Leadership!
Negli ultimi anni, diciamo dopo la crisi economica mondiale del 2008 e la ridotta crescita economica nella UE, diversi economisti, politici e sociologi hanno proposto che la causa principale di tale crisi sia attribuibile al "Neoliberismo". Com'è noto, il neoliberismo è una dottrina economica che tende a ridurre l'influenza dello Stato sull'economia, lasciando che le forze del mercato, guidate dalle regole della concorrenza, regolino l'equilibrio del sistema economico. A partire dagli anni '80 diversi paesi hanno avviato politiche strutturali per incrementare la competizione interna attraverso deregolamentazioni e aprendo le loro economie ai capitali stranieri, come riportato dagli economisti del FMI.
La distinzione tra liberismo e liberalismo è esclusivamente italiana dal punto di vista semantico e indica che il liberismo attiene alla sfera economica, e il liberalismo si riferisce invece a tutte le libertà (politiche, religiose, culturali, etiche, ecc). L'Enciclopedia Treccani dà la seguente definizione di neoliberismo:
Indirizzo di pensiero economico che, in nome delle riconfermate premesse dell’economia classica, denuncia le sostanziali violazioni della concorrenza perpetrate da concentrazioni monopolistiche all’ombra del laissez faire e chiede pertanto misure atte a ripristinare la effettiva libertà di mercato e a garantire con ciò il rispetto anche delle libertà politiche.
Il “mercato” ci viene presentato come se fosse una qualche situazione neutra e naturale, che non favorisce alcun soggetto in particolare, che ci influenza come la forza di gravità o la pressione atmosferica. Quando ci viene detto “il mercato vuole questo” o “il mercato determina quello”, ciò di cui stiamo in realtà parlando è della serie di soggetti dotati di grande potere che operano all’interno di quei mercati - aziende e miliardari soprattutto. Il modo in cui la parola “mercato” viene usata, però, li rende invisibili.
Credo sia un’osservazione molto interessante, perché la premessa dell’era digitale è che ciascuno possa parteciparvi allo stesso modo; che ci sia libero accesso a social media, Internet, email. Il che dà davvero l’impressione di conferirci potere e farci partecipare. Ma, come sosteneva Nicholas Negroponte, se un prodotto è gratis significa che il vero prodotto sei tu. Il risultato è che di fatto diventiamo forza lavoro gratuita per i baroni del digitale. In più si crea anche un’impressione di democrazia online che è profondamente fuorviante.
Ginsborg e Labate mettono in evidenza una caratteristica che è sempre stata presente nella natura umana: la continua lotta, che si svolge nella mente umana, tra egocentrismo e sociocentrismo. Egocentrismo e sociocentrismo si combinano in ogni mente umana, dalla nascita alla morte in vario grado, a formare una percezione del mondo distorta che può essere mitigata solo da un pensiero razionale "conscio".Le passioni non sono delle scelte nè razionali, nè completamente libere. Si chiamano passioni anche perchè, in qualche modo siamo costretti a subirle. E se ci chiediamo perchè la maggior parte delle persone accetta politiche che un tempo avrebbe rigettato collettivamente, o ritiene necessario il restringimento di buona parte dei diritti, o che sia naturale introdurre un principio di competizione fin nelle aule abitate dai nostri figli, una risposta scomoda ma sincera potrebbe essere questa: perchè noi "vogliamo" competere, "vogliamo" arricchirci, "vogliamo" pensarci come imprenditori di noi stessi.
Il neoliberismo sostiene che il mercato dovrebbe essere libero dagli interventi distorsivi dei sindacati, che impediscono il realizzarsi di un sistema naturale di vincenti e perdenti. Quel che significa, in realtà, è che i datori di lavoro sono liberi di imporre lo sfruttamento dei loro lavoratori: i salari sono guidati al ribasso, e le condizioni di lavoro si deteriorano. Sostengono che dovrebbero essere liberi da regolamentazioni, il che si traduce nella libertà di inquinare fiumi, costruire strumenti finanziari che causeranno la prossima crisi ed esporre i cittadini a prassi pericolose. Dicono che dovrebbero infine essere liberi dalla tassazione, e quel che significa è essere liberi dalla ridistribuzione della ricchezza che potrebbe portare i poveri al di fuori della povertà e fornire opportunità di mobilità sociale. Le libertà che stanno al cuore dell’ideologia neoliberista sono insomma libertà molto particolari, che liberano alcuni per rendere meno liberi altri.
