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Coloro cui sfugge completamente l'idea che è possibile aver torto non possono imparare nulla, tranne la tecnica. (Gregory Bateson)
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Le persone religiose hanno una minore intelligenza analitica (IQ)?
TEORIE > CONCETTI > RELIGIONE E FILOSOFIA
Scopo di questa pagina
Diversi studi sperimentali hanno cercato di determinare la correlazione tra tendenza alla religiosità e grado di intelligenza analitica, infatti la religiosità è associata alle risposte intuitive piuttosto che a quelle analitiche. Il biologo Richard Dawkins, nel suo libro del 2006 che ha suscitato un ampio dibattito ("L'illusione di Dio"), ha dichiarato che non è intelligente credere nell'esistenza di Dio. Lo psicologo Richard Lynn e altri hanno messo alla prova tale asserzione valutandone la bontà dalle risposte alle seguenti domande: (1) le evidenze scientifiche mostrano una correlazione inversa tra intelligenza e fede religiosa? (2) la correlazione inversa tra intelligenza e religiosità corrisponde a differenze nel "fattore g" (intelligenza generale)? (3) la correlazione inversa tra intelligenza e religiosità esiste in nazioni diverse? Lo psicologo Miron Zuckerman ed altri hanno svolto una meta-analisi di 63 studi scientifici, che ha confermato la correlazione inversa tra intelligenza analitica (IQ) e religiosità. La correlazione inversa è risultata maggiore per gli studenti universitari e la popolazione in generale rispetto agli studenti non ancora in età universitaria. Più precisamente, a livello preuniversitario l'indice di correlazione media (non ponderata e ponderata) tra intelligenza e religiosità è risultato essere -.08 (cioè quasi un'assenza di correlazione); a livello universitario e per la popolazione in generale l'indice di correlazione media variava da -0.20 a -0.25 (cioè una correlazione piccola ma significativa). Sono state avanzate tre possibili spiegazioni: (1) le persone intelligenti sono meno disponibili a essere conformisti, ed è quindi più probabile che resistano ai dogmi, (2) le persone intelligenti tendono ad adottare uno stile di pensiero analitico (anzichè intuitivo), che contrasta le credenze religiose, (3) la religiosità produce benefici psicologici (autocontrollo, autoregolazione, automiglioramento, attaccamento sicuro) che, però, vengono forniti anche dall'intelligenza, quindi le persone intelligenti possono fare a meno di rivolgersi ai dogmi religiosi per fruirne. La religione è più semplice da capire della scienza, perlomeno se ci limitiamo ai grandi monoteismi, che sono tutti basati su testi sacri. In questo tipo di religioni la verità contenuta nelle scritture viene vista come assoluta e impenetrabile al dubbio. La scienza non potrebbe essere più lontana da questo atteggiamento. Essa ha a che fare non con la verità ma con il dubbio; non con la conoscenza, ma con l'ignoranza; non con realtà rivelate, ma con incertezze
ragione e religione
Why don't we try to reason?
Bravo! So then God reproaches us.
Punto chiave di questa pagina
ORIGINE EVOLUTIVA DEL PENSIERO RELIGIOSO: Secondo l'antropologo Pascal Boyer una varietà di intuizioni spinge la mente umana verso il pensiero religioso, in particolare tre:

  1. Tendenza a mentalizzare (è la capacità, indice di salute mentale, di concepire stati mentali inconsci e consci in se stessi e negli altri)

  2. Dualismo mente-corpo (è la sensazione che esistano entità le quali, per esprimersi, possano fare a meno di un corpo fisico; questa sensazione ha come conseguenza la credenza nell'immortalità della mente)

  3. Pensiero teleologico (è la credenza che le cose esistano per uno scopo e che questo implichi l'esistenza di un creatore)

