You're wrong, everyone has to make their contribution to society
_
Il concetto di notizia sta cambiando: prima le notizie erano scelte in base a ciò che era importante per le Redazioni (agenda setting). Oggi invece molte fonti competono per raggiungere gli utenti con le loro notizie (attraverso i social media) e lo fanno in modo "adattivo", cioè adattandosi, non solo agli interessi del singolo utente, ma anche alle sue modalità di fruizione.
Intervistatore: Si tratta di un cambiamento rivoluzionario nel giornalismo o di uno sviluppo più naturale?
Nicholas Kristof: Per certi versi è solo un adattamento dei tradizionali parametri di approccio giornalistico. Prima solitamente sentivo un gruppo di esperti per sapere chi avrei dovuto intervistare ad Haiti. Lo faccio ancora, ma ora invio richieste anche tramite i social media. Un cambiamento che è in incremento. Stiamo passando da un formato in cui noi “proclamiamo le notizie” al mondo su una tabella fissa ad uno dove conversiamo con il mondo su base 24/7. E’ un cambiamento significativo. Non credo che quello che faremo fra 20 anni sarà molto simile a quello che stiamo facendo oggi. Non penso che gli opinionisti si dovranno limitare a due articoli da 780 parole a settimana.
Intervistatore: C’è un grosso dibattito sul ruolo dei social media nel giornalismo, specialmente da parte delle maggiori testate della carta stampata. Mentre il Times stava sviluppando strategie e politiche, lei ha immediatamente iniziato a metterle in pratica. Perché?
Nicholas Kristof: Nella storia del processo di industrializzazione, le persone che padroneggiavano una tecnologia tendenzialmente non erano le stesse che avrebbero dominato la tecnologia successiva. I costruttori di diligenze non hanno prodotto le automobili. Quelli dei veicoli a motore non erano gli stessi che hanno sviluppato i treni. E questi ultimi non erano quelli delle compagnie aeree e così via. Questa è una cosa a cui penso con preoccupazione per quanto riguarda le piattaforme giornalistiche. E questa è la ragione per la quale sono disposto a fare sperimentazioni con i nuovi media e le piattaforme così come via via si presentano. Alcuni di essi sembrano vicoli ciechi, spesso non sono molto bravo a riconoscerli. Credo ci sia una naturale tendenza ad essere molto orgogliosi della propria piattaforma esistente e ad essere un po’ scettici verso le nuove tecnologie. Ma penso sia utile respingere lo scetticismo e provare cose nuove.
La metamorfosi del sistema mediatico è stata accelerata dalla disponibilità di aggregatori web, basati sul formato RSS (really simple syndication), che hanno permesso di aggregare automaticamente notizie dai giornali online di tutto il mondo o di specifiche aree geografiche, creando degli "internet newspaper" (es: Google News dal 2002). Successivamente (dal 2010 per Google News) è stato fatto un passo avanti rendendo la scelta dei contenuti personalizzabile dall'utente. Oggi sono disponibili molti aggregatori personalizzabili dagli utenti che, oltre ad annullare il tempo necessario per controllare gli aggiornamenti dei contenuti dei websites, creano rapidamente in un unico spazio una sorta di "giornale personalizzato" (es: Newscred, Drupal, Feedreader, Flipboard, Zite, ecc). Essi permettono l'aggregazione di contenuti in vari formati (testi, immagini, audio, video).
