società del mondo occidentale, per concludere, il giornalista Bill Emmott scrive: "Le nostre società hanno bisogno di una cosa: investire in tutto quello che ci può aiutare a sentirci uguali come cittadini, tutti più o meno in grado di adattarci ai cambiamenti che l’apertura porta, e di godere delle nuove opportunità. Ciò che alcune nazioni, tra cui l’Italia, la Gran Bretagna e l’America, non sono riuscite a fare negli ultimi vent’anni è continuare a investire nell’istruzione, nel sostegno a chi vuole cambiare mestiere o vuole avvicinarsi al luogo di lavoro. In poche parole: abbiamo smesso di investire nell’uguaglianza. È questa la protezione di cui hanno bisogno i nostri cittadini: investimenti in tutto ciò che li rende uguali come cittadini. Non lo otterranno se le porte rimangono chiuse, perché non potranno permetterselo. E se le porte rimangono chiuse, e se il potere si concentra in poche mani ed è impenetrabile alle sfide e alla concorrenza, le nostre società rischiano di diventare come la Russia e l’Ungheria: genuinamente illiberali e repressive. Quando ciò accade, i potenti prosperano sempre, mentre il resto di noi – compresi i nostri figli e i figli dei nostri figli – ne fa le spese".
Democracy is in danger.
We hope someone comes to help her.
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Punto chiave di questa pagina
OPEN SOCIETY UNRESOLVED: Mentre nuove sfide continuano ad emergere e minacciano le società aperte in tutto il mondo, c'è una rinnovata urgenza nel comprendere la natura della società aperta in tutta la sua complessità e diversità. Questa raccolta di saggi, nel libro 'Open Society Unresolved' fa proprio questo, esplorando diversi elementi storici, analitici e politici che compongono le società aperte, notando che l'idea stessa di società aperta è essa stessa contestata. Questo è come dovrebbe essere. Le società aperte apprezzano la contestazione delle idee e questo volume esemplifica quell'ideale mentre lo esamina. Comprendere le basi e le sfide di una società aperta, libera e dinamica è uno dei compiti intellettuali più urgenti e cruciali del nostro tempo e non si riesce a pensare a un posto migliore per iniziare a lottare con questi problemi di questo eccellente volume.
Punti di riflessione
La società chiusa è quella in cui i membri stanno tra loro, indifferenti al resto degli uomini, sempre pronti ad attaccare o a difendersi, costretti a un atteggiamento combattivo. Tale è la società umana quando esce dalle mani della natura. L'uomo era fatto per essa, come la formica per il formicaio. [...] La natura, proprio perchè ci ha fatti intelligenti, ci ha lasciati liberi di scegliere, almeno fino a un certo punto, il nostro tipo di organizzazione sociale, ma ci ha imposto di vivere in società. Una forza di direzione costante, che è per l'anima ciò che il peso è per il corpo, assicura la coesione del gruppo, inclinando in uno stesso senso le volontà individuali. Questa è l'obbligazione morale. Essa può estendersi ad una società che si apre, ma era stata creata per una società chiusa. Una società chiusa può vivere, resistere all'azione dissolvitrice dell'intelligenza, conservare e comunicare a ciascuno dei suoi membri la fiducia indispensabile soltanto per mezzo di una religione nata dalla funzione fabulatrice. (Henri Bergson p.260)
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Ciò che Popper vuole inchiodare sono le radici filosofiche di tutti gli oppositori al principio di base di quella che lui chiama la “società aperta”, che è libertà. La nozione di libertà che Popper ha in mente è fondamentalmente ereditata dalla classica teoria liberale. (GianGiuseppe Pili)
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Secondo Popper, nelle società aperte, si presume che il governo sia sensibile e tollerante, i meccanismi politici trasparenti e flessibili al cambiamento, permettendo a tutti di partecipare ai processi decisionali. Nella convinzione che l'umanità non disponga di verità assolute, ma solo approssimazioni, la società dovrebbe dare così massima libertà di espressione ai suoi individui e l'autoritarismo non è giustificato. (Wikipedia)
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Cos’hanno in comune Donald Trump, i Cinque Stelle, la Lega, Vladimir Putin e il primo ministro ungherese Viktor Orbán? Tutti preferiscono una società chiusa rispetto a una società aperta. Magari non se ne rendono conto, ma è questa l’implicazione immediata della loro ideologia. Se l’avranno vinta, sarà una tragedia non solo per noi, ma anche per i nostri figli e per i figli dei nostri figli. (Bill Emmott)
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La Cina non è il solo regime autoritario del mondo, però è il più ricco, il più forte e il più avanzato dal punto di vista tecnologico. Questo fa di Xi Jinping il nemico numero uno delle società aperte. Per tale ragione è tanto importante distinguere le politiche di Xi dalle aspirazioni del popolo cinese. Ci sono dei motivi di speranza. Come diversi esperti di Cina mi hanno spiegato, esiste una tradizione confuciana in base alla quale, quando i consiglieri dell'imperatore si trovano in forte disaccordo con una delle sue azioni o dei suoi decreti, sono tenuti a parlare, anche se farlo potrebbe costare loro l'esilio o la morte. (George Soros pp. 34-39)
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Quella russa oggi è una società chiusa; della guerra in Ucraina non vuole parlare e anche le analisi e i sondaggi condotti finora sono rimasti in superficie, senza andare oltre la metafora dell”unione attorno al capo. (Serghei Belanovsky)
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L’Italia ha sofferto di troppa corruzione proprio perché è una società troppo chiusa, dove troppo potere ricade nelle mani di troppe poche persone. Se spalancheremo porte e finestre, cambieremo aria e faremo entrare la luce, allora la corruzione sarà sconfitta. (Bill Emmott)
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Nel 2019 è stata condotta una ricerca europea sul "concetto di società aperta": La ricerca – basata su dati quantitativi e qualitativi – porta un contributo originale al dibattito sulla “società aperta”, concetto elaborato dal filosofo tedesco Karl Popper, qui definita come un insieme di principi/valori tipici delle democrazie liberali che fanno riferimento esplicito ai principi costituzionali e alla Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europa: trattamento equo delle persone, libertà d’espressione, di stampa, di organizzarsi, di religione e così via. (Voices and Values)