Tutte queste reti [di cooperazione] - dalle città dell'antica Mesopotamia agli imperi come quello cinese o romano - si fondavano su un'idea di "ordine immaginato". Le norme sociali che sostenevano il presunto ordine non si basavano nè su istinti radicati nè su relazioni personali, quanto sul credere in miti condivisi.
Il libro "No Contest" di Kohn riesamina la ricerca empirica sulla concorrenza. In realtà, molto lavoro è stato fatto per determinare se la concorrenza è migliore della cooperazione e alcuni lavori hanno comparato la concorrenza alla migliore realizzazione di se stessi. La ricerca attinge a molti campi, ma soprattutto all'istruzione, sport, arti dello spettacolo, psicologia. I risultati sono stati coerenti, chiari e sorprendenti: la concorrenza in genere produce minori risultati, minore creatività, performance più povere e ridotta soddisfazione. Certamente ci si aspetterebbe che la concorrenza sia più efficace in alcune circostanze. È sorprendente apprendere quanto sia difficile trovare prove empiriche su situazioni in cui la concorrenza è risultata superiore, specialmente quando si guarda alla gamma di prove esaminate da Kohn.
L'ossitocina innesca quel particolare comportamento caratterizzato da affetto e generosità che in tutte le società del mondo viene considerato "il modo giusto di vivere", quello stile collaborativo, benevolo e prosociale che ciascuna cultura, in ogni angolo del pianeta, descrive come "morale" o "etico". Eppure, ciò non vuol dire che l'ossitocina ci rende sempre buoni, generosi o inclini a dare fiducia al prossimo. In un mondo litigioso e diffidente come il nostro, essere incondizionatamente e fermamente leali e di buon cuore equivale ad andarsene in giro con un cartello sulla schiena con su scritto "prendimi a calci". Al contrario, la Molecola F funziona come una sorta di giroscopio che ci aiuta a mantenere il giusto equilibrio tra un atteggiamento di totale fiducia e un comportamento basato invece sulla cautela e la diffidenza. In questo modo, l'ossitocina fa sì che riusciamo a destreggiarci tra i benefici sociali della lealtà e della bontà - che sono considerevoli - e la ragionevole cautela di cui abbiamo bisogno per evitare di essere ingannati o traditi.
All'interno del gruppo l'atto egoista di un membro fornisce a chi lo compie un vantaggio competitivo, ma di solito si rivela distruttivo per il gruppo nel suo complesso. Rispetto alla selezione a livello individuale, la selezione di gruppo - in cui un insieme di individui è contrapposto all'altro - opera in senso opposto: quando un membro si comporta in modo cooperativo e altruista riduce, in proporzione, il suo vantaggio nella competizione con gli altri membri del gruppo, ma aumenta il tasso di sopravvivenza e di riproduzione del gruppo nel suo complesso. In breve, la selezione individuale promuove quello che chiamiamo "peccato", mentre la selezione di gruppo promuove la virtù. Il risultato è il conflitto interiore, il conflitto di coscienza, che affligge tutti tranne i sociopatici, i quali fortunatamente, stando alle stime, ammontano solo all'1-4 per cento della popolazione.