Diversi studi sperimentali hanno cercato di determinare la correlazione tra tendenza alla religiosità e grado di intelligenza analitica, infatti la religiosità è associata alle risposte intuitive piuttosto che a quelle analitiche. Il biologo Richard Dawkins, nel suo libro del 2006 che ha suscitato un ampio dibattito ("L'illusione di Dio"), ha dichiarato che non è intelligente credere nell'esistenza di Dio.
Punti di riflessione
Una meta-analisi di 63 studi scientifici, ha evidenziato una correlazione inversa tra intelligenza analitica (IQ) e fede religiosa. (Miron Zuckerman)
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Una ricerca condotta da Larson e Witham nel 1998 e pubblicata sulla prestigiosa rivista “Nature” dimostra che, degli scienziati americani considerati dai loro pari abbastanza autorevoli da meritare di far parte della National Academy of Sciences (l’equivalente della britannica Royal Society), solo il 7 % crede in un Dio personale. Questa schiacciante maggioranza di atei contrasta fortemente con il profilo della popolazione americana, il 90 % della quale crede in un essere soprannaturale. (Richard Dawkins)
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La differenza tra religione e scienza consiste nel diverso significato attribuito alle nozioni di verità e dubbio. Nelle religioni la verità contenuta nelle scritture viene vista come assoluta e impenetrabile al dubbio. La scienza non potrebbe essere più lontana da questo atteggiamento. Essa ha a che fare non con la verità ma con il dubbio; non con la conoscenza, ma con l'ignoranza; non con realtà rivelate, ma con incertezze. (Henry Gee)

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Cento miliardi di galassie. Cento miliardi di stelle nella nostra galassia. Tutta questa roba e io qui chiuso per sempre in una bara. (Franco Arminio)


Correlazione tra religiosità e intelligenza analitica
Secondo l'antropologo Pascal Boyer (ved. bibliografia) una varietà di intuizioni spinge la mente umana verso il pensiero religioso, in particolare tre:

  1. Tendenza a mentalizzare (è la capacità, indice di salute mentale, di concepire stati mentali inconsci e consci in se stessi e negli altri)

  2. Dualismo mente-corpo (è la sensazione che esistano entità le quali, per esprimersi, possano fare a meno di un corpo fisico; questa sensazione ha come conseguenza la credenza nell'immortalità della mente)

  3. Pensiero teleologico (è la credenza che le cose esistano per uno scopo e che questo implichi l'esistenza di un creatore)

Diversi studi sperimentali hanno cercato di determinare la correlazione tra tendenza alla religiosità e grado di intelligenza analitica, infatti la religiosità è associata alle risposte intuitive piuttosto che a quelle analitiche. Il biologo Richard Dawkins, nel suo libro del 2006 che ha suscitato un ampio dibattito ("L'illusione di Dio"), ha dichiarato che non è intelligente credere nell'esistenza di Dio. Lo psicologo Richard Lynn e altri (ved. bibliografia) hanno messo alla prova tale asserzione valutandone la bontà dalle risposte alle seguenti domande:

  1. le evidenze scientifiche mostrano una correlazione inversa tra intelligenza e fede religiosa?

  2. la correlazione inversa tra intelligenza e religiosità corrisponde a differenze nel "fattore g" (intelligenza generale)?

  3. la correlazione inversa tra intelligenza e religiosità esiste in nazioni diverse?

Le risposte di Lynn a queste domande sono riportate nel seguito.
Secondo Pascal Boyer una varietà di intuizioni spinge la mente umana verso il pensiero religioso, in particolare tre: tendenza a mentalizzare, dualismo mente-corpo e pensiero teleologico. Secondo Miron Zuckerman, invece, una meta-analisi di 63 studi scientifici, ha evidenziato una correlazione inversa tra intelligenza analitica (IQ) e fede religiosa
Cosa si intende per intelligenza e come viene misurata
La psicologia scientifica ha attribuito all'intelligenza umana caratteristiche che la Treccani così riassume: "una capacità di adattamento a situazioni nuove e la possibilità di modificarle quando queste presentano degli ostacoli all’adattamento stesso" (per approfondire la storia psicologica dell'intelligenza andare alla pagina "intelligenza"). Negli anni '70 il neuropsicologo Howard Gardner (ved. bibliografia), studiando sia soggetti con problemi cerebrali, sia soggetti superdotati, si convinse che l'intelligenza sia un potenziale individuale, come scrisse nel suo libro "Formae mentis" (p.88):
il modo più esatto di pensare un'intelligenza è quella di concepirla come un potenziale: di un individuo che possiede un'intelligenza si può dire che non c'è nessuna circostanza che gli impedisca di usarla

Gardner propose che l'intelligenza fosse costituita da una serie di costrutti scientifici che egli radunò nella cosiddetta teoria delle intelligenze multiple (Intelligenza linguistica, musicale, logico-matematica, spaziale, corporeo-cinestetica, interpersonale, intrapersonale, naturalistica); egli mise in guardia dalla reificazione di tali costrutti che definì così (p.89):

queste intelligenze sono finzioni - nel migliore dei casi finzioni utili - per parlare di processi e abilità che (come il resto della vita) formano un continuo