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In un lungo articolo nel quale critica fortemente il regime cinese e il suo plenipotenziario Xi Jinping, George Soros offre una definizione per stabilire se una società sia società aperta o chiusa: “In una società aperta, il ruolo dello Stato è quello di proteggere la libertà dell’individuo. In una società chiusa il ruolo dell’individuo è quello di servire chi governa lo Stato”. (Matteo Corsini)
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Il formicaio umano della società chiusa, in cui le persone sono inconsciamente costrette a seguire le norme sociali, è turbato dal potere del pensiero individuale. Per funzionare, la società richiede che gli individui cooperino, facciano sacrifici e difendano la collettività dai suoi nemici. Il pensiero, tuttavia, "consiglia l'egoismo". Contrappone il pensatore, che ora diventa giudice del proprio caso, alle esigenze degli altri e della propria coscienza. (Blake Smith)
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Crediamo che le soluzioni alle sfide nazionali, regionali e globali che dobbiamo affrontare richiedano il libero scambio di idee e pensieri e che tutti dovrebbero avere voce in capitolo nel plasmare le politiche che li riguardano. Lavoriamo quindi per costruire società vivaci e inclusive, fondate sul rispetto dei diritti umani e dello stato di diritto, i cui governi siano responsabili e aperti alla partecipazione di tutte le persone. Lo facciamo supportando una vasta gamma di voci indipendenti e organizzazioni indipendenti in tutto il mondo, la società civile che fornisce un collegamento creativo e dinamico tra il governo e i governati. Ci concentriamo in particolare sul sostegno a coloro che subiscono discriminazioni esclusivamente per quello che sono, come i Rom europei, e per coloro che si trovano ai margini della società tradizionale, come i tossicodipendenti, i detenuti o le prostitute. (George Soros)
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La stessa figura di Soros è diventata un meme, che oggi vari attivisti, opinionisti e politici della destra radicale adattano e inseriscono nelle più strampalate teorie cospirazioniste. (Simone Benazzo)
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Una società chiusa è una società portata alla conservazione, alla ripetizione sempre uguale delle stesse pratiche e degli stessi automatismi, all’obbedienza meccanica: è l’espressione suprema dell’egoismo individualistico. Al contrario, in una società aperta gli individui si compenetrano l’un l’altro liberamente. Tra queste società esiste una sorta di dialettica naturale: le società sorgono per effetto di grandi rivoluzioni morali o religiose che aprono gli individui alla libertà; col tempo, però, ciò che era libertà diventa dogma, ciò che era novità diventa ripetizione, e le società si irrigidiscono nelle regole, nella ripetizione, nelle convenzioni. Finché una nuova rivoluzione spirituale rompe questa rigidità e fluidifica nuovamente la società. (Gabriella Giudici)
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Karl Popper ha definito la società aperta come quella "in cui un individuo si confronta con decisioni personali" in contrapposizione a una "società magica o tribale o collettivista" (Wikipedia)
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[nel 1944] Mio padre mi spiegò che in tempi anomali le normali regole non valgono e le si rispetta a proprio rischio e pericolo. Quello diventò il nostro mantra e con la sua guida sopravvivemmo tutti. (George Soros p.4)
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Da Black Lives Matter a #MeToo, e da Incels a White Nationalists, è difficile allontanarsi dall'idea che l'identità svolga un ruolo fondamentale nei movimenti politici moderni. La società sembra frammentarsi e polarizzarsi. Le persone si affollano verso altri con cui condividono un'identità comune (razza, genere, etnia, religione, ecc.) e sviluppano grida di battaglia e richieste politiche che parlano delle loro esperienze condivise. A volte questo sembra uno sviluppo positivo: portando alla luce abusi sistematici subiti da gruppi particolari possiamo costruire una società più giusta ed equa. Altre volte sembra meno positivo: stabilendoci nei nostri gruppi diventiamo tribalisti e sospettosi degli estranei. Sembra esserci una tensione paradossale tra le aspirazioni e le conseguenze non intenzionali della politica dell'identità. Una delle critiche più comuni in cui mi sono imbattuto è che la politica dell'identità porta a una sorta di intolleranza sistematica. (John Danaher)
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Le società chiuse esercitano alti livelli di controllo statale su tutti gli aspetti della vita privata, civile, economica e politica, regolando la vita dei cittadini attraverso l'osservanza obbligatoria di un'ideologia statale e tramite i media controllati dallo stato. Le società chiuse limitano la circolazione interna dei cittadini, hanno confini chiusi e diffidano degli estranei. La maggior parte, se non tutto, il progresso sociale ed economico dipende dal patrocinio delle élite dominanti. Le società aperte quindi, al contrario, tendono verso i poli opposti rispetto alla localizzazione di questi attributi su una scala. In generale, sono politicamente liberi, forniscono garanzie sui diritti umani, rispettano lo stato di diritto, consentono la libertà di pensiero individualmente e collettivamente, sono diversi e cosmopoliti e, come tali, accolgono le minoranze e gli stranieri. È generalmente inteso che laddove le società sono aperte anziché chiuse, lo sono perché riconoscono che i vantaggi, in termini di salute, prosperità, competitività economica, innovazione e vivacità culturale, superano di gran lunga i rischi (una vera o percepita mancanza di sicurezza e ordine pubblico, valori culturali condivisi, alti e bassi del laissez-faire economico). In breve, con qualsiasi misura razionale, l'apertura è una grande parte di ciò che tradizionalmente ha fatto l'America grande. (Tedd Siegel)
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Il muro di Berlino non è crollato nel vuoto: il comunismo aveva incoraggiato una sorta di immoralità diffusa, perché le persone dovevano trovare tutti i modi possibili per sopravvivere in quello che Vaclav Havel chiamava l'"Assurdistan" comunista. (Tedd Siegel)
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La verità è che i contemporanei siamo appena un migliaio. Jung ha ragione. Tutti gli altri vivono in epoche assurde, disparate. Come nutrire una speranza, costruire un mondo migliore, una società più alta, se viviamo ancora nel neolitico, la maggior parte, e si rubano l'osso? (Ennio Flaiano - Autobiografia del Blu di Prussia)
Dovremmo quindi rivendicare, in nome della tolleranza, il diritto a non tollerare gli intolleranti.