La tendenza giornalistica del 2014, accreditata dalla giornalista Cory Haik del Washington Post (notizie che anticipano i bisogni del lettore) è il cosiddetto "giornalismo adattivo": i giornalisti digitali devono usare tutti i mezzi tecnologici che il web mette oggi a loro disposizione (conoscenza del tipo di dispositivo dell'utente, geotagging, metadata, ecc.), per creare le notizie personalizzate per i loro utenti. Ecco un esempio, portato dalla Haik:
Secondo la Haik questa capacità di "adattarsi" è una grande speranza per il giornalismo del futuro. Ciò significa che i giornali del futuro, per decidere quali notizie trasmettere (ad ogni utente), dovrebbero capire dalle modalità di accesso alle loro informazioni cosa l'utente sta facendo in quel momento e dove si trova: domenica sera sul divano con un tablet in mano, o in aeroporto con lo smartphone ancora acceso prima di imbarcarsi, in quale luogo ha consultato il proprio social network o da quale luogo ha ricevuto messaggi, tweet o post...Se l'utente sta guardando l'evento in TV e contemporaneamente sta consultando un aggregatore di news (esempio: BlogXY) sul suo smartphone, l'aggregatore (BlogXY) dovrebbe "inferire" che l'utente sta guardando l'evento in TV e inviargli in tempo reale commenti sull'evento inviati da altri utenti. Oppure, se l'utente sta consultando sul proprio desktop le news (del BlogXY), quest'ultimo, "inferendo" che l'utente non sta guardando la TV, dovrebbe assicurargli la copertura video dell'evento sul desktop.
Questo scenario neanche tanto futuribile conferma le preoccupazioni sulla sorveglianza sociale sollevate dal Datagate.
Per capire in quale modo le nuove tecnologie vengono introdotte all'interno dei media tradizionali prendiamo il caso di una trasmissione radiofonica quotidiana che è andata in onda per molti anni.
La giornalista Marina Petrillo, responsabile del programma Alaska che è andato in onda su Radio Popolare per molti anni fino al novembre 2014, presentava inchieste giornalistiche su grandi eventi sociali di tutto il mondo (ad esempio: nel 2010 il disastro ambientale della piattaforma petrolifera BP, nel 2011 le rivoluzioni arabe in Nordafrica). Si trattava di temi nei quali l'aggiornamento rapido delle fonti era vitale, così Marina Petrillo nel 2010 decise di incominciare a seguire sui social networks le informazioni inviate dai blogger/attivisti politici presenti sul campo.
La Petrillo incominciò a usare soprattutto Twitter perchè su questo mezzo le notizie arrivano tre ore prima che sulle agenzie di stampa internazionali. La selezione e l'interpretazione di una massa enorme di micronotizie mise a dura prova le sue capacità giornalistiche, ma alla fine riuscì a costruire una Twitter List di reporter specializzati e di attivisti locali "attendibili".
In tal modo le sue trasmissioni venivano quotidianamente alimentate da notizie fresche che la Petrillo contestualizzava e commentava con efficacia riuscendo a emozionare gli ascoltatori. Per chi volesse conoscere qualche dettaglio in più sull'esperienza di Alaska può leggerla sul magazine online IlPost.
è meglio un giornalismo completamente umano o supportato dall'intelligenza artificiale? Dotandoci di un po' di "cinismo" per quanto concerne il problema economico, sarebbe meglio un giornalismo in grado di offrire al mondo le notizie più approfondite, non soggette a bias politici e razziali e basate su fonti autorevoli. Per raggiungere questo obiettivo, allora, servirebbe il supporto dell'IA non solo per aiutare il redattore umano nella ricerca di fonti e nella stesura e correzione dell'articolo, ma anche per controllare la sua attività.
Per più di tre anni, il mio laboratorio presso l’Università di Washington ha condotto ricerche su come le persone diffondono voci online durante gli eventi di crisi. Abbiamo esaminato i disastri naturali come terremoti e uragani, nonché eventi causati dall’uomo come sparatorie di massa e attacchi terroristici. A causa della disponibilità pubblica dei dati, ci siamo concentrati principalmente su Twitter, ma abbiamo anche utilizzato i dati raccolti lì (tweet) per esporre un’attività più ampia nell’ecosistema mediatico circostante.Nel corso del tempo, abbiamo notato che un tipo simile di voce continuava a manifestarsi, più e più volte, dopo ciascuno degli eventi di crisi provocati dall'uomo: una teoria del complotto o una "narrativa alternativa" dell'evento che sosteneva che non fosse accaduto o che che è stato perpetrato da qualcuno diverso dagli attuali sospettati.Abbiamo riscontrato per la prima volta questo tipo di voci mentre studiavamo gli attentati alla maratona di Boston nel 2013. Abbiamo notato un gran numero di tweet (>4000) che affermavano che gli attentati erano una “false flag” perpetrata dai Navy Seals statunitensi. La diffusione iniziale di questa voce ha comportato una “cascata” di tweet che collegavano a un articolo sul sito Web di InfoWars. All’epoca i nostri ricercatori non sapevano cosa fosse InfoWars, ma il significato di quel collegamento divenne chiaro col tempo.Negli eventi di crisi successivi sono apparse voci simili. Dopo la sparatoria all’Umpqua Community College, si vociferava che l’evento fosse stato organizzato da “attori della crisi” per ragioni politiche, in particolare per giustificare restrizioni legali sul diritto alle armi. E dopo le sparatorie al nightclub Orlando Pulse, alcune voci suggerivano che fossero state commesse da qualcuno diverso dall'uomo armato accusato, con lo scopo di attribuire falsamente l'attacco ai musulmani. Per ogni evento di crisi causato dall’uomo che abbiamo studiato, abbiamo trovato prove di narrazioni alternative, spesso condivise da alcuni degli stessi resoconti e collegate ad alcuni degli stessi siti online.Queste voci avevano “firme” diverse da altri tipi di voci. In termini di volume (misurato in tweet al minuto), la maggior parte delle voci relative alla crisi aumentano rapidamente e poi svaniscono anch’esse in tempi relativamente brevi, tipicamente “decadendo” a un ritmo esponenziale. Ma queste voci narrative alternative sono nate più lentamente, e poi hanno indugiato, fluendo e rifluendo nel corso di giorni o settimane (o anni). Avevano anche una partecipazione sostenuta da parte di un determinato gruppo di utenti Twitter (ovvero molti tweet per utente per un lungo periodo di tempo), piuttosto che una partecipazione limitata da parte di un gran numero di utenti (uno o due tweet per utente, tutti nello stesso momento). ) come fanno le voci tipiche. Inoltre, le voci narrative alternative spesso presentavano un’elevata “diversità di dominio” , in quanto i tweet facevano riferimento alle voci collegate a un gran numero di domini distinti (siti web diversi), inclusi siti di media alternativi come InfoWars, BeforeItsNews e RT (aka Russia Today). Molte di queste voci avevano anche una forte presenza di “botnet”: in altre parole, molti account Twitter partecipanti non erano persone “reali”, ma erano gestiti da un programma informatico che controllava un gran numero di account.
Iscriviti alla Newsletter di pensierocritico.eu per ricevere in anteprima nuovi contenuti e aggiornamenti:
Giuliano Prati - Web 2.0 Internet è cambiato (2007) Editrice Uni Service
- Nicholas Kristof (Intervistato da David D.Burstein) - (21 gennaio 2012) Il gaming journalism, una nuova piattaforma per l'informazione online
- Nicholas Kristof (Intervistato da David D.Burstein) - (10 gennaio 2012) The New York Times's Nick Kristof On Journalism In A Digital World And The Age Of Activism (edizione originale dell'intervista tradotta in italiano e riportata al punto precedente)
- Predictions for Journalism 2014: a Nieman Lab series - Una serie di articoli sul futuro del giornalismo
- Davide Bennato (2011), Sociologia dei Media Digitali (PDF) - Interessante recensione dell'omonimo libro
- MEDIA, JOURNALISM AND TECHNOLOGY PREDICTIONS 2015
- Sarina Biraghi (2015), Ecco Digital News, il nuovo giornalismo con Google - IlTempo.it
- Digital News Report 2015 Interactive - Reuters Institute
- Scheda Italia 2015 - Reuters Institute - La fiducia nelle notizie è del 35% (10° posto su 12), l'interesse per le notizie è del 74% (3° posto su 12)
- Francesco Santin (2020), NEL GIORNALISMO DEL FUTURO REGNERÀ L'INTELLIGENZA ARTIFICIALE?
Pagina aggiornata il 30 maggio 2024