And how do we think?
Abbiamo fatto notare le condizioni economiche che favoriscono nella nostra epoca il crescente isolamento e la crescente impotenza dell'individuo; esaminando i risultati psicologici abbiamo dimostrato che questa impotenza porta o al tipo di fuga che troviamo nel carattere autoritario, oppure a un conformismo ossessivo nel corso del quale l'individuo diventa un automa, perde la sua individualità e tuttavia nello stesso tempo al livello della coscienza si immagina libero e sottoposto solo a se stesso.
Proprio come il contadino e il cittadino raramente oltrepassavano i limiti della piccola area geografica in cui vivevano, così l'universo era limitato e di facile comprensione. La terra e l'uomo erano il centro, il cielo e l'inferno erano il luogo della vita futura, e tutte le azioni dalla nascita alla morte erano limpide nel loro nesso causale. La società, pur dando sicurezza all'individuo grazie a questa sua struttura, lo teneva tuttavia incatenato. Era una prigionia diversa da quella derivante dall'autoritarismo e dall'oppressione dei secoli successivi. La società medioevale non privava l'individuo della sua libertà, perchè l' "individuo" non esisteva ancora.
In Italia, per la prima volta, l'individuo emergeva dalla società feudale e spezzava i vincoli che gli avevano dato sicurezza e al tempo stesso lo avevano limitato. L'italiano del Rinascimento fu, dice Burckardt, "il primogenito dei figli dell'Europa moderna", il primo individuo.
Mentre alcuni si arricchivano, i membri dotati di scarsi capitali si impoverivano sempre più, mentre cresceva la rabbia contro i monopoli espressa da Lutero nel libro "Sul commercio e l'usura", stampato nel 1524. Il "Capitale" aveva cessato di essere servo ed era diventato padrone.Nella società medioevale l'organizzazione della società era piuttosto statica. Gli artigiani erano stretti in corporazioni già dal tardo Medioevo. [...] Le corporazioni bloccavano la possibilità di una dura concorrenza tra i loro membri. Alcuni storici hanno fatto osservare che le corporazioni erano sempre pervase da uno spirito monopolistico, volto a proteggere i vecchi membri e ad escludere i nuovi venuti. [...] Alcuni membri delle corporazioni possedevano più capitale degli altri. Assai presto certe corporazioni accolsero solo persone fornite di una certa quantità di capitale.
La soluzione di Lutero è riscontrabile oggi in molti individui che non pensano in termini teologici: è quella cioè di raggiungere la certezza eliminando l'isolamento individuale, diventando uno strumento nelle mani di un potere soverchiante esterno all'individuo.
Un analogo sforzo nella direzione del lavoro e dell'impegno ossessivo venne svolto dal calvinismo. Scrive Fromm (p.80):La novità della società moderna è che gli uomini sono spinti a lavorare non tanto da pressioni esterne, quanto da una costrizione interna che li obbligava a lavorare come in altre società un padrone molto rigido avrebbe potuto costringere la gente a lavorare.
Nell'ulteriore sviluppo del calvinismo l'insistenza sulla vita virtuosa e sulla rilevanza di uno sforzo incessante aumenta d'importanza, e in modo particolare l'idea che il successo nella vita mondana, come risultato di questi sforzi, è segno di salvezza.
L'irrazionalità di questo sforzo obbligato sta nel fatto che l'attività non è intesa a creare un fine desiderato, ma serve a indicare se accadrà o meno qualcosa che è stato determinato in anticipo, indipendentemente dall'attività o dal controllo dell'individuo. Questo meccanismo è ben noto nel caso dei soggetti colpiti da nevrosi coatta. Queste persone, quando temono il risultato di una vicenda importante, possono, nell'attendere la risposta, mettersi a contare le finestre delle case o gli alberi delle strade. Se il numero è pari la persona sente che le cose andranno bene; se è dispari, è segno che non riuscirà. Spesso questo dubbio non si riferisce a un momento specifico, ma alla vita intera di una persona e l'ossessione di cercare "segni" la pervaderà in conseguenza. Spesso il nesso esistente tra contare pietre, il fare solitari, il giocare d'azzardo, ecc, e l'ansietà e il dubbio, non è cosciente. Una persona può fare solitari perchè è spinta da un vago senso di inquietudine, e solo un'analisi potrebbe svelare la funzione occulta della sua attività: rivelare il futuro.