Evitare il ritorno al tribalismo
Karl Popper nell'introduzione al suo libro "La società aperta e i suoi nemici" (p.19), nel 1945, scrive: "Questo libro delinea alcune delle difficoltà di fronte alle quali si trova la nostra civiltà; una civiltà che si potrebbe forse qualificare come tesa all'umanità e alla ragionevolezza, all'eguaglianza e alla libertà; una civiltà che è, per così dire, ancora nella sua infanzia e che continua a crescere, benchè sia stata così spesso tradita da tanti dei leader intellettuali del genere umano. Esso cerca di mostrare che questa civiltà non si è ancora totalmente ripresa dallo shock della sua nascita; il passaggio cioè dalla società tribale o "società chiusa", con la sua sottomissione alle forze magiche, alla "società aperta" che libera le capacità critiche dell'uomo. Esso cerca di mostrare che lo shock di questo passaggio è uno dei fattori che hanno reso possibile l'emergere di quei movimenti reazionari tesi a rovesciare la civiltà per tornare al tribalismo. Ed esso rivela pure che quello che noi, oggigiorno, chiamiamo totalitarismo appartiene a una tradizione che è altrettanto vecchia o altrettanto giovane che la nostra stessa civiltà. Esso cerca quindi di contribuire alla nostra comprensione del totalitarismo e dell'importanza di una lotta perenne contro di esso".
Cos'è una società aperta secondo Karl Popper
Popper intervistato dal filosofo Dario Antiseri
Qual era l'intento di Karl Popper nello scrivere "La società aperta e i suoi nemici"?
Il filosofo Karl Popper scrisse, dopo la seconda guerra mondiale, e pubblicò nel 1945 un lungo saggio che venne ignorato o insultato da molti studiosi: "The open society and its enemies (La società aperta e i suoi nemici)". Cosa aveva di così rivoltante quel libro? Oggi, con gli eventi storici avviati dalla guerra Russia-Ucraina, questo libro appare come un potente faro che illumina l'oscurità della guerra lasciando intravedere un orizzonte che Popper aveva immaginato dopo i disastri della seconda guerra mondiale.
Il filosofo Giangiuseppe Pili, in un suo studio (vedi bibliografia 2021) ha descritto l'intento che Karl Popper si poneva scrivendo il suo saggio "La società aperta e i suoi nemici"
La visione di Popper è tipica di quella liberale classica, che non va confusa affatto con l’assurdo uso della parola che ne viene fatto nel gergo politico italiano, che di fatto equipara il liberale ad un conservatore possibilmente cattolico. Il liberale classico difende la libertà di pensiero come ultimo fondamento dell’agire individuale in contesto sociale. La libertà di pensiero implica come conseguenza diretta la libertà d’azione e parola e, dunque, economica. Ma non si tratta né di una volontà assoluta né di una libertà illimitata e, per questo, non suppone l’anarchia ma solo la presenza di uno stato minimo, che sia solo ed esclusivamente capace di mantenere intatta la singola libertà dei cittadini, considerati liberi ed eguali tra di loro, ma a cui non comanda nessuno scopo positivo. Ognuno deve essere libero di perseguire la personale inclinazione e, se non ne ha, nessuno ha il diritto di costringerlo a far qualcosa. Da tutto questo segue che la forma ideale di governo dello stato liberale è la democrazia, in quanto garantisce il mantenimento della libertà individuale in campo politico con il limite della non violazione della libertà altrui.
Ognuno deve essere libero di perseguire la personale inclinazione e, se non ne ha, nessuno ha il diritto di costringerlo a far qualcosa. (Karl Popper)
Il concetto di "società aperta"
Il concetto di "società aperta" venne posto per la prima volta dal filosofo Henri Bergson, nel 1932, con il libro "Le due fonti della morale e della religione".
Egli scrive (pp. 142-143):
L'istinto sociale mira sempre a una "società chiusa"
Le società di oggi hanno un bell'essere molto vaste a confronto dei piccoli gruppi ai quali eravamo portati per istinto, e che lo stesso istinto tenderebbe probabilmente a ricostituire, se tutte le acquisizioni materiali e spirituali scomparissero dall'ambiente sociale in cui li troviamo depositati; ma il loro carattere fondamentale, la loro essenza è di comprendere ad ogni momento un certo numero di individui e ad escludere gli altri. [...] L'uomo ha un bell'essere arricchito di tutto ciò che ha acquistato durante secoli di incivilimento; resta il fatto che la società non fa che rivestire con più mani di vernice l'istinto primitivo dell'uomo, di cui essa ha bisogno. Insomma, l'istinto sociale che c'è in fondo all'obbligazione sociale mira sempre - essendo un istinto relativamente immutabile - a una società chiusa, per quanto vasta essa sia. Chi non vede che la coesione sociale è dovuta, in gran parte, alla necessità per una società di difendersi dagli altri e che è soprattutto per far fronte contro gli altri che si amano gli uomini con i quali viviamo? Questo è l'istinto primitivo, fortunatamente dissimulato dagli apporti della civiltà; ma ancora oggi noi amiamo naturalmente e direttamente i nostri parenti e i nostri concittadini, mentre l'amore dell'umanità è indiretto e acquisito.Un esempio di persona che ama la società chiusa
Vi sono moltissimi esempi di persone che amano la società chiusa, e magari, per certi aspetti, siamo noi stessi, come rivelato dall'indagine europea del 2019 "Voices on Values" (dettagli più avanti) riguardo all'ambivalenza degli italiani. Di solito, le persone che amano la società chiusa sono persone inquiete, scontente o depresse, il più delle volte disorientate dalla vita, oppure si tratta di persone normali, come noi, che non si sono mai fatte domande e hanno accettato la vita, l'ambiente e la cultura in cui si sono trovate?