L’evoluzione è, dunque, un processo molto più cooperativo di quanto la competitiva epoca Vittoriana, l’industrializzazione e la globalizzazione ci hanno fatto credere sino ad oggi. Queste recenti teorie scientifiche, confermate da studi empirici, dovrebbero motivare la nostra specie a pensare, prima che sia troppo tardi, a come la competizione umana, per la prima volta nella storia della vita sulla Terra, abbia sistematicamente portato all’estinzione di animali e piante. Questi nuovi modelli di evoluzione della cooperazione non solo tentano di spiegare alcuni dei meccanismi che stanno alla base dell’attuale presenza delle miriadi di forme di vita sul pianeta, ma gettano anche nuova luce sulla necessità di periodi di scala temporale sufficiente lunga per generare il numero impressionante di specie che attualmente abitano il nostro pianeta. Se l’umanità non arresta il suo spirito competitivo, che ora possiamo ben definire “innaturale”, nell’eliminazione massiccia delle altre specie e, persino, della diversità umana potrebbero essere necessari miliardi di anni prima che quell’insieme diversificato di esseri viventi che ora chiamiamo biodiversità possa essere rigenerato. E l’aspettativa di vita del nostro Sole non lo garantirà. Cooperare non solo conviene, ma è anche la miglior strategia per garantire la sopravvivenza di quel pianeta cooperativo che chiamiamo Gaia.
Com'è noto i "mutui subprime" sono stati una delle cause della crisi finanziaria mondiale del 2007-2008, cioè la concessione di mutui anche agli indigenti per l'acquisto di una casa ma, più in generale, la concessione indiscriminata di credito è stato uno degli strumenti del neoliberismo. L'accesso al credito è stato semplificato molto e sono stati creati strumenti ad hoc quali, ad esempio, la perversione delle carte di credito revolving, che tendono a perpetuare il credito a vita. Nei paesi occidentali tali pratiche hanno portato casi estremi quali quello della figura del "debitore anonimo" che mostra una nuova patologia: quella del "indebitamento compulsivo".
A provocare la recessione non è stata una lacuna conoscitiva in campo economico, bensì l'eccesso di un particolare tipo di sapere, un'indigestione di spirito del capitalismo. Accecati dai bagliori del libero mercato, abbiamo dimenticato che vi sono altri modi di concepire il mondo. Come scrisse Oscar Wilde oltre un secolo fa: "Al giorno d'oggi la gente sa il prezzo di di tutto e non conosce il valore di niente". I prezzi si sono rivelati guide inattendibili. [...] Una cosa però è chiara: non sarà il pensiero che ha provocato questo disastro a tirarci fuori dai guai.
In particolare, Salmon si concentra sull'uso dello storytelling nei rapporti di lavoro mostrando la modificazione della cultura aziendale (p. 69):
Dall'inizio degli anni Ottanta la figura del "dirigente" ha ceduto il posto a quella del "manager", poi al "leader" e al "coach", e infine allo "storyteller", i cui racconti parlano al cuore degli uomini e non solo alla ragione, offrendo loro una visione dell'azienda e una fiction che la fa funzionare: "La letteratura di management deve mostrare in cosa il modo prescritto di realizzare guadagni può essere desiderabile, interessante, eccitante, innovatore o meritorio".
E proprio della funzione pervasiva dei media nel diffondere il pensiero economico dominante come se fosse "pura verità scientificamente provata" ci parla l'economista Éloi Laurent nel libro "Mitologie economiche". Egli svolge la demistificazione del neoliberismo asserendo che esso è "una modernità superata: pretende di essere una spinta permanente al cambiamento e alla riforma, invece racchiude gli individui e i gruppi nel mondo così com’è, screditando le dissidenze e soffocando i pensieri nuovi”.
I dipendenti locali della Tesco, per esempio, vengono formati per essere perfettamente aggiornati sull'attualità politica e sportiva dell'Inghilterra, per poterne parlare con i clienti". Allo stesso modo, come riporta Samir Mallal, coautore (con Ben Addelman) del documentario Bombay calling, "alcuni impiegati arrivano a imparare a memoria i risultati delle partite di baseball per potere scherzare con i clienti americani". Ma il migliore strumento della mondializzazione delle coscienze sono le serie televisive americane, somministrate sistematicamente ai dipendenti dei call center indiani.
Questi tentativi di costruzione di soggetti collettivi sono stati vanificati da un vizio passionale, un eccesso d'egoismo o d'arroganza? Molto più che per motivi ideali, il loro insuccesso è spesso causato da una competizione tra primedonne, da un'identificazione con il leader che finisce per diventare una specie di servitù volontaria, da una lotta il cui fine è l'accrescimento della propria vanità e del proprio potere, da una diffidenza astuta esercitata anche nei confronti dei propri compagni, che spesso finisce per trasformare la necessaria condivisione in inimicizia.