Gardner è molto critico sull'utilità dei test per misurare l'intelligenza perchè, ad esempio (p.38):

un individuo può perdere per intero i lobi frontali diventando nel corso di questo processo una persona radicalmente diversa, ormai incapace di manifestare qualsiasi iniziativa o di risolvere nuovi problemi, e continuare ciononostante a presentare un IQ vicino al livello del genio

Nonostante queste perplessità, psicologi e sociologi misurano da tempo il quoziente intellettivo (IQ: intelligence quotient) per trovare correlazioni con altri parametri (mortalità, morbilità, benessere economico, ecc). Uno dei metodi più usati è quello proposto nel 1955 dallo psicologo David Wechsler, cioè la Wechsler Adult Intelligence Scale (WAIS), che ha subito varie modifiche fino al 2008, con la versione attualmente in uso (WAIS IV). Quest'ultima versione misura il funzionamento intellettivo generale, attraverso la valutazione di quattro abilità diverse: comprensione verbale, ragionamento visuo-percettivo, memoria di lavoro, velocità di elaborazione. Nel box a fianco è riportata una curva gaussiana che indica le percentuali della società che mediamente hanno valori di IQ debole, medio, superiore, ecc. Potete fare il Test qui.

La gaussiana dell'intelligenza
Cliccare per ingrandire
Nel calcolo del Quoziente Intellettivo, vengono riportati vari tipi di punteggio. E spesso c’è una grande differenza tra Europa (dove si utilizza per lo più la scala Wechsler) e Stati Uniti (dove si utilizza la scala Cattel). Nella curva gaussiana sono messi a confronto i diversi punteggi. Per fare un esempio: un QI di 130 alla scala Wechsler equivale a un QI di 148 alla scala Cattell e corrisponde a 22,75 individui ogni 1000, cioè circa il 2,28% della popolazione (1 persona ogni 44). (Fonte: Corriere della Sera)
altan
Dad, I feel stupid.
Don't worry: it will pass: when you grow up you will feel foolish.
Le evidenze scientifiche mostrano una correlazione inversa tra intelligenza e fede religiosa?
Alla prima domanda Lynn cita le ricerche di Howell (1928) e Sinclair (1928) che hanno mostrato una correlazione inversa di −0.27  e un range tra −0.29 e −0.36 per diversi parametri di religiosità, mentre in una meta-analisi di 43 studi più recenti lo psicologo Paul Bell (2002) ha trovato che 39 studi riportano una correlazione negativa tra intelligenza e religiosità. Tutte le altre fonti citate da Flynn sono irrintracciabili sul web, mentre uno studio più recente è disponibile: nel 2013 lo psicologo Miron Zuckerman ed altri (ved. bibliografia) hanno svolto una meta-analisi di 63 studi scientifici, che ha confermato la correlazione inversa tra intelligenza analitica (IQ) e religiosità. La correlazione inversa è risultata maggiore per gli studenti universitari e la popolazione in generale rispetto agli studenti non ancora in età universitaria. Più precisamente, a livello preuniversitario l'indice di correlazione media (non ponderata e ponderata) tra intelligenza e religiosità è risultato essere -.08 (cioè quasi un'assenza di correlazione); a livello universitario e per la popolazione in generale l'indice di correlazione media variava da -0.20 a -0.25 (cioè una correlazione piccola ma significativa).

Sono state avanzate tre possibili spiegazioni:

  • le persone intelligenti sono meno disponibili a essere conformisti, ed è quindi più probabile che resistano ai dogmi

  • le persone intelligenti tendono ad adottare uno stile di pensiero analitico (anzichè intuitivo), che contrasta le credenze religiose

  • la religiosità produce benefici psicologici (autocontrollo, autoregolazione, automiglioramento, attaccamento sicuro) che, però, vengono forniti anche dall'intelligenza, quindi le persone intelligenti possono fare a meno di rivolgersi ai dogmi religiosi per fruirne
Cos'è una correlazione statistica
In statistica per correlazione si intende una relazione tra due variabili statistiche tale che a ciascun valore della prima variabile corrisponda con una "certa regolarità" un valore della seconda. La correlazione si dice diretta o positiva quando variando una variabile in un senso anche l'altra varia nello stesso senso (alle stature alte dei padri corrispondono stature alte dei figli); si dice indiretta o inversa o negativa quando variando una variabile in un senso l'altra varia in senso inverso (a una maggiore produzione di grano corrisponde un prezzo minore). Il grado di correlazione fra due variabili viene espresso mediante i cosiddetti indici di correlazione. Questi assumono valori compresi tra - 1 (quando le variabili considerate sono inversamente correlate) e + 1 (quando vi sia correlazione assoluta cioè quando alla variazione di una variabile corrisponde una variazione rigidamente dipendente dall'altra), ovviamente un indice di correlazione pari a zero indica un'assenza di correlazione.
(Fonte: Wikipedia)
Indici di correlazione
stats
Esempi di vari tipi di correlazioni statistiche
NLSY97: livelli medi di IQ degli studenti in varie condizioni
Cliccare per andare alla fonte
La correlazione inversa tra intelligenza e religiosità corrisponde a differenze nel "fattore g" (intelligenza generale)?
Alla seconda domanda, per determinare se vi sia relazione inversa tra fede religiosa e fattore "g" psicometrico (fattore generale di intelligenza), sono stati analizzati i dati del National Longitudinal Study of Youth (NLSY97). Il NLSY97 è il campione nazionale selezionato per rappresentare circa 15 milioni di adolescenti americani nella fascia di età di 12-17 anni nel 1997. Ai soggetti è stato chiesta la loro preferenza di corrente religiosa. Gli Atei hanno ricevuto un punteggio di 6 punti equivalenti (g-IQ) più alto del gruppo di soggetti che professavano una religione (di vario tipo). La differenza di intelligenza generale tra atei e credenti è stata dunque ritenuta significativa.
La correlazione inversa tra intelligenza e religiosità esiste in nazioni diverse?
Alla terza domanda Lynn ha costruito una tabella, traendo i dati da diverse fonti (citate nell'articolo), che mostra il livello di IQ medio di ogni nazione e la percentuale di persone religiose. Si può notare che solo nel 17% dei paesi (23 su 137) la percentuale di persone che non credono in Dio sale al di sopra del 20%. Questi sono i paesi con un più alto IQ.
Le correlazioni tra "intelligenza media nazionale" (IQ) e "incredulità religiosa" sono riportate nella tabella 3 mostrata a fianco. La riga 1 riporta la correlazione di 0.60 per il campione totale ed è altamente significativa (ciò significa che più aumenta l'intelligenza nazionale più aumenta l'incredulità religiosa). Per verificare se questo rapporto si mantiene in tutta la serie di IQ nazionali sono state divise le nazioni in due gruppi: quelle con IQ tra 64-86 e quelle con IQ tra 87-108.
La Riga 2 fornisce i dati per i 69 paesi con IQ tra 64-86. In questo gruppo solo l'1,95% della popolazione è non credente. C'è un range tra <1% e 40%, e la correlazione tra le due variabili è solo 0.16 (ciò significa che tra le nazioni con basso IQ non c'è una grande variazione di incredulità).
La riga 3 fornisce i dati relativi ai 68 paesi con IQ tra 87-108. In questo gruppo 19,99% della popolazione non crede in Dio. C'è un range tra <1% e 81%, e la correlazione tra la due variabili è solo 0.54. Così, la maggior parte della variazione di incredulità religiosa è fra le nazioni con IQ più elevati.

Conclusioni: questi dati mostrano che le nazioni con bassa intelligenza nazionale (prendendo per buona la qualità della misura) tendono ad essere religiose in modo omogeneo, mentre le nazioni con alta intelligenza nazionale hanno un'ampia diffenziazione di religiosità che porta, ad esempio, la Cina (IQ=105) ad avere 12% di non credenti, mentre  il Giappone (IQ=105) ha il 65% di non credenti, o il Regno Unito (IQ=100) con il 41,5% di non credenti, mentre l'Italia (IQ=102) ha il 6% di non credenti.
Tabella 3 Correlazione tra Intelligenza nazionale e Grado di religiosità
stats
Intelligenza stimata media per nazione (IQ)
Fonte: Richard Lynn and Tatu Vanhanen
(Cliccare per andare alla fonte)
IQ nazionale e % di non credenti (2)
stats
IQ nazionale e % di non credenti (3)
stats
IQ nazionale e % di non credenti (1)
stats
Fondamentalismo e ignoranza ostacolano l'intelligenza
Lo psicologo Gary J. Lewis (ved. bibliografia), in un'altra ricerca empirica sulla relazione tra religiosità e intelligenza (in cui la religiosità era ripartita in sei parametri: consapevolezza, spiritualità, supporto religioso, identificazione religiosa, pratica religiosa privata, fondamentalismo), ha documentato che l'intelligenza è inversamente correlata a 5 su 6 parametri religiosi con la maggiore relazione inversa nel parametro "fondamentalismo", mentre solo la spiritualità non mostrava relazioni con l'intelligenza.

Lo psicologo Daniel M. Hungerman (ved. bibliografia) in una ricerca empirica sulla relazione tra studio scolastico degli adolescenti e religiosità futura, ha scoperto che dodici anni di studio riducevano del 4% la probabilità che quell'adolescente da adulto fosse ancora religioso.
Non sono le specie più forti quelle che sopravvivono, nè quelle più intelligenti. Sono quelle che si adattano ai cambiamenti.
Accettazione pubblica della Teoria dell'Evoluzione
Miller 2006
Risultati di uno studio effettuato negli USA nel 1985, in 32 paesi europei nel 2005 e in Giappone nel 2001. In blu la % di adulti in ogni paese che accetta l'idea che la teoria dell'evoluzione sia vera, in beige la % di coloro che non sono sicuri, in rosso la % di coloro che la rigettano.
Religiosi americani: chi crede nell'evoluzione?

In una ricerca condotta dal PEW Reseach Center nel 2008 in USA (ved. bibliografia), le persone intervistate rispondendo alla domanda "l'evoluzione è la migliore spiegazione sull'origine della vita umana?" hanno dato le seguenti risposte (differenziate per credo religioso):


SI          48% (Totale) (Cattolici 58%, Protestanti 35%, Ebrei 77%, Musulmani 45%, Buddisti 81%, Atei e agnostici 72%)

NO        45% (Totale) (Cattolici 35%, Protestanti 58%, Ebrei 17%, Musulmani 51%, Buddisti 14%, Atei e agnostici 22%)

NON SO  7% (Totale)  (Cattolici 7%, Protestanti 7%, Ebrei 5%, Musulmani 3%, Buddisti 5%, Atei e agnostici 6%)


La tabella completa si trova alla pag. 95 del seguente report PDF: U.S. Religious Landscape Survey

mente-corpo
My brain has fled abroad.
Unfortunately I stayed here.
Verità e Dubbio: differenze tra religione e scienza
La differenza tra religione e scienza viene a volte oscurata dalle posizioni di certi scienziati contro cui si scaglia il paleontologo Henry Gee (ved. bibliografia) chiarendo le diverse interpretazioni della nozione di "verità" nei due ambiti. Egli scrive (p. 139):


La nozione di "verità", nel senso di qualcosa che può essere "conosciuto", è anch'essa antitetica rispetto alla scienza. Nella religione la verità è la verità, punto e basta. In campo scientifico, il massimo che possiamo fare è escogitare una soluzione provvisoria che potrebbe un giorno essere smentita da un'altra soluzione in grado di spiegare meglio più fenomeni, a prescindere da quanto tale scenario possa sembrare oggi inverosimile. Infine, l'idea che la scienza veneri qualcosa  come se fosse il suo "Dio" è francamente inquietante, perchè sembra dire che gli scienziati, lungi dall'essere impegnati in un esame obiettivo della realtà naturale, cercano di sostituire una religione con un'altra.


Henry Gee mette quindi in rilievo l'importanza del "dubbio", più che della "verità", per la scienza (pp. 136-137):


La religione è più semplice da capire della scienza, perlomeno se ci limitiamo ai grandi monoteismi, che sono tutti basati su testi sacri. In questo tipo di religioni la verità contenuta nelle scritture viene vista come assoluta e impenetrabile al dubbio. Se le scritture dicono, nella Genesi, che Dio ha creato il mondo in sette giorni, allora, per un sostenitore della Genesi, è andata effettivamente così, fine della storia. La scienza non potrebbe essere più lontana da questo atteggiamento. Essa ha a che fare non con la verità ma con il dubbio; non con la conoscenza, ma con l'ignoranza; non con realtà rivelate, ma con incertezze. Sarebbe davvero un bene se più scienziati (e tutti i giornalisti) fossero consapevoli delle differenze tra scienza e religione.

"Il problema con il mondo è che le persone intelligenti sono piene di dubbi, mentre quelle stupide sono piene di fiducia." (Charles Bukowski)
La religione è più semplice da capire della scienza, perlomeno se ci limitiamo ai grandi monoteismi, che sono tutti basati su testi sacri. In questo tipo di religioni la verità contenuta nelle scritture viene vista come assoluta e impenetrabile al dubbio. La scienza non potrebbe essere più lontana da questo atteggiamento. Essa ha a che fare non con la verità ma con il dubbio; non con la conoscenza, ma con l'ignoranza; non con realtà rivelate, ma con incertezze
La razionalità richiede impegno personale!
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Pagina aggiornata il 27 novembre 2023

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Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione 2.5 Generico
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