Un esempio estremo di coloro che amano le "società chiuse" è il cantautore e poeta Giovanni Lindo Ferretti di cui parla il giornalista Mauro Bonomo (vedi bibliografia 2022).
Il confine tra la pazzia e la normalità è molto labile, dice Giovanni Lindo Ferretti (che ha fatto per cinque anni l'assistente in un manicomio) il quale, nel suo ultimo libro "Non invano" scrive: "Il mio aiuto, la mia sola forza, sta nell'essere radicato. Una famiglia, una comunità, una terra, una lingua, una religione. Usanze, costumi, modalità dell'essere e dei comportamenti. E tutto sta finendo. Moribondo, quando non già morto".
Si può notare come quelli che sembrano elementi considerati positivi per ogni persona (famiglia, comunità, religione, lingua, ecc) si trasformano in negativi quando NON si accetta che possano cambiare per aprirsi al nuovo.
Tutto sta finendo? Ma nella mente di una persona o nella società in cui vive?
I benefici dell'apertura
Il giornalista Bill Emmott scrive: "L’apertura è la chiave di volta di questo metabolismo positivo, quella che offrirà nuove opportunità e nuovi strumenti ai nostri figli e ai nostri nipoti, e li farà sentire più intelligenti e spesso più liberi dei loro ingessati, vecchi genitori e dei loro nonni. Cerchiamo di non essere ingenui, però: questo non significa che dobbiamo aprirci completamente a qualsiasi tempesta che si stagli all’orizzonte, né a un’immigrazione rapida e illimitata. Tutto ha bisogno di qualche forma di controllo, ma ciò non vuol dire inchiodare la porta d’ingresso. L’apertura è troppo preziosa."
Da una società chiusa a una società aperta il percorso è lungo, ma possibile
Da un ordine sociale tribale a un ordine sociale individualistico aperto al dialogo e all'innovazione (Cliccare per approfondire)
Lo psicologo Danny Frederick ha delineato nell'articolo "Identity Politics, Irrationalism, and Totalitarianism: The Relevance of Karl Popper's Open Society" un'interessante miscela della filosofia politica di Karl Popper con le preoccupazioni sulle microaggressioni, e il multiculturalismo.
Cos'è una società aperta
Di solito è più individualista che tribale e consente alle persone di formare alleanze con altri con i quali potrebbero non condividere origini comuni. C'è più spazio per muoversi liberamente tra i gruppi sociali. Le persone non sono definite o vincolate dai loro antenati. Potrebbero, ovviamente, esserci ancora credenze e pratiche religiose alla base di tali società, ma tendono ad essere di natura universalistica, non tribale. Inoltre, l'argomentazione razionale e il dibattito giocano un ruolo più importante in queste società. Le tradizioni e le usanze non sono ritenute sacre. Possono essere riformati e cambiati. C'è spazio per la crescita e l'innovazione.
Cos'è una società chiusa
Una società chiusa, secondo Popper, è storicamente sinonimo di una società tribale. Si tratta di una forma di organizzazione sociale in cui un esteso gruppo di parentela è tenuto insieme da un comune mito religioso. Questo mito di solito implica una qualche forma di culto degli antenati che viene utilizzato per delineare chiaramente il gruppo "interni" e "estranei". Il mito religioso si presenta anche tipicamente con un atteggiamento irrazionale nei confronti dei costumi e delle pratiche sociali, e un presupposto che il modo in cui le cose sono in natura è il modo in cui gli dei vogliono che siano. Il risultato è una forma di organizzazione sociale rigida, chiusa e spesso gerarchica. Ognuno ha un ruolo predefinito nella società. C'è poco o nessun margine per sfuggirgli. Le persone favoriscono la lealtà irrazionale alle tradizioni e ai costumi. La crescita e l'innovazione sono limitate.
Confronto dei principali valori della società chiusa e della società aperta
La visione della società aperta, nel confronto con la società chiusa, della James Calvert School (Cliccare per approfondire)
La società chiusa è la società organizzata secondo rigide norme di comportamento, ed è l’espressione dei totalitarismi che, in nome della purezza della verità, che sia quella della razza, quella del destino storico del proletariato o della rivelazione religiosa, sono pronti a sacrificare l’individuo. La società aperta è fondata, invece, sulla salvaguardia delle libertà dei suoi membri, mediante istituzioni democratiche autocorregibili, aperte alla critica razionale e alle proposte di riforma.
Cos'è la trasformazione mentale di un individuo
Il processo mentale di trasformazione è, probabilmente, il processo più importante della storia evolutiva umana. La psicoterapeuta Nicoletta Cinotti (vedi bibliografia 2022), nel descrivere la trasformazione come un processo che può essere bloccato da patologie mentali, scrive:
È inevitabile pensare in termini di cambiamento: tutto attorno a noi ce lo ricorda. E, nello stesso tempo, facciamo di tutto per dimenticarlo. Questo conflitto tra desiderio e rifiuto è associato al significato che diamo ai suoi risultati: se li temiamo non possiamo che far finta che niente cambi, se li desideriamo spingiamo sull’acceleratore perché avvengano. Dimentichiamo però un’altra faccia del cambiamento, che non richiede né spinta né accelerazione: è la trasformazione. Quel passare fluido, che sperimentiamo nell’esperienza e che ci cambia senza che forziamo la direzione del cambiamento con la volontà.Tanto più siamo liberi, tanto più siamo coraggiosi, tanto meno ostacoliamo ciò che accade, tanto più ci troviamo in una trasformazione che non richiede sforzo o fatica. Richiede solo di lasciar andare e di lasciarci essere, così come siamo. È così rivoluzionaria questa idea della trasformazione che abbiamo avuto bisogno di inventare il cambiamento per poter riprendere, almeno in parte, il controllo del processo. Non c’è bisogno. Permettiamoci di essere trasformati dalla vita e realizzeremo i cambiamenti che ci sono necessari per affrontare le diverse stagioni che ci aspettano.