La politica sembra essere diventata un luogo dove s'incontrano persone che fanno della propria autorealizzazione il fine ultimo del proprio impegno, sacrificando ogni costruzione paziente di passioni comuni, facendo coincidere il bene comune con le loro stesse carriere, giustificando così ogni tipo di comportamento, compreso il seguire servilmente il leader: le scimmie machiavelliche tutte intorno al servizio del loro Principe.
Quante volte abbiamo sentito usare, da parte di qualche politico scoperto a delinquere, la giustificazione "Se lo fanno tutti perchè non posso farlo io?", inaugurata da Bettino Craxi al processo Tangentopoli. La cultura dell'assenza di regole favorita dal Neoliberismo ha portato la mancanza di senso etico a estendersi dalla società alla politica e viceversa.Siamo molto vicini all'affettività malata, che considera la sfera pubblica terra di saccheggio, non fonte di vantaggi collettivi. Chi si pone al servizio dei patroni, spesso in mancanza di alternative, per forza deve comportarsi come una scimmia machiavellica. Bisogna però notare che nel clientelismo non alberga solo servilismo ma anche una delle passioni più sentite: la lealtà.
La politica contemporanea ha sostituito la dignità con la reputazione. Più spesso ha legittimato l'idea che non vi sia alcuna necessità di essere degni del potere, che il potere si legittimi da sé - il che è esattamente ciò che non dovrebbe accadere in democrazia. Così la logica del dominio si estende senza cura della responsabilità. [...] Questa eccitazione per un potere che si legittima da sé, senza che ci si chieda cosa ci faccia esserne degni, e che, di conseguenza, si manifesta sempre come un dominio sembrerebbe essere una delle passioni più utilizzate dal neoliberismo per fissare la realtà come essa è.
La crisi economica ha avuto ripercussioni nella mafia tradizionale ma nello stesso tempo le componenti più dinamiche della mafia hanno capito che è finito il tempo della prima Repubblica e cavalcando in modo spregiudicato la nuova cultura del mercato si sono riconvertite in agenzie che soprattutto nei territori del centro nord offrono sul libero mercato beni e servizi illegali per i quali, soprattutto dopo la globalizzazione, è esplosa una domanda di massa alimentata da migliaia e migliaia di cittadini normali che chiedono droga, prostituzione, gioco d'azzardo, tabacchi detassati, beni contraffatti e da parte delle imprese servizi che contribuiscono ad abbattere i costi d'impresa.
Nel giugno 2016 è stato pubblicato un articolo redatto da tre economisti di punta del FMI (vedi bibliografia Jonathan Ostry et Al.) nel quale, per la prima volta, le valutazioni su vantaggi e svantaggi delle politiche neoliberiste si discostano dalle opinioni del passato del Fondo Monetario Internazionale. Già dal titolo ("Neoliberalismo: ipervenduto?") si intuisce l'attacco frontale alle riforme neoliberiste che vengono ritenute dannose perchè distruggono le condizioni strutturali della crescita economica. In particolare, nel testo si afferma che i due pilastri su cui poggiano le politiche neoliberiste, cioè una maggiore concorrenza (ottenuta attraverso la deregolamentazione e l’apertura dei mercati, incluso i finanziari) e un ruolo minore per lo Stato (con privatizzazioni e vincoli alla capacità di sostenere deficit e debiti), hanno alterato le precondizioni per la crescita economica. (vedi Chart1)
Sulle politiche di austerità conseguenti alle pressanti richieste di riduzione del debito (ad esempio mediante l'imposizione del fiscal compact), gli autori scrivono:
Le politiche di austerità non solo generano notevoli costi di welfare dovuti ai canali di fornitura, ma hanno anche ridotto la domanda e così peggiorato l'occupazione e incrementato la disoccupazione.
Sull'incremento delle diseguaglianze determinato dalle politiche neoliberiste gli autori scrivono:
Il documento si conclude con una strana esortazione ad abbandonare la "fede" nel Neoliberismo e attenersi alla realtà dei fatti, cioè alle conseguenze negative che le politiche neoliberiste hanno determinato:L'evidenza del danno economico derivante dalla diseguaglianza suggerisce che i responsabili politici dovrebbero essere più aperti di quanto sono alla ridistribuzione. Naturalmente, a parte la ridistribuzione, le politiche potrebbero essere progettate per mitigare alcuni degli impatti in anticipo, ad esempio, attraverso una maggiore spesa per istruzione e formazione, che espande l'eguaglianza di opportunità (le cosiddette politiche di predisposizione). E le strategia per il consolidamento fiscale, quando necessarie, potrebbero essere progettate per ridurre al minimo l'impatto negativo sui gruppi a basso reddito.
I politici e le istituzioni come il FMI che li consigliano, devono essere guidati non dalla fede, ma dalla evidenza di ciò che ha funzionato.
Due sospettati, A e B, sono arrestati dalla polizia. La polizia non ha prove sufficienti per trovare il colpevole e, dopo aver rinchiuso i due prigionieri in due celle diverse, interroga entrambi offrendo loro le seguenti prospettive: se uno confessa (C) e l'altro non confessa (NC) chi non ha confessato sconterà 10 anni di detenzione mentre l'altro sarà libero; se entrambi non confesseranno, allora la polizia li condannerà a un solo anno di carcere; se invece, confesseranno entrambi la pena da scontare sarà pari a 5 anni di carcere. Ogni prigioniero può riflettere sulla strategia da scegliere tra, appunto, confessare o non confessare. In ogni caso, nessuno dei due prigionieri potrà conoscere la scelta fatta dall'altro prigioniero.
C'è dunque un dilemma: confessare o non confessare. La teoria dei giochi ci dice che c'è un solo equilibrio (confessa, confessa). Anche se non si tratta della scelta ottimale dal punto di vista del singolo decisore, la reciprocità si dimostra la scelta migliore anche quando ci si trova all'interno di un gioco non-cooperativo (cioè quando i due partecipanti non si trovano nelle condizioni per mettersi d'accordo).
Il Neoliberismo ha impiegato 30-40 anni per diventare un fenomeno culturale pervasivo. Per ottenere risultati degni di nota probabilmente occorre che esso fallisca sul piano economico, come gli economisti del FMI hanno ipotizzato. Quindi sono da prevedere tempi lunghi come per ogni processo culturale di ampia portata. Inoltre il Neoliberismo viene favorito dalle tecnologie di Rete, dai social media e dalla dipendenza umana dalla messe di prodotti digitali che verranno immessi sul mercato dagli attori della Silicon Valley (smartphones, digital glasses, wearables, ecc): secondo il sociologo Evgeny Morozov si tratta dei prodotti che schiavizzeranno progressivamente l'intera umanità a fini commerciali.
Un risveglio delle coscienze potrebbe verificarsi a causa della futura perdita di posti di lavoro causati dalla robotizzazione dell'economia descritta, ad esempio, nel report "The future of jobs and jobs training" del Pew Research Center (vedi bibliografia).
Inoltre, secondo i politologi Daniel Bessner e Matthew Spark (vedi bibliografia), non bisogna farsi abbagliare dalle esternazioni contro la globalizzazione di Donald Trump (quando era presidente USA e se ritornerà ad esserlo) che tentano di mascherare una sfrenata attività neoliberista che egli condurrà. Essi scrivono:
E' utile capire le implicazioni politiche del neoliberismo nei termini di 10 norme che hanno definito la sua pratica storica. Queste norme iniziano con la liberalizzazione del commercio e si estendono all'incoraggiamento delle esportazioni; all'attirare investimenti stranieri; alla riduzione dell'inflazione; alla riduzione della spesa pubblica; alla privatizzazione dei servizi pubblici; alla deregolamentazione dell'industria e della finanza; alla riduzione e appiattimento delle imposte; alla restrizione della organizzazioni sindacali; e, infine, al rafforzamento della proprietà in generale e della proprietà del suolo. I politici non devono necessariamente professare la fede in tutte queste norme per essere considerati neoliberisti. Piuttosto, essi devono accettare la logica generale del neoliberismo basato sul mercato e la sua promessa di opportunità. Quando si confrontano questi 10 comandamenti neoliberisti con l'agenda politica di Trump, diventa chiaro che il presidente è molto più neoliberista di quanto la sua retorica populista suggerirebbe.
Le idee economiche di Macron non si prestano a una facile caratterizzazione. Durante la campagna per le presidenziali, egli è stato spesso accusato di scarsa concretezza. Per molti, sia di sinistra che dell’estrema destra, Macron è un neoliberista con poche differenze rispetto alle politiche tradizionali di austerità che hanno tradito l’Europa trascinandola nell’attuale impasse politica. L’economista francese Thomas Piketty, che ha sostenuto il candidato socialista Benoît Hamon, ha descritto Macron come uno che rappresenta «l’Europa di ieri». Molti dei progetti economici di Macron hanno effettivamente un’impronta neoliberista. Egli ha promesso di abbassare l’aliquota dell’imposta sulle società dal 33,5% al 25%, tagliare 120mila posti di lavoro nella pubblica amministrazione, mantenere il deficit pubblico al di sotto del tetto del 3% del Pil fissato dall’Ue, e aumentare la flessibilità del mercato del lavoro (un eufemismo per rendere più facile licenziare i lavoratori).
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Fabio Chiusi (2016), George Monbiot: "Il neoliberismo? Un sistema da psicopatici" - L'Espresso
George Monbiot (2016), Neoliberalism – the ideology at the root of all our problems - The Guardian
Alfie Kohn (1988), No Contest: The Case Against Competition (PDF)
J. Scott Armstrong (1986), Review of Alfie Kohn, No Contest: The Case Against Competition (PDF)
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- David Vagni (2015), Ossitocina, l'ormone della socialità: Intervista con Bice Chini - Spazio Asperger
- Un'iniezione di ossitocina rende più altruisti - Redazione UNINA
Dag Einar Thorsen, Amund Lie (1991), What is Neoliberalism? (PDF) [171 citazioni]
Michael J. Thompson (2005), A Brief History of Neoliberalism by David Harvey (PDF) [17023 citazioni]
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Giulia Destefanis (2017), Debitori anonimi: ''Così rate e prestiti diventano una malattia'' -La Repubblica
Adam Hadhazy (2016), Here's the truth about the planned obsolescence of tech - BBC
Claudia Benatti e Oliver Haag, (2011), Fatti per non durare (PDF)
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- Kenneth Nowack, Paul J. Zak(2017), The Neuroscience in Building High Performance Trust Cultures - Talent Economy
- Aditya Chakrabortty (2016), You’re witnessing the death of neoliberalism – from within - The Guardian
- Jonathan D. Ostry, Prakash Loungani, Davide Furceri (2016), Neoliberalism: Oversold? (PDF) [1 citazione] - FMI
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- Chad Stone, Danilo Trisi, Arloc Sherman, Emily Horton (2016), A Guide to Statistics on Historical Trends in Income Inequality (PDF) - Center on Budget and Policy Priorities
- Daniel Bessner and Matthew Sparke (2017), Don’t let his trade policy fool you: Trump is a neoliberal - The Washington Post
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- Max Roser, Esteban Ortiz-Ospina (2017), Global Extreme Poverty
- Dani Rodrik (2017), Sarà il lavoro la sfida chiave di Macron - Sole24Ore
- Barbara Ardù (2017), Un libro smaschera gli alibi dell'economia e i falsi miti della Silicon Valley - La Repubblica
- Roberto Galullo (2017), La nuova Cosa nostra: silente e mercatista - Sole24Ore
- Gianni Rossi (2020), Macron abbandona il neoliberismo a causa del Coronavirus - The Huffington Post
- David Harvey (2020), La fine del neoliberismo - Jacobin Italia
- David Vagni (2012), Ossitocina, l´ormone della socialità: Intervista con Bice Chini - Spazio Asperger
- Andrea Ventura (2023), L’invasione dell’Ucraina e la crisi del neoliberismo, due facce della stessa medaglia
Pagina aggiornata il 7 giugno 2023