In ogni società lo spirito dell'intera civiltà è determinato dallo spirito dei suoi gruppi più potenti. In parte ciò accade perchè questi gruppi hanno il potere di controllare il sistema educativo - scuole, chiese, stampa, teatro - e perciò di inculcare nell'intera popolazione le proprie idee
Questa personalità deve essere simpatica, ma oltre a questo il suo possessore deve rispondere ad alcuni altri requisiti: deve avere energia, iniziativa [...] Così, la fiducia in se stessi, il "sentimento dell'io", sono soltanto indicazioni di ciò che gli altri pensano della persona. Questa non si convince del proprio valore indipendentemente dalla popolarità o dal suo successo sul mercato. Se è ricercata, è qualcuno; se non è popolare, è nessuno.
Una persona aderisce a una credenza non soltanto perchè essa è parte di un certo mondo culturale, ma anche perchè questa adesione è parte di un meccanismo di affiliazione nei confronti di individui percepiti come portatori di "certezze". In questo modo l'affiliarsi a coloro che si presentano come "maestri", o come sacerdoti o esperti di una credenza, tende a produrre quegli aspetti di "regressione", di ubbidienza all'autorità, e talora perfino di rinuncia all'intelligenza critica, che sono fra le componenti dei meccanismi psicologici della dipendenza.
Dove non è arrivata l'educazione, arriva di solito più tardi la pressione sociale. Se uno non sorride, si dice che non ha una "personalità gradevole"; e bisogna avere una personalità gradevole se si vuol vendere i propri servizi, non importa se come cameriera, come commesso, o come medico. Solo quelli che stanno al fondo della piramide - quelli che non vendono altro che la loro fatica fisica - e coloro che stanno al vertice, non hanno bisogno di essere particolarmente "gradevoli"
Spesso, naturalmente, il "protettore magico" è personificato: viene concepito come Dio, come principio, o come reali persone, quali un genitore, il marito, la moglie o un superiore. [...] L'intensità del rapporto col protettore magico è inversamente proporzionale alla capacità di esprimere spontaneamente le proprie possibilità intellettuali, emotive e fisiche. In altre parole, si spera di ottenere tutto quel che si desidera dalla vita non dalle proprie azioni, ma dal protettore magico.
Questo meccanismo è la soluzione che la maggioranza degli individui normali trova nella società moderna. Per dirla in breve, l'individuo cessa di essere se stesso; adotta in tutto e per tutto il tipo di personalità che gli viene offerto dai modelli culturali; e perciò diventa esattamente come tutti gli altri, e come questi pretendono che egli sia. [...] La persona che rinuncia al suo io individuale, e che diventa un automa, identico a milioni di altri automi che la circondano, non deve più sentirsi sola e ansiosa. Ma il prezzo che paga è alto; è la perdita del suo io.
Il filosofo Carlo Sini, nel libro "L'uomo, la macchina e l'automa", introduce una riflessione profonda sulle ragioni che, da sempre, alimentano l'interesse dell'uomo verso la creazione di un suo "doppio" più potente che sappia conquistare quei poteri che lui non ha. Questa ricerca, secondo Sini, incarna il cammino della civiltà: è all'automa che bisogna guardare perchè i soggetti ne sono il riflesso risultante. Egli scrive (pp.115-116):
La sua azione [dell'automa] è duplice. Da un lato mostra l'angoscia originaria del soggetto umano, in quanto soggetto attivo "della" cultura e cioè "del lavoro". Angoscia perchè il lavoro è la risposta, mai definitiva e sempre precaria, al sapere della morte: il sapere retroflesso dalle protesi della voce, della mano, ecc. Quel sapere di fantasmi che non può trovare soluzioni, sino a che continua a "credere" ai fantasmi e vi si modella come sapere. L'essere umano, sino ad oggi, è tale perchè ha visto la morte e ciò lo induce a ogni possibile "macchinazione" per stornarla, combatterla, cancellarla (compresa la tentazione simbolica, come diceva Freud, di liberarsene dandola ad "altri"). Tutta la storia umana, tutta la "cultura", è così la storia di una successione di automi che mirano, in un modo o in un altro, alla produzione e riproduzione di "vita eterna" (compresa l'ipotesi di una accettazione finale della morte e del nulla, come abito di saggezza e come uscita dall'angoscia). [...]Il soggetto, diceva Whitehead, non è una sostanza, ma un supergetto: qualcosa che è in cammino e che in sé non è ogni volta che un momento riassuntivo e transeunte di forze effervescenti "in figura". Come effetto di superficie mai definitivo, il soggetto non è la premessa o il "principio" sul quale puntare o da rivendicare, ma piuttosto il risultato da esibire per giustificare ogni volta il lavoro di una determinata cultura.
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Pagina aggiornata il 24 luglio 2024