La possibilità che un individuo cambi idea dipendono dalle esperienze che egli vive (sia sul piano personale che sociale). E' necessario molto tempo e molte esperienze, ma un processo mentale che favorisce i cambiamenti è sicuramente l'autonomia mentale che l'individuo ha maturato nel corso della propria vita, cioè quel processo di "differenziazione del sé" che lo ha reso (abbastanza) autonomo dalla propria famiglia e dai gruppi sociali ai quali appartiene (amici, colleghi, sindacati, partiti politici, gruppi religiosi, ecc.). La maggioranza delle persone è infatti "indifferenziata", cioè emotivamente aggrappata alle idee dei gruppi sociali di cui fa parte; idee dalle quali non riesce a distaccarsi (a causa dell'euristica del conformismo) neanche nelle situazioni peggiori (vedi il caso del Battaglione 101). La maggior parte degli individui sono dei "camaleonti ideologici", cioè persone che cambiano idea solo se la cambia anche la maggioranza del gruppo al quale appartengono. Sono persone che non usano il "pensiero critico".
Camaleonti ideologici: chi sono?
La maggior parte delle persone nella società italiana sono fortemente suggestionabili e pronte a imitare gli altri per essere accettate. Esse sono, sul piano ideologico, dei camaleonti. La loro non è una strategia fondata sull'imitazione corporea ma sull'imitazione mentale, basata sul loro "falso sé" e sull'incapacità di cambiare autonomamente la loro visione. (Cliccare per approfondire)
Nicoletta Cinotti scrive: "Permettiamoci di essere trasformati dalla vita e realizzeremo i cambiamenti che ci sono necessari per affrontare le diverse stagioni che ci aspettano"
Voices on Values: una ricerca europea sui valori di riferimento
Nel 2019 è stata fatta una ricerca europea dal titolo “Voices on values” proprio sui valori di riferimento di cittadini, che ha coinvolto sei Paesi – Germania, Italia, Grecia, Polonia, Ungheria e Francia – grazie al sostegno di OSEPI (the Open Society European Policy Institute), D|Part (un think tank tedesco coordinatore del progetto) e CILD (la Coalizione Italiana per le Libertà e i Diritti Civili), che ha curato il lavoro per l’Italia.
Le conclusioni della ricerca sono state:
In conclusione i dati raccolti con la ricerca “Voices on values” descrivono la situazione italiana come ambivalente. A differenza dei casi analizzati negli altri paesi, italiane ed italiani presentano i più alti valori di adesione ai principi della società aperta e, al tempo stesso, il più forte sostegno dato a principi assimilabili a visioni di chiusura. Gli italiani e le italiane sembrano sostenere senza esitazione i principi fondanti delle democrazie liberali a tutela dei propri diritti, ma sembrano riluttanti ad estenderne i benefici a chi proviene “da fuori”, tanto da essere disposti a sacrificarli per difendere il proprio benessere. Non bastano i concetti di “razzismo” o “populismo” per spiegare alcuni atteggiamenti/propensioni. E, forse, sono anche categorie che non aiutano a inquadrare bene questa “ambiguità” verso la società aperta.
Gli italiani e gli attributi della società aperta
La Figura1, nello specifico, riporta il giudizio espresso su alcune delle “qualità” della società aperta così come configurate nella ricerca “Voices on values”: la somma delle modalità “assolutamente e abbastanza importante” copre quasi la totalità dei valori espressi per ogni singolo item. La libertà d’espressione è l’elemento delle società aperte considerato di maggiore importanza (il 54% dice che è assolutamente importante) mentre l’equo trattamento dei nuovi arrivati è quello che presenta il valore maggiore degli “abbastanza rilevante” (56%).
Gli italiani e gli attributi della società chiusa
La Figura 2 riporta i valori relativi alle risposte sul giudizio di alcuni item collegati al concetto di società chiusa. Così, alla domanda quanto sono importanti questi elementi per definire una buona società, si osserva che il 40% ritiene assolutamente importante che arrivi il minor numero possibile di migranti, il 49% che tutti vivano secondo i valori italiani e le norme locali. Interessante poi è il giudizio relativo alla concessione della cittadinanza a chi non ha un parente italiano. Il 27% e il 38% dicono rispettivamente che limitare la concessione della cittadinanza sia assolutamente o abbastanza importante per definire una “buona società”.
Lo scambio tra eguale trattamento dei nuovi arrivati e coesione sociale
La figura 3 indica che se messi davanti a questa scelta la maggioranza reputa che l’equo trattamento dei nuovi arrivati sia un principio sacrificabile rispetto alla garanzia del proprio benessere economico e alla tenuta della coesione sociale
L'ambivalenza italiana
I dati raccolti con la ricerca “Voices on values” descrivono la situazione italiana come ambivalente: italiane ed italiani presentano i più alti valori di adesione ai principi della società aperta e, al tempo stesso, il più forte sostegno dato a principi assimilabili a visioni di chiusura. Gli italiani e le italiane sembrano sostenere senza esitazione i principi fondanti delle democrazie liberali a tutela dei propri diritti, ma sembrano riluttanti ad estenderne i benefici a chi proviene “da fuori”, tanto da essere disposti a sacrificarli per difendere il proprio benessere. Non bastano i concetti di “razzismo” o “populismo” per spiegare alcuni atteggiamenti/propensioni. E, forse, sono anche categorie che non aiutano a inquadrare bene questa “ambiguità” verso la società aperta.
Un'iniziativa reale per promuovere la società aperta l'ha fatta George Soros
Nel 2018 il finanziere George Soros è stato nominato Persona dell'anno dal periodico Financial time in quanto "difensore della democrazia liberale e di una società aperta". Certamente Soros è un finanziere "atipico" nel contesto mondiale, per aver formato le sue idee alla London School of Economics dove ha seguito le lezioni di Karl Popper assorbendo i suoi concetti sulla "società aperta". Egli, nel 1979, ha fondato la Open Society Foundation con lo scopo di promuovere nel mondo le società aperte. Egli scrive nel suo libro "Democrazia! - Elogio della società aperta" (pp. 5-6):
La mia filosofia mi ha guidato sia nel fare soldi che nello spenderli per rendere il mondo migliore - ma non riguarda il denaro; si occupa del complesso rapporto tra pensiero e realtà.[...] Quando avviai la mia fondazione, nel 1979, lo scopo non era difendere le società aperte ma promuoverle. Nei venticinque anni successivi, regimi autoritari come l'Unione sovietica sono collassati e sono emerse società aperte come l'Unione europea. Questa tendenza positiva si è invertita solo dopo la crisi finanziaria globale del 2008. Si è arrivati al culmine nel 2016, con la Brexit in Europa e l'elezione di Trump negli Stati Uniti.
George Soros, nel 1997 scrisse un articolo su "The Atlantic" nel quale scrisse:
Il termine "società aperta" è stato coniato da Henri Bergson, nel suo libro (1932), e ricevuto maggiore diffusione dal filosofo austriaco Karl Popper, nel suo libro The Open Society and Its Enemies (1945). Popper ha mostrato che ideologie totalitarie come il comunismo e il nazismo hanno un elemento comune: affermano di essere in possesso della verità ultima. Poiché la verità ultima è fuori dalla portata dell'umanità, queste ideologie devono ricorrere all'oppressione per imporre la loro visione alla società. Popper ha giustapposto a queste ideologie totalitarie un'altra visione della società, che riconosce che nessuno ha il monopolio della verità; persone diverse hanno visioni e interessi diversi, e c'è bisogno di istituzioni che consentano loro di vivere insieme in pace. Queste istituzioni tutelano i diritti dei cittadini e garantiscono la libertà di scelta e la libertà di parola. Popper chiamò questa forma di organizzazione sociale "società aperta". Le ideologie totalitarie erano i suoi nemici. [...] Dopo il fallimento del comunismo si verificò una generale disillusione per i concetti universali, queste considerazioni mi hanno costretto a riesaminare la mia convinzione nella società aperta. Per cinque o sei anni dopo la caduta del muro di Berlino, ho dedicato praticamente tutte le mie energie alla trasformazione del mondo ex comunista. Più recentemente ho reindirizzato la mia attenzione alla nostra società. La rete di fondazioni che ho creato continua a fare un buon lavoro; tuttavia, ho sentito l'urgenza di riconsiderare il quadro concettuale che mi aveva guidato nella loro definizione. Questa rivalutazione mi ha portato alla conclusione che il concetto di società aperta non ha perso la sua rilevanza. Al contrario, può essere ancora più utile per comprendere il momento presente nella storia e per fornire una guida pratica all'azione politica di quanto non fosse all'epoca in cui Karl Popper scrisse il suo libro, ma deve essere completamente ripensato e riformulato. Se la società aperta deve fungere da ideale per cui vale la pena lottare, non può più essere definita nei termini della minaccia comunista. Deve essere dato un contenuto più positivo.
Infatti le cose sono cambiate dai tempi di Popper, il sistema sovietico è caduto, il fascismo è minoritario in tutta Europa e il neoliberismo ha conquistato il mondo. Quindi Tedd Siegel scrive indicando il cambio di opinione di Soros nel 1997:
Mentre Popper stava generalmente reagendo contro il potere dello stato, sia sotto il fascismo che sotto il comunismo, per reprimere la libertà dell'individuo, Soros riflette: “Io sostengo che una società aperta possa anche essere minacciata dalla direzione opposta, dall'eccessivo individualismo. "L'intensificarsi senza ostacoli del capitalismo laissez-faire e la diffusione dei valori di mercato in tutti i settori della vita sta mettendo in pericolo la nostra società aperta e democratica", scrive. "Il principale nemico della società aperta, credo, non è più il comunista, ma la minaccia capitalista... il capitalismo rapinatore, o lo stato gangster come nuova minaccia alla società aperta".
Nel 1997 George Soros scriveva: "Il crollo del comunismo ha gettato le basi per una società aperta universale, ma le democrazie occidentali non sono state all'altezza dell'occasione. I nuovi regimi che stanno emergendo nell'ex Unione Sovietica e nell'ex Jugoslavia hanno poca somiglianza con le società aperte".
Il concetto di società aperta
George Soros scrive (1997, The Atlantic): "È più facile identificare i nemici della società aperta che dare al concetto un significato positivo. Eppure, senza un significato così positivo, la società aperta è destinata a cadere preda dei suoi nemici. Ci deve essere un interesse comune per tenere unita una comunità, ma la società aperta non è una comunità nel senso tradizionale del termine. È un'idea astratta, un concetto universale. Certo, esiste una cosa come una comunità globale; esistono interessi comuni a livello globale, come la salvaguardia dell'ambiente e la prevenzione della guerra. Ma questi interessi sono relativamente deboli rispetto agli interessi speciali. Non hanno un gran numero di collegi elettorali in un mondo composto da stati sovrani. Inoltre, la società aperta come concetto universale trascende tutti i confini. Le società traggono la loro coesione da valori condivisi. Questi valori sono radicati nella cultura, nella religione, nella storia e nella tradizione. Quando una società non ha confini, dove si trovano i valori condivisi? Credo che ci sia una sola fonte possibile: il concetto stesso di società aperta".
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George Soros
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Riflessioni e critiche a George Soros
Roberto Pecchioli è uno studioso autonomo di geopolitica e storia che ha scritto un libro ("George Soros e la Open Society") per valutare e criticare George Soros e le attività della sua fondazione. Io ho analizzato riflessioni e critiche di Pecchioli e ne riporto i termini. Come è noto, Soros è oggetto costante di screditamento da parte di molti soggetti infasiditi dalle sue attività, come scrive il giornalista Simone Benazzo (vedi bibliografia 2020):
Pecchioli, invece, scrive (pp. 20-21):Imprenditori come Bill Gates che hanno saputo impiegare in maniera eccezionale i meccanismi tipici del capitalismo di mercato e oggi impiegano le proprie energie per raddrizzarne le storture, proiettandosi nella controversa funzione di critici radicali di un mondo che hanno, secondo i critici, in larga parte contribuito a edificare. La giornalista americana (ed ebrea) Emily Tamkin ha provato ad affrontare questo paradosso in un libro pubblicato lo scorso mese: “The Influence of Soros”, dove l’autrice non si limita a esaminare e decostruire dettagliatamente la genesi dei vari complotti imputati al tycoon, descrivendo con precisione quali e come attori politici ne hanno beneficiato, ma amplia la prospettiva a 360°, analizzando anche la sua effettiva azione filantropica e quali risultati concreti essa abbia realmente conseguito.Questa pubblicazione tenta di sgombrare il campo dal falso per illuminare i paradossi più viscosi del filantrocapitalismo, invitando a interrogarsi su fino a che punto un multimiliardario possa legittimamente intestarsi battaglie per cambiare la società mondiale e a valutare quanto le sue azioni abbiano minato o invece consolidato un sistema – da lui stesso definito – incompatibile con l’esistenza di società aperte.
Accennavamo alla cessione di gran parte del patrimonio di Quantum Fund all'OSF (Open Society Fund). L'operazione - al di là della filantropia e del naturale desiderio di un uomo giunto alla vecchiaia di lasciare un segno oltre la propria esistenza fisica attraverso la destinazione del patrimonio accumulato - può essere letta, per il momento prescelto, anche come reazione difensiva alle norme giuridiche più stringenti sugli hedge fund. [...] Luca Ciarrocca, in L'affaire Soros, libro assai favorevole al finanziere magiaro-americano, riconosce che l'operazione è stata un grande successo d'immagine, ma anche un ottimo affare dal punto di vista tributario: la tassazione delle fondazioni in America è del 5%, mentre i profitti del Fondo sarebbero stati colpiti da un'aliquota dieci volte superiore.L'assalto alle monete e alle economie nazionali sembra essere una specialità del magnate ungaro-americano, a comprova del carattere non solo speculativo, ma ideologico: la lotta senza quartiere agli Stati nazionali, bastioni della "società chiusa" da abbattere. Da allora, è diventato più intenso il suo lavoro di filantropo difensore della democrazia occidentale, finanziatore di tutte le cause "liberal" del mondo, tra le quali il libero aborto, l'agenda LGBT, la liberalizzazione della marijuana e il diritto all'eutanasia.
Di cosa hanno bisogno le società del futuro
Bill Emmott scrive: "Le nostre società hanno bisogno di una cosa: investire in tutto quello che ci può aiutare a sentirci uguali come cittadini, tutti più o meno in grado di adattarci ai cambiamenti che l’apertura porta, e di godere delle nuove opportunità. Ciò che alcune nazioni, tra cui l’Italia, la Gran Bretagna e l’America, non sono riuscite a fare negli ultimi vent’anni è continuare a investire nell’istruzione, nel sostegno a chi vuole cambiare mestiere o vuole avvicinarsi al luogo di lavoro. In poche parole: abbiamo smesso di investire nell’uguaglianza. È questa la protezione di cui hanno bisogno i nostri cittadini: investimenti in tutto ciò che li rende uguali come cittadini. Non lo otterranno se le porte rimangono chiuse, perché non potranno permetterselo. E se le porte rimangono chiuse, e se il potere si concentra in poche mani ed è impenetrabile alle sfide e alla concorrenza, le nostre società rischiano di diventare come la Russia e l’Ungheria: genuinamente illiberali e repressive. Quando ciò accade, i potenti prosperano sempre, mentre il resto di noi – compresi i nostri figli e i figli dei nostri figli – ne fa le spese"
Conclusioni (provvisorie): Il solo modo per non rimanere "tribali" nei nostri atteggiamenti, è quello di trasformare le nostre società nella direzione della società aperta
Il processo mentale di trasformazione è, probabilmente, il processo più importante della storia evolutiva umana. La psicoterapeuta Nicoletta Cinotti, nel descrivere la trasformazione come un processo che può essere bloccato da patologie mentali, scrive: "È inevitabile pensare in termini di cambiamento: tutto attorno a noi ce lo ricorda. E, nello stesso tempo, facciamo di tutto per dimenticarlo. Questo conflitto tra desiderio e rifiuto è associato al significato che diamo ai suoi risultati: se li temiamo non possiamo che far finta che niente cambi, se li desideriamo spingiamo sull’acceleratore perché avvengano. Dimentichiamo però un’altra faccia del cambiamento, che non richiede né spinta né accelerazione: è la trasformazione. Quel passare fluido, che sperimentiamo nell’esperienza e che ci cambia senza che forziamo la direzione del cambiamento con la volontà". La trasformazione di ogni individuo, e quindi della sua identità nel tempo della sua vita è il processo permanente che accompagna ogni nostra esperienza. Le società cambiano se cambiano gli individui che le compongono, e non si tratta di un processo solo storico, ma soprattutto psicologico a culturale. Il filosofo Henri Bergson, nel 1932 scrisse un libro ("Le due fonti della morale e della religione") nel quale, per primo, espresse il significato delle società chiuse, infatti egli pensava che se per ipotesi dovessero scomparire tutte le tracce di civiltà delle società umane, l'istinto delle società chiuse di includere o escludere gli altri, rimarrebbe. Il curatore del libro Matteo Perrini, scrive: "Le società chiuse - dal clan tribale allo Stato totalitario del XX secolo, siano esse primitive e arretrate o provviste in grado eccezionale degli strumenti moderni della civilizzazione - si somigliano tutte perchè in esse la morale dominante è quella della pressione sociale e perchè "hanno come essenza quella di includere, in ogni momento, un certo numero di individui e di escluderne gli altri". Secondo Karl Popper le società chiuse si distinguono per essere autocratiche, mentre le società aperte si basano sulla democrazia. La società italiana è aperta o chiusa (secondo i criteri di Popper)? Secondo le conclusioni di una ricerca europea svolta nel 2019 da "Voices and Values" la società italiana è ambivalente: " I dati raccolti con la ricerca “Voices on values” descrivono la situazione italiana come ambivalente: italiane ed italiani presentano i più alti valori di adesione ai principi della società aperta e, al tempo stesso, il più forte sostegno dato a principi assimilabili a visioni di chiusura. Gli italiani e le italiane sembrano sostenere senza esitazione i principi fondanti delle democrazie liberali a tutela dei propri diritti, ma sembrano riluttanti ad estenderne i benefici a chi proviene “da fuori”, tanto da essere disposti a sacrificarli per difendere il proprio benessere. Non bastano i concetti di “razzismo” o “populismo” per spiegare alcuni atteggiamenti/propensioni. E, forse, sono anche categorie che non aiutano a inquadrare bene questa “ambiguità” verso la società aperta." E dato che siamo in Italia, e il prossimo 25 settembre si terranno le elezioni, mi sembra che, ancor più del passato, loccorra accettare il fatto che la scelta NON sia tra destra e sinistra, tra fascismo e democrazia di centrosinistra, quanto tra chi vuole mantenere l'Italia una "società chiusa" e chi vuole tentare di aprirla. Se ci chiediamo quali forze politiche spingono verso la società chiusa e quali invece verso la società aperta, che è uno degli indicatori più attendibili nel percorso dalla tradizione alla modernità, possiamo dire che poche persone (anzi quasi nessuna) si chiedono se preferirebbero vivere in una società chiusa (cioè vincolata ai valori consueti) o in una società aperta (cioè favorevole all'aggiornamento dei propri valori verso la libertà degli altri). Le forze politiche che vorrebbero che l'Italia andasse verso una società (più) chiusa sono quelle della destra (Lega, Fratelli d'Italia e Forza Italia) e i motivi sono chiari, e sono tutti di chiusura: ostilità verso l'immigrazione, rifiuto di assistere i meno abbienti, desiderio di favorire le minoranze benestanti (imprenditori, possidenti, tecnocrati, ecc); poi vi sono le forze politiche di centrosinistra (PD, Azione e +Europa, Italia Viva, Verdi, M5S, ecc.) che teoricamente dovrebbero essere orientati verso una società aperta, ma la loro apertura è variegata e incompleta in molti casi. Ma molti altri Paesi stanno peggio: la Russia oggi è un caso estremo di società chiusa e le motivazioni addotte da Vladimir Putin per spiegare la guerra in Ucraina lo hanno certificato. Anche la Cina, nelle cui braccia Putin sta per deporre la sua Russia prima che collassi, è una società chiusa. Si tratta di società in cui il processo di apertura è troppo recente per mostrare risultati tangibili, ma è solo questione di tempo...i secoli passeranno veloci, tranne incidenti nucleari. Pur con tutte le varianti di chiusura e di apertura che si presentano nelle tante società del mondo occidentale, per concludere, il giornalista Bill Emmott scrive: "Le nostre società hanno bisogno di una cosa: investire in tutto quello che ci può aiutare a sentirci uguali come cittadini, tutti più o meno in grado di adattarci ai cambiamenti che l’apertura porta, e di godere delle nuove opportunità. Ciò che alcune nazioni, tra cui l’Italia, la Gran Bretagna e l’America, non sono riuscite a fare negli ultimi vent’anni è continuare a investire nell’istruzione, nel sostegno a chi vuole cambiare mestiere o vuole avvicinarsi al luogo di lavoro. In poche parole: abbiamo smesso di investire nell’uguaglianza. È questa la protezione di cui hanno bisogno i nostri cittadini: investimenti in tutto ciò che li rende uguali come cittadini. Non lo otterranno se le porte rimangono chiuse, perché non potranno permetterselo. E se le porte rimangono chiuse, e se il potere si concentra in poche mani ed è impenetrabile alle sfide e alla concorrenza, le nostre società rischiano di diventare come la Russia e l’Ungheria: genuinamente illiberali e repressive. Quando ciò accade, i potenti prosperano sempre, mentre il resto di noi – compresi i nostri figli e i figli dei nostri figli – ne fa le spese".
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Bibliografia (chi fa delle buone letture è meno manipolabile)
- Giangiuseppe Pili (2021), Capire “La società aperta e i suoi nemici” di Karl Popper - scuolafilosofica.com
- Bill Emmott (2018), Preferite una società aperta o una società chiusa? - Sette Corriere della Sera
- Studiarapido, Karl Popper – La società aperta e i suoi nemici
- Federico Quadrelli (2019), Gli italiani per una società aperta o chiusa? L’indagine Voices on Values - neodemos
- Blake Smith (2021), La società aperta e i suoi profeti - Tablet
- Nicoletta Cinotti (2022), La libertà della trasformazione - Bioenergetica e Mindfulness
- John Danaher (2018), Does Identity Politics Foster Intolerance and Irrationalism? - Philosophical Disquisitions
- Paul Davidsson (2002), Categories of Artificial Societies - ResearchGate
- George Soros (1997), The Capitalist Threat - The Atlantic
- Tedd Siegel (2018), From Karl Popper to George Soros: The Open Society and Its Frenemies - idt
- (2021), I MAGGIORI FINANZIATORI PRIVATI DEL CONSIGLIO D’EUROPA? OPEN SOCIETY DI SOROS E MICROSOFT DI BILL GATES - Database Italia
- Robert McCrum (2016), I 100 migliori libri di saggistica: No 35 - The Open Society and Its Enemies di Karl Popper (1945) - The Guardian
- Amedeo Gasparini (2022), Karl Popper e l’importanza della tolleranza nella società aperta - Corriere dell'italianità
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Pagina aggiornata il 29 giugno